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Arte e religioni della Sardegna prenuragica – Giovanni Lilliu

Scritto da ztaramonte

La “Venere” di Macomer

La statuetta di Macomér esprime, a livello locale, la Dea Madre, che stimola differenti esperienze creative, durante il Neolitico antico, nelle aree elladica, balcanica ed europea centro-orientale, nonché nel Mediterraneo e nel vicino Oriente. Costituisce problema l’individuazione del centro genetico che taluno ha supposto nell’Oriente egizio-elamo-mesopotamico[1]. È certo soltanto che, pur riproducendo la sostanza ideale dell’archetipo “feminino” come prescritto dalla religione del tempo, il tutto è risolto con grande molteplicità di interpretazioni specifiche a seconda dei luoghi, delle personalità artistiche,dei modi tecnici di ciascuna bottega artigiana. Non esistette una grammatica estetica comune.

Tale diversificazione appare anche nell’area sarda e la “Venere” di Macomér ne costituisce significativo esempio.

Peculiarità è quella del “non finito”, ciò che distingue la figurina di S’Adde da quella “cura del finito” distintiva della ricca serie di belle statuine presenti soprattutto nell’area tessalica nel periodo Sesklo[2]. Altra singolarità è costituita dalla persistenza di stilismi “paleolitici”, di “evocazioni ancestrali” nell’idolo di Macomér.Ciò si rileva non tanto dal travestimento “animalesco”della testa con autonegazione del viso “umano”,impianto di una animalità perduta, la “primaverità” nella libera comunicazione dell’essere e del monte interno che è dell’animale, mascheramento visibile nelle statuine più o meno coeve romene, morave e macedoni[3]. Invero, non si può rimuovere il richiamo, per la struttura delle regioni pelvica e ventrale, a quella affusolata e appuntita alle due estremità delle statuine muliebri di stile paleolitico, pur mancando la “voluminosità” di queste. Si tratta di arcaismi stilistici e concettuali delle “Veneri” paleolitiche che si riaffacciano nel Neolitico antico sardo come in quello continentale italiano. Non pare casuale, al riguardo, il particolare dell’idolo di Macomér della mancanza di rappresentazione degli arti inferiori, come nella statuina su ciottolo di arenaria da Chiozza-Scandiano, anch’essa con gambe a punta e glutei sviluppati, riferibile forse al V millennio a.C.[4].

Il profilo lineare del corpo, senza braccia,della “Veneretta” di Macomér è simile a quello delle statuine su ciottolo, restituite da sepoltura a ipogeo di Cozzo Busòne-Agrigento (alt. cm16,1 e 6), colorate in ocra rossa, nelle quali è stata notata l’estrema semplificazione di sculture muliebri paleolitiche, in tempi neo-eneolitici[5].

In questo quadro di “culture resistenti” neolitiche, evocatrici di un certo passato paleolitico[6], si possono spiegare parziali riscontri di dettagli corporei con quelli di figurine di aree dell’Europa orientale (soprattutto danubiana), aree che potrebbero avere influenzato, per via balcanica,plastiche fittili “prelagozziane” in Val Padana, Liguria e parte della Toscana[7]. È stato notato che il profilo svelto con ampia curva e fianchi a continuità lineare nell’intera figura di Macomér,si ritrova in statuine di Kronstadt in Siebergurgen[8], e che la forma e le proporzioni dei glutei riappaiono in altre statuette della stessa località[9] dove un’altra figurina riproduce il disegno sodo e appuntito della mammella[10]. La chiusura esagonale del corpo dell’idolo di Macomér è come in statuetta fittile di Bilze Zlote-Galizia orientale (Ucraina)[11], la terminazione a punta delle gambe come in figurine della Romania[12] dove altri idoletti presentano il solco divisorio tra le gambe, quale nella statuina sarda di S’Adde[13].

La concezione “arcaica” di motivi concettuali e di tradizioni plastiche “paleolitiche”, riscontrate nell’idolo di Macomér, ci portano a proporre, anche attraverso le comparazioni esterne a lungo raggio, una collocazione cronologica assai elevata.

Questa è ben lontana da quella ipotizzata quarantaquattro anni fa dopo la scoperta della figurina, non molto prima del 2000 a.C. e nell’Eneolitico, sulla base della cronologia allora suggerita da Marin e D.Berciu per la civiltà Arius-Cucuteni le cui plastiche manifestano qualche consonanza con l’idolo di Macomér[14].

