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Rebeccu tra passato e presente.

Scritto da angelino tedde

Giungiamo al borgo di Rebeccu con la Gazella dei Vigili Urbani di Bonorva che leggera e silenziosa percorre il tornante che ci conduce nella piazzetta pavimentata di ciottoli chiaroscuri . Il cielo è plumbeo e sul borgo senza abitanti, migrati altrove tra Otto e Novecento, incombe alto e sagomato il monte Minerva. Ci bagna una pioggerellina, quasi il pianto di un paesaggio senz’anima, ma che per due giorni verrà rianimato dae sas giannas abertas con produttori del Logudoro-Goceano- Coros che abertas hanno sas tancas con quanto esse producono.

Intorno alla piazza tante casette a pianoterra, alcune appena restaurate, altre accasciate e con le porto chiuse, in attesa di chi le ha volute abbandonare.
Incombe sulle abitazioni il ristorante Su Lumarzu con una parte sopraelevata. Poche viuzze si diramano verso l’alto con casette alcune dal tetto scoperchiato, altre cadenti, altre diroccate. Cammini e scopri un’altra piazzetta antistante la più doviziosa delle casette restaurate. Un camminamento lungo il costone ti porta ai ruderi della romanità. Il borgo abbandonato di Rebeccu è tutto qui, arroccato alle pendici del monte, quasi a sfidare il tempo e a fingere di controllare ancora la vasta valle dei Nuraghi e la piana di Santa Lucia.
Una folla che silenziosa entra nelle porte aperte, sas giannas abertas, dove ogni caminetto è acceso e accanto alle opere in ferro battuto di Diego Mele stanno i lavori di pelletteria di Emilio Marcucci, in altra stanza i fratelli Piga espongono i formaggi di Bonnannaro. Nella casetta dirimpettaia l’azienda vitivinicola di Umberto Soletta di Florinas offre la degustazione di vini, in altra stanza Maria Efisia Carta ti fa gustare “su pane fresa” . Così di casa in casa vai immergendoti nei sapori e nei profumi antichi di un mondo contadino che pareva scomparso: l’olio dei fratelli Cocco e i salumi di Giuseppina Gambinu. In altri ambienti domestici vai ammirando i tapetti multicolori di Giovanna Chessa di Nule e i lavori al telaio in lino e in lana variegata di Gavina Cossu di Bonorva, molto simili al corredo della principessa Nefertiti del Museo Egizio di Torino: l’antica civiltà mediterranea sembra emergere da queste esposizioni ammirate dai visitatori che si sono fatti più numerosi e che vanno man mano a degustare un abbondante buffet etnico predisposto dall’accogliente ristoratore Franco Sanna e i suoi figli. Arrivano anche i promotori di queste manifestazioni quali il presidente del Gal Giammario Senes e si sui più stretti collaboratori, vari sindaci del Goceano e del Logudoro e altre autorità che preferiscono ammirare l’animazione che si è creata nella piazza de sas giannas abertas. Molti visitatori discutono, chiedono i prezzi e alcuni comprano. E’ superfluo dire che i salumi odorosi, il pane zichi di Deriu e Dettori di Bonorva, i formaggi in variegata confezione, il pane fresa, l’olio, il vino sono i prodotti più ricercati dai visitatori che apprezzano anche Rebeccui manufatti in ferro, pelle, lana e lino, disponendosi anche all’acquisto non solo di prodotti agro-alimentari come il miele di Pinuccia Nurra di Bono e i sottolii dei Fratelli Pinna di Ittiri.
Mentre cala la sera e la pioggerellina si attenua scendono sulla piazza e sulle vie sobriamente illuminate le tenui ombre non solo dei visitatori curiosi, ma forse anche quelle degli antichi abitatori che da una dimensione misteriosa paiono osservare incuriositi il loro borgo per una volta animato.
Il giorno successivo i visitatori sono ancora più numerosi e da monte Minerva anche il sole, incuriosito, illumina non solo le umili case del borgo, ma anche l’erba smagliante che un gregge di pecore al pascolo si appresta a brucare. Il paesaggio, con la presenza umana, per due giorni si è ricomposto nella sua interezza, qui, a Rebeccu, il borgo che fu, ma che ancora può accogliere di tanto in tanto, in modo sommesso, noi del presente, ma pieni di nostalgia per il passato che nell’attività dei produttori di nicchia tendono a fare sistema coniugando armonicamente il passato col presente.

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