Giovanni Soro mi aveva accennato in una breve e-mail scambiata ai primi di gennaio per gli auguri, della dipartita di un giovane amico, ospite a Chiaramonti con il gruppo di amici thailandesi l’estate scorsa.
Non sapendo con certezza chi fosse, ho preferito non fare alcun riferimento alla cosa, ma ieri mattina quando ho appreso la notizia pubblicata su patatu.it, ho capito, e un certo malumore seguito da un groppo in gola mi ha accompagnato per il resto della giornata.
Avevamo parlato diverse volte anche se con il mio inglese biascicato, dello strumento che quasi sempre lo accompagnava e della musica etnica del quale era molto interessato, proprio per quello avevo fatto alcune copie da donargli di canti e balli sardi tradizionali.
La cosa che però mi aveva colpito maggiormente, fu durante la serata culturale di balli e canti tradizionali organizzata presso il circolo Fly di Giovanni Pileri, mentre parlavamo cercando di intenderci, mio figlio il più piccolo arrivò per chiedermi qualcosa e lui mi chiese subito la sua età, 4 anni, come il suo primogenito. Sarà stata la nostalgia o la lontananza dalla sua famiglia, ma guardava mio figlio come fosse il suo quasi con gli occhi lucidi.
Questo è il mio ricordo di Ravee, e questo il mio modesto tributo alla sua memoria:
Fuori, ad una estremità e all’altra della strada dritta, animata in quell’ora da torme di ragazzi, si vedevano due cime di monti, nera quella a destra sullo sfondo rosso del crepuscolo, azzurra quella a sinistra, sul cielo pallido, con una grande luna d’oro sopra. Ma come nelle altre sere Bainzeddu, con le sue brachine sporche e il corpettino di velluto lacerato, non si staccava dal gruppo degli altri ragazzini per avvicinarsi al nonno e cercare di strappargli il bastone con ambe le manine aspre, facendo forza indietro, coi bei dentini stretti e i grandi occhi azzurrognoli scintillanti sotto la frangia dei capelli selvaggi.
Il nonno però non s’inquietava; pareva sapesse che il ragazzo era già nascosto e aspettasse la fine dell’avventura. In tutto il pomeriggio non aveva aperto più bocca; neppure quando venne la nuora, sul tardi, per prendere il ragazzo, disse una parola.
Il ragazzo non c’era.
La madre, piccola e affaticata come una servetta, si affacciò alla porta per chiamarlo.
- Baì? Bainzé? -
L’asinello, dentro, si fermò ascoltando. Il ragazzo non rispose. La madre tornò nella cucina, andò nel cortile, salì nelle camere di sopra.
Ecco un caso, nel quale mi trovo in difficoltà solo a parlarne. Non so neanche se dovremo parlare di malasanità prima, oppure dopo. Emanuele ha la stessa età di mio figlio, la metà degli anni che Marta, mia figlia, ha compiuto a settembre 2008 eppure di fronte a questa situazione, vedendo il filmato su YouTube inserito in quest’articolo, non posso che essere solidale con questa famiglia che lotta giorno per giorno DA SOLA!
Dove sono le istituzioni, tengo a precisare di qualsiasi colore, quando una famiglia necessita di strutture specializzate e non a chilometri di distanza o addirittura in altre nazioni?
L’aiuto a queste famiglie, oltre quelle povere, dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni governo invece, quando si tratta di risparmiare sulla spesa pubblica, i primi tagli arrivano sulla scuola, sanità e sussidi per le prestazioni a sostegno del reddito. E’ UNA VERGOGNA!
Comunque forza super-genitori di Emanuele, non perdete mai il coraggio e sopratutto la speranza.
Emanuele il 10 aprile del 2007 entrò all’ospedale San Raffaele di Milano per una semplice operazione di appendicite, ma durante la preanestesia, non si sa ancora esattamente per quale motivo, è rimasto in anossia per 15 minuti o più, successivamente è rimasto in terapia intensiva per 2 mesi e ha subito l’asportazione della tecafrontale perché la pressione endocranica è aumentata a dismisura.Il 28 maggio 2007 è stato dimesso con la corteccia celebrale distrutta, il cervello a macchia di leopardo, senza osso frontale e in stato di coma neurovegetativo e ricoverato presso la clinica riabilitativa “La nostra famiglia” di BosisioParini (LC).
Da allora viene nutrito artificialmente.Il 10 settembre è tornato al San Raffale di Milanp per rimettere la teca frontale è stato ricoverato presso la clinica di Bosisio.Emanuele ha subito in totale 5 operazioni.
ATTUALMENTE E’ A CASA DOVE HA BISOGNO DI ASSISTENZA 24 ORE SU 24
Con i canti del Coro di Chiaramonti, le melodiche voci dei fratelli Denanni, Franco e Gianni per il “canto sardo a chitarra”, l’immancabile cantautore Franco Sechi e i vivaci colori e balli del Gruppo folk Santu Mateu de Tzaramonte, sabato sera dalle ore 17:00, l’istituto Casa Serena di Sassari sarà animato con brani e balli della tradizione chiaramontese e dell’isola.
Un evento che si rinnova oramai di anno in anno, grazie anche all’infaticabile lavoro della responsabile delle attività ricreative dell’istituto, Adele Loriga.