Al Neolitico finale e all’inizio dell’Eneolitico lo poneva Ch. Zervos confrontandolo genericamente con statuine di area balcanica-elladica, di Creta e delle isole egee[15]. Tempi neoeneolitici anche per P.Graziosi il quale peraltro, adducendo la pur lontana ma percepibile evocazione di clima d’epoca, avvicina la”Veneretta” di Macomér a quella di Chiozza dotata d’un referente cronologico allo scorcio del V millennio,tra la fine dell’antico Neolitico e l’inizio del medio[16]. La revisione cronologica delle tappe della più remota preistoria sarda ha portato a rialzare la statuina di S’Adde al Neolitico medio-cultura di Bonuighinu, collocandola tra il 3730 e 3300 a.C.[17]. È recente la proposta di E.Atzeni su un ulteriore presumibile rialzo cronologico al Neolitico antico[18].

Ho motivo di credere che questa del Neolitico antico sia la giusta collocazione culturale e tem-porale della statuina di Macomér. Potrei dall’esterno richiamare il confronto già istituito con la figurina di terracotta di Starcevo[19]. Ma, dall’interno, mi offre più valido argomento una nuova riflessione sulla stratigrafia della grotta di S’Adde, fatta esaminando criticamente i materiali da questa restituiti e descritti, ventisei anni fa, nella tesi di laurea di Luigina Mulas[20].

I numerosi e vari oggetti rinvenuti, in pietra e ceramica prevalentemente, dimostrano la presenza di livelli archeologici assai più articolata e ricca di quanto se ne è scritto, soffermandosi quasi soltanto sullo strato più appariscente riferito alla cultura di Ozieri del Neolitico recente[21]. La serie stratigrafica, quale risulta dai materiali,consta di livelli del Neolitico antico, del Neolitico recente-Ozieri[22], dell’Eneolitico a cultura Monte Claro[23], del nuragico medio-Subbonnànaro = Bronzo medio II[24] e Bronzo recente[25].

Giova soffermarci sui materiali dello strato Neolitico antico, costituito esclusivamente da oggetti litici, di taglio microlitico-geometrico. È presente la foggia del trapezio, di sezione triangolare, con base minore affilata da minuto ritocco invadente e la maggiore da minuto e largo ritocco dorsalmente e da un ritocco molto radente nella superficie inferiore; accenno di ritocco anche nei due lati obliqui[26]. Altra foggia è quella della lametta a segmento ovalare (unguiforme),di sezione piano-convessa, con la superficie dorsale rifinita a minuto ritocco che si estende ai lati assottigliandoli[27]. Appare, altresì, il tipo di pseudocroissant, di sezione trapezoidale, con margini affinati a minuto e largo ritocco continuo, quasi erto, con le facce prive di ritocco[28].

Infine si ha la forma di una microlito “a ventaglio”, di sezione trapezoidale, dai margini spes-si, quasi erti[29].

Il previsto riscontro formale e tecnico di questa attrezzatura litica con i materiali di Su Carroppu caratteristici del Neolitico antico per l’associazione alla ceramica “cardiale”[30], dà certezza dell’appartenenza alla stessa epoca del più remoto strato archeologico del riparo di S’Adde. A tale strato appunto, più che ai livelli successivi, appare conveniente riferire la “Veneretta” di Macomér, un’immagine della Dea dell’amore appartenente al mondo degli archetipi, a cui una comunità dell’interno della Sardegna rendeva culto, nel sacro anfratto, verso il V-IV millennio a.C.[31].

Note:


[1] ZERVOS, 1963, II, p. 576.

[2] ZERVOS, 1963, II, p. 577.

[3] V.scheda n. 1. V. pure nella figurina di terracotta da Starcevo, Perodin presso Bitoly (Macedonia occidentale); VI millennio a.C., GIMBUTAS,1989, p.33 ss.; fig. 52.

[4] GRAZIOSI, 1973, p. 19, tav.7. La statuina fu rinvenuta, in strato alluvionale olocenico, non lontano da abitato e da inumazioni di età neolitica, di cultura del vaso a bocca quadrata: 4050±200 a.C. (pp. 20, 22, 107).

