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Una domenica diversa, vissuta tra le “cortes apertas” di Austis.

Scritto da ztaramonte

Austis è un comune sardo di circa 959 abitanti, situato all’esatto baricentro della Sardegna. Nato in epoca romana (Colonia Augusta) come punto di stazionamento lungo la strada che collegava Cagliari , allora Karalis, e Olbia passando per Paesaggio Montano di AustisFordongianus, allora Forum Traiani.

Il territorio si estende per circa 5.000 ettari di superficie e la zona è ricca di boschi con querce, sughere, lecci e macchia mediterranea. Posto all’altezza di circa 750 metri s.l.m., offre ai propri visitatori vari e ricchi paesaggi irripetibili.


La flora mediterranea ricca, varia  e abbondante offre insieme all’elemento predominante che è la roccia granitica, una curiosa simbiosi con l’ambiente circostante, mentre le rocce lavorate dal tempo e dagli agenti atmosferici per millenni, lasciano spazio alla fantasia per l’interpretazione delle loro forme.


In questo incantevole posto, non molto conosciuto nelle nostre zone, abbiamo deciso, sabato pomeriggio e domenica scorsa, di trascorrere il nostro fine settimana invitati da cari amici che risiedono in questo piccolo grande centro della Sardegna.


Così neanche ztaramonte.it si è lasciato sfuggire quest’occasione e ha portato con sè la macchina fotografica cercando di immortalare i momenti più importanti di questa “gita”.


Subito sabato pomeriggio abbiamo avuto modo di fare, nonostante il freddo da Miele Amaro di Salvatore Cambosupresentatosi al calar del sole, un piccolo percorso tra le “cortes” allestite per l’evento. Il nostro primo impatto lo abbiamo avuto subito con un cartello che riportava una frase dello scrittore Salvatore Cambosu nato a Orotelli nel 1851 e morto a Nuoro nel 1962; tra le sue opere più importanti ricordiamo Miele Amaro, L’anno del campo selvatico e Una stagione a Orolai.


Ed è proprio da Miele Amaro che vengono presi alcuni passi per ornare l’ingresso delle “cortes”: ….ora la chioccia si mette a chiocciare e sempre lo ha fatto, e sempre lo farà; e il contadino rizappa le fave e c’è in lui o suo padre o suo nonno; e una ciliegia tirerà sempre l’altra; e marzo è sempre stato pazzo; e così la gente.


In tutte le “cortes” c’erano dei cartelli che riportando brani diversi davano il benvenuto ai visitatori e ai turisti.


Ma appena iniziata la nostra passeggiata abbiamo avuto modo di incontrare Carro a buoidue magnifici esemplari del mondo bovino che dalle nostre parti è  ormai difficile incontrare: due bei buoi che trainavano un carro come ai tempi nel quale le automobili erano un privilegio ancora per pochi.


Ma arriviamo alle “cortes apertas”; un modo sapiente e accorto per valorizzare con i propri mezzi e prodotti il  territorio, un pò come il nostro Ajò in Anglona, allestendo gli stand non in una bancarella, a volte devo dire anche un pò anonime, ma nelle case e cortili del centro storico riattate anche alla belle e meglio ma rese funzionali per l’occasione.


Nel pomeriggio ne abbiamo visitate alcune, ma il momento migliore, lo abbiamo vissuto, nonostante il gran freddo, durante le animazioni teatrali con la presentazione de S’Arzola de Sant’Austinu (l’antica trebbiatura ad opera dei buoi che trascinando una grossa pietra in uno spazio apposito sgranavano il frumento)  e S'arzolaSu mere ‘e sa inza (il ritorno al paese dopo l’impianto della vigna). Sarei tentato nel riempire l’articolo con le foto scattate, ma vi consiglio di vedere, anche se un pò lunga, la fotogallery predisposta nel nostro spazio apposito.


S’arzola, non è stata rappresentata proprio come descritta nella traduzione, ma è stata raccontata, così anche la mietitura; al termine del racconto alcuni attori hanno recitato, nello spazio dedicato all’antico lavoro dei buoi, alcuni brani tratti da Le parole di Antioco Mezzadria di S. Cambosu.

Molto animata è stata invece la seconda parte, con alcuni agricoltori nell’intento di catturare il padrone della vigna appena impiantata, incoronarlo con una grossa corona di asparagina e portarlo oserei dire con una processione itinerante alla sua casa, dove la consorte avrebbe dovuto nonostante lo scandalo (allora era una gran vergogna baciare una donna in pubblico), baciare lo sposo e indossare anch’essa l’improvvisata corona.Su mere 'e sa inza


Ma il comune di Austis ha lasciato spazio anche alla musica tradizionale, patrocinando l’uscita di un disco, composto dalle registrazioni del musicologo, etnologo e critico letterario Felix Karlinger nato a Monaco di Baviera il 17 marzo del 1920 che visitò la Sardegna dal 1950 al a1958 cimentandosi nella ricerca delle tradizioni popolari.


Nel 1954 discusse la sua tesi di abilitazione alla docenza sulla canzone popolare sarda, ancora inedita in italiano, dal titolo Das sardische Volkslied (La canzone popolare sarda). A questo lavoro seguì,dopo un lungo soggiorno in Sardegna nel 1955, una seconda parte intitolata Zwischennbericht nach dem Forschungsstand (Relazione interinale secondo lo stato della ricerca), la cui stesura risale al 1956. E’ importante sottolineare che nel 1955 Karlinger registrò in Sardegna esattamente 153 brani, vocali e strumentali, conservati in 5 bobine; alcuni di questi, forse considerati da Karlinger tra i più significativi, furono a loro volta registrati in una ulteriore bobina; a parte quest’ultima le altre bobine, nonostante le intense ricerche, non sono state ancora rinvenute.