La serata sarà presentata da Tore Patatu e alla serata interverrà anche un rappresentante dell’amministrazione comunale di Chiaramonti.
Il complotto si fece, come tutte le riunioni importanti che i parenti Coìna dovevano avere fra di loro, se a queste era necessario che assistesse il nonno, appunto nella cantina del nonno Bainzone.
Il nonno Bainzone era stato sempre un uomo giusto, di buona coscienza: ormai vecchio e quasi impotente passava i giorni accanto alla sua porta, come un idolo di legno messo lì a guardia della casa. Non parlava mai: passava il suo tempo a guardare e giudicare fra di sé la gente che attraversava la strada.
Viveva con la figlia minore, Telène, vedova d’un ricco massaio, e col nipotino Bainzeddu figlio di lei; ma continuamente gli altri figli e i nipoti e i pronipoti lo visitavano, specialmente per chiedergli parere e consiglio in certi gravi casi di coscienza, salvo poi a non dargli retta. Ma il solo pensiero che egli sapeva ciò che essi volevano fare, anche se ingiusto, sopratutto se ingiusto, acquetava la loro coscienza: così se qualcuno li rimproverava essi potevano rispondere pronti: il nonno non ha detto niente.
E questo bastava, per acquetare tutti. Da qualche tempo, però, il nonno non rispondeva neppure alle loro questioni: li guardava e li giudicava, fra di sé, come la gente della strada, e il suo silenzio li incoraggiava maggiormente. Tutti i giorni qualcuno di loro veniva: se la conferenza era di lieve importanza si svolgeva davanti alla porta; se no il nonno doveva alzarsi, aiutato dal parente, attraversare lo stretto androne su cui davano le porte della cucina e della domo ‘e mola, la stanza della macina per il grano, scendere i sette scalini ed aprire la cantina.
Nella cantina si poteva parlare con tutta libertà, senza essere ascoltati dai vicini di casa e dai passanti; e poi si beveva.
- Santone, coraggio, andiamo alla festa – gli diceva quel giorno battendogli lievemente le dita sulle spalle e conducendolo cautamente giù per i sette scalini Antoni Paskale, il più bello dei nipoti, un giovane alto e forte noto a tutti per la sua prepotenza.
Seguivano gli altri, dal passo pesante. Erano tutti vestiti di nuovo, e alcuni un poco alticci perché un pomeriggio di festa, il giorno della Pentecoste.
Il vecchio si lasciava portare, appoggiando la mano alla parete; ma il suo viso duro, nero, circondato da una grande barba giallastra che saliva fino alle tempia ove si confondeva coi capelli e con le folte sopracciglia a ricciate, e i grossi occhi gonfi, nerissimi, esprimevano una resistenza interna, un diffidare cupo, irriducibile.
Giunti alla porta della cantina parve esitare, prima di trarre la chiave che teneva sempre con sé; poi accorgendosi che Antoni Paskale tentava di frugargli in tasca si decise, e aprì tastando con le dita la serratura per trovarne il buco. La porta era grande e solida come un portone, fermata a metà, di dentro, con un lungo gancio di ferro arrugginito; l’altra metà si aprì, ne uscì un odore di sotterraneo, di formaggio e di vino, e apparve l’interno misterioso.
Per tutti quegli uomini e quei giovani forti che seguivano il nonno, il luogo era stato sempre ancor più misterioso e attraente d’un ripostiglio che esisteva nella casa di uno di loro, Paulu, il primogenito del vecchio Bainzone; si diceva che questi teneva là dentro nascosto un tesoro e perciò non dava mai a nessuno la chiave; si diceva poi che chi entrava con un dispiacere ne usciva allegro, e questo era vero perché c’era del vino forte e una provvista d’acquavite.
Tutti i giovani, passando, toccarono il palo del gancio, col quale s’erano esercitati, da ragazzi, fuggevolmente, nei giorni in cui si rimetteva il vino e la porta rimaneva un poco aperta. La luce pioveva da un finestrino alto inferriato spandendo un chiarore argenteo sulle botti nere dalla faccia rossa, allineate come altrettante sorelle.
E così l’S.C. Chiaramonti realizza la sua nona vittoria stagionale chiudendo il girone di andata dacapolista assoluta. Traguardo centrato, grazie anche al Florinas che frena il Benetutti in casa vincendo per 2 a 1.
Il grande lavoro di preparazione di Mister Falchi e il gran cuore dei ragazzi, che forse ora ci credono sempre di più in una promozione, ha fatto sì che la squadra non debba temere confronti con nessuno. Una bella squadra, un bel sodalizio e non solo in campo.
A segno sono andati, il sempre-presente Biddau, Satta e Falchi con una doppietta.
Un pensiero lo rivolgiamo anche ai sostenitori, sempre numerosi in casa e nelle trasferte, l’incitamento è la più grande energia che si possa trasmettere ai giocatori in campo, continuate così ragazzi, FORZA CHIARAMONTI!
La prossima partita, da disputare il 01 febbraio, aprirà il girone di ritorno ospitando il Bottida in casa. La prossima domenica si osserverà una giornata di riposo per tutto il girone. IL RIPOSO DEL GUERRIERO!
Ecco i risultati delle altre partite, il prossimo turno e la classifica del girone:
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