[5] GRAZIOSI, 1973, pp. 107-108, tav.122 e 123 a, e p.168.

[6] ZERVOS, 1963, II, p. 576 suppone che le figurine di Dea madre del neolitico antico greco siano espressione formale d’un pensiero religioso dell’Asia occidentale,ricevuto in eredità dal Quaternario superiore. Le statuine sarebbero trasformazioni molto leggere delle figurazioni della Dea madre del Paleolitico.

[7] LILLIU, 1950, p. 427.

[8] HOERNES-MENGHIN, 1925, p. 311, 1-1b.

[9] HOERNES-MENGHIN, 1925, p. 311, 2a-2b.

[10] HOERNES-MENGHIN, 1925, p. 311, 2a-2b.

[11] HOERNES-MENGHIN, 1925, p. 311, basso a sinistra.

[12] MARIN, 1948, p. 25, figg. 4-5: Cucuteni e Frumica;p. 26, fig. 7: Fedeleseni; p.26; fig. 9,10: Cucuteni e Costesti; p. 29, fig. 11,4: Cucuteni; p. 10, fig. 17:Dolhesti; p. 40, fig. 19,1: Cucuteni; p. 42 ss., figg. 20-22:Draguseni, Cucuteni, Costesti, p. 44, figg. 24-25:Cucuteni, Sipenit; p. 48, fig. 29,31: Sipenit.

[13] MARIN, 1948, figg. 4,25,31: Cucuteni, Sipenit.Marin a p.55 pone la fase Arius-Cucuteni tra 2500 e1500.Tale cronologia va sollevata di molto in quanto le fasi Precucuteni III e Cucuteni Asi collocano intorno alla metà del IV millennio a.C. (LILLIU, 1988, p. 227).

[14] LILLIU, 1950, p. 428 ss., 1967, 1972, 1980, p. 130,1965, p;387, 1966, p. 40, 1957, p. 35 ss.

[15] ZERVOS, 1954, p. 362.

[16] GRAZIOSI, 1973, PP. 20, 22, 107.

[17] LILLIU, 1985, p. 21 ss.; 1988, p. 227 ss. , 1989, p. 21(4000-3000 a.C.).

[18] ATZENI, 1989, p. 35 s. L’ipotesi non torna nuova, fu fatta da PALLOTTINO, 1950, p. 30 ss.

[19] Vedi nota 3.

[20] MULAS, 1972-73. Ringrazio l’Autrice per avere permesso l’esame di materiale inedito che la Professoressa Mulas, oggi docente in scuola media superiore, non intende più pubblicare.

[21] Vedi nota 4.

[22] Oggetti litici Punte di freccia peduncolata, in ossidiana translucida,di sezione biconvessa, di forma triangolare stretta e allun-gata con la cuspide a margini rettilinei simmetrici, di accurata lavorazione bifacciale a minuti ritocchi ottenuti er pressione: MULAS, 1972-73, p. 179, fr. 20, tav.XXVII, 17, p.180, fr. 23, tav. XXVII, 18, p. 183, fr. 29,tav. XXVII, 23. Confronta ATZENI, 1962, p.21, fig.4, 6,p. 22, fig. 4,10(San Gemiliano).

Esempi significativi di ceramica liscia.

1. MULAS, 1972-73, p.516, fr. 355, tav. CXLIX, 60:vaso a corpo rigonfio e colletto riverso in fuori, con ansa a tunnel. Confronta, LORIA-TRUMP, 1978, pp.150,240 (128), n. 11, tav. XXVIII, 5(Tr. C-2°), p.149, 240 (128), fig. 25,6, tav. XXVIII, 1, p.144 (32),n. 4, fig. 20,4, tav. XXX, 6-Tr. B-2°(Sa Ucca);ATZENI, 1962, p.88, tav.XVI, 2,(cap.16), p.91,12,p.181 (cap. 16), p.91,13, p.181, tav. XVII,13(San Gemiliano); ATZENI, 1962, p. 209, tav. XLVI,2(Is Ruinalis de Segafenu); PINZA, 1901, col. 23, 26, fig.(San Bartolomeo-Cagliari); TARAMELLI, 1915, p.131, fig. fila in alto a destra (Ozieri).