Della musica sarda dice:


«In queste poche pagine crediamo di aver dimostrato l’esistenza di una musica sarda autonoma che non rientra né nella cultura italiana né in quella spagnola, e che la Sardegna, a differenza di tutte le altre isole del mediterraneo occidentale, merita un serio interesse – quod erat demonstrandum»

(Felix Karliger, 1954)

«Ciò che in senso speciale è musica sarda può in senso lato valere come musica della civiltà occidentale, come fonte primordiale di quel retaggio dal quale furono alimentati molti secoli di storia musicale europea. Ciò che qualche ignorante deride come primitivo e barbaro, ciò che qualche sardo stesso solo con un pò di vergogna scopre davanti al forestiero, perché egli crede che la sua musica sia troppo semplice, appartiene in realtà a quel sostrato comune dal cui seno uscirono tutti i grandi e famosi compositori del nostro continente: dal Palestrina a Verdi, da Orlando di Lasso a Mozart, Beethoven, Wagner»

(Felix Karliger, 1958)

«Il nostro lavoro si propone di dimostrare che la canzone popolare sarda possiede talmente tante peculiarità che è doveroso assegnarle uno status autonomo, allo stesso modo in cui la canzone popolare spagnola, catalana o portoghese non possono essere considerate come espressioni di una unica forma musicale iberica»

(Felix Karliger, 1959)

L'arrostoIl giorno dopo, consumata l’abbondante colazione nell’agriturismo “Carale”, luogo del nostro pernottamento ad Austis (spendo anche due parole, per ricordare che ad Austis è sorto il primo agriturismo della Sardegna e che quindi può essere considerata patria di questo turismo intelligente), abbiamo continuato il nostro percorso presso le varie “cortes”, documentato con numerose foto inserite nella fotogallery. Per pranzo abbiamo fatto ritorno all’agriturismo dove come ben si vede nella foto accanto,  e come potrete immaginare, abbiamo trovato di ché tenerci impegnati per un pò di tempo.

Dopo aver pranzato, siamo stati guidati nel percorso più celebre della zona, verso la roccia de “Sa crabarissa“, una scultura naturale dove le rocce sono in sintonia col paesaggio e il silenzio della campagna intorno. In paese, “su contu” degli anziani dice che, una volta, fosse una donna viva e vegeta, tramutata in pietra per aver rifiutato ad un pastore l’offerta d’un pò di cibo. “Per te ho solo pietre”, aveva detto sgarbata sa crabarissa; “Ed io in pietra ti trasformo”, aveva ribattuto il pastore, che possedeva evidentemente poteri magici, e tanto fece. Un’altra versione propone invece un significato diverso del nome, quello cioè di guardiana delle capre, visto che se ne sta solitaria su un rilievo roccioso e sembra controllarsi intorno il suo gregge.Una bella camminata naturalistica Sa Crabarissaassorti in un magico silenzio, persi nel paesaggio atono e multiforme dei graniti, dove lo sguardo intravede lontano forme antropomorfe, macchie e boschi circostanti e lontano la valle del Tirso e gli azzurri monti del Gennagentu.


Una bella vacanza, come forse non facevo più da tanto tempo. Grazie a Franco, Lella, la piccola Eleonora, Antonello e Tonina.


Spero di non avervi annoiato con la lunghezza dell’articolo, ma chi fosse interessato a vedere e vivere altre “Cortes Apertas”, può farlo per tutto il mese di ottobre consultando il sito ASPEN (Azienda Speciale della Camera di Commercio I.A.A. di Nuoro) e scegliere quale paese visitare.


Per rendervi conto di quanto possa essere tradizionale questa manifestazione, vedete la FOTOGALLERY con il sottofondo di alcuni brani tratti dal CD audio delle registrazioni di Felix Karlinger.


Alla prossima avventura, Carlo Moretti.

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  1. Anghelu 'sa Niera dice,

    La manifestazione di Austis così emotivamente descritta rientra sicuramente nell’attività del Gruppo di Azione Locale (Gal) che stanno per essere rifinanziati con i fondi della Regione e dell’Unione Europea. Ne erano rimasti otto, ma ora, vista la buona riuscita, recupereranno anche gli altri come il rinnovato GAL Paesi di collina di cui farà parte Chiaramonti. Sarà difficile che partano prima di giugno. Ad ogni buon conto il nostro governatore e i suoi collaboratori credono nella loro efficacia. Da quanto scrive Carlo Moretti è evidente il modo di fare sistema tra cultura, paesaggio e mercato. Queste manifestazioni in Emilia Romagna sono all’avanguardia. E’ di qualche giorno fa la notizia che ben 35 operatori sardi del GAL Logudorogoceanocorsos hanno visitato le “cortes abertas” di alcuni centri non lontani da Bologna osservando le modalità, grazie all’unione di molti produttori, con cui l’Emilia Romagna vende la sua cultura, il suo paesaggio e i suoi prodotti. Per fare questo però occorre fare sistema il che significa unire le risorse umane dell’economia e della cultura per richiamare fruitori e con essi dare sviluppo alle nostre troppo parcellizzate produzioni, al nostro agire individualistico e quindi alla nostra incapacità di vendere nei vari Bit i nostri migliori prodotti, la nostra miglior cultura. Circa il musicologo tedesco voglio richiamare l’attenzione sul nostro rimpianto musicologo Giuseppe Sassu che ha speso la sua esistenza di ricercatore (era ordinario al DAS di Bologna) sulla musica sarda e che l’Università di Sassari non ha saputo chiamare all’insegnamento presso una nostra Facoltà. Vedrò in altra occasione di parlare di lui. Un grazie a Carlo per questo interessante servizio giornalistico.
    Anghelu ‘sa Niera

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