2. MULAS, 1972-73, p.341, tav.LXXI, 133, p.740, tav.LXXXI, 134: vasi biconici a fiasco.Confronta ATZENI, 1962, p. 130,19, fig. 24,2(Monte Ollàdiri).

3. MULAS, 1972-73, p. 353, tav. CXLVII,55,p. 523, tav.CXLVII,54, n. 367, p.547, tav. CXLVIII, 57, n. 407:vasi carenati di medie dimensioni, con carena attra-versata verticalmente da fori formanti rigonfiamento all’interno della parete. Confronta LORIA-TRUMP,1978, p.143, fig. 18,13, tav. XVII,13, Tr. B-2°, p.143, n. 14, fig. 18,14, tav. XVIII,14, tav. XVII,14, Tr.H-2°(Sa Ucca).

4. MULAS,1972-73, p.544, tav. CXLIII,58, n.403 ciotolina pseudocarenata con orlo verosimilmente rove-scio in fuori, attraversata alla carena da foro vertica-le di sospensione. Confronta LORIA-TRUMP,1978, p.142, n. 1, p. 233, fig. 18,1, tav. XVII,1, Tr. B2°(SaUcca).

Esempi di ceramica decorata.

1.MULAS, 1972-73, p. 277,841, tav. LXI,98, fr. 13:frammento di vaso, del diametro di cm. 27,2 con forodi sospensione, ornato di motivo triangolare, inciso e incrostato di sostanza bianca, con la base rettilinea ei lati costituiti da spiraline girate all’esterno, al disotto linea incisa a zigzag distesa. Il motivo ricorda quello a “testa di ariete” della pisside da grotta S.Michele-Ozieri (LILLIU, 1988, p. 99, fig.27, tav.13,a, e scheda n.195 di questo volume) e della cio-tola emisferica della stessa grotta (LOSCHIAVO,1986, p. 45, fig. 55 in alto a sinistra a p.44, scheda193 di questo volume).

2. MULAS, 1972-73, p. 666, dr. n. 596, tav. CXXVI, 87:fondo piano di vaso decorato con motivo a stuoia ad intreccio ortogonale. Confronta PUXEDDU, 1962, p.239, tav. III,a, 1, LILLIU, 1972, p.20, tav.III, b, a sinistra (Puisteris), ATZENI, 1962, p.83, tav. XIII, 13-14 (San Gemiliano).

[23] Esempi di ceramica decorata.

1. MULAS, 1972-73, p.618, tav. CXXVI,81, fr. 522:parete di vaso forse situliforme, segnato da fitte e profonde solcature verticali tra di loro parallele. Confronta LILLIU-FERRARESECERUTI, 1960, p.21 ss.,fig. 7,3, tav. X,1(Monte Claro-Cagliari).

2. MULAS, 1972-73, p. 661, tav. CXXVI,82, fr. 587:parete di vaso non determinabile nella forma, deco-rata con incisioni e impressioni irregolari oblique a”elle”, a doppio trattino, a punti. Confronta con vaso ad accenno di carena con pressa obliqua, di più o meno simile confusa decorazione, da Enna Pruna-Mògoro, LILLIU-FERRARESECERUTI, 1960, p. 114, n.162, fig. 34,6, tav. XLI,a, 3.

3. MULAS, 1972-73, p. 855, fr. 226, tav. CXXIX,5: fram-mento di piede di vaso tripode, decorato con incisioni allineate obliquamente al profilo del piede di sezione biconvessa. Confronta con vasi tripodi di Enna Pruna, LILLIU-FERRARESECERUTI, 1960, p.104, fig. 29,25,tav. XXXIX,b, 2, Ib118, p. 112, fig.33, 9, tav.XXXIX, 5, I, b, 154.

4. MULAS, 1972-73, p. 855, fr. 232, tav. CXXXI, n.23:frammento di piede di vaso tripode, decorato con leggere incisioni a ventaglio. Confronta con piedi similmente decorati da Enna Pruna: LILLIU-FERRARESECERUTI, 1960, p. 111, n. 153, fig. 33,8,tav. XXXIX,a,3, e da Monte Ollàdiri, ATZENI, 1962,p. 160, n. 10, tav. XXXVI, 10,12.

5. MULAS, 1972-73, p. 855, fr. 248, tav. CXXXIV,43:frammento di piede decorato con strisciature a ventaglio fatte con la stecca, senza incidere l’argilla. Confronta con vaso da Monte Ollàdiri: ATZENI,1962, p. 63, tav. XXXVI,9. Con uguale decorazione a passaggio di stecca che lascia strisce a ventaglio, v. frammenti di piede di tripode da S’Adde, MULAS,1972-73, p.865, fr. 252, tav. CXXXI, 17,e fr.256,tav. CXXXII, 29.

[24] Esempi di ceramica liscia.

1. MULAS, 1972-73, p.293, fr; 29, tav. LXXVII, 152, p.337, fr. 82, tav. LXXVII, 153, p.384, fr. 158, tav.LXXVII, 154: vasi panciuti con orlo leggermente estroverso. Confronta con orcioli di nuraghe Palmavera: LILLIU, 1988, p. 364, fig. 118,4, p. 372,fig. 122,6, e di Su Sattu ‘e Serra-Nuraxinieddu,SEBIS, 1992, p. 136, 139, tav.II,a, 21-23

2. MULAS, 1972-73, p. 290, fr.26, tav. XCIX,4, p.290,p. 339, fr. 84, tav. XCIX,3, p.476, fr. 307, tav.CII,15:tegami, p.718, fr. 688, tav. CL,12: spiana. Confronta con forme del villaggio nuragico di Bruncu Màdugui, LILLIU, 1988, p. 373, fig. 125, 1-3,dei nuraghi Chesseddu-Uri (p. 358), Logomache-

Fonni (p.360), Santu Antine (p. 364), La Prisciona-Arzachena (p. 367), Trobas-Lunamatrona (p. 321),Peppe Gallu-Uri (p.321), Albucciu-Arzachena (p.324), Su Nuraxi-Barumini (p.369) e di tombe mega-litiche: Montegonella (p. 326), Goronna I (p. 328),Palatu (p. 331), Li Longhi (p.331), Li Mizzani-Palau(p. 322), Oridda-Sennori (p.333), in riassunto a p.343.

[25] MULAS, 1972-73, p.447, fr.275, tav. CV, 5: fondo di tegame con decorazione di punteggio a pettine. Confronta i copiosi esemplari da nuraghi: LILLIU, 1988,p.358 ss., fig.116, p.360, 362, 364 ss.; da villaggi nura-gici, p. 365, 367 ss., da tombe megalitiche, p. 387, 390.

[26] MULAS, 1972-73, p. 190, fr. 42, tav.XXXI, 158, in ossidiana translucida, alt. cm. 1,5 larghezza base maggiore 2,2; base minore 1,2; spessore 0,6.Confronta con esemplari in ossidiana, da Su Carroppu-Sirri, ATZENI,1975, p. 33, fig. 5, 25-28e 1981, n.8, fila in alto a destra,p. XXII.

[27] MULAS, 1972-73, p.247, f. 133, tav. XXXI, 157, in ossidiana opaca, alt. cm. 1,7; largh.1,5; spessore 0,6. Confronta con esemplari in ossidiana da Su Carroppu,ATZENI, 1975, p. 33, fig. 5,22e 1981, p. XXII, n. 8, fila mediana a destra, e da grotta Rifugio-Olìena, AGOSTI-BIAGI-CASTELLETTI-GERMANÀ, 1980, p. 88, fig. 10, 3.

[28] MULAS, 1972-73, p. 263, f. 159, tav. XXXII, 1, in quarzo, alt. cm. 1,5; largh.1; spessore 0,3/0,4.Confrontacon esemplari in ossidiana da Su Carroppu, ATZENI,1975, p.33, fig. 5, 1-5e 1981, p.XXII, n. 8, fila alta asinistra.

[29] MULAS, 1972-73, p. 264, f. 160, tav. XXXII, 2, in ossidiana, alt. cm. 2,2: largh.1,5; spessore 0,6.Confrontacon esemplari da Su Carroppu: ATZENI, 1975, p.33, fig.5,29e 1981, p. XXII, n.8, fila mediana, ultimo a destra.

[30] LILLIU, 1988, p. 34 ss.

[31] LILLIU, 1988, p. 18 ss.: proposta cronologica del neo-litico antico sardo.

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