24
ott
2009
Arte e religioni della Sardegna prenuragica – Giovanni Lilliu [3]
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Gli idoli di stile planare
Così individuiamo gli idoli femminili della Dea madre, di forma spianata, appiattita, rigorosamente geometrica nell’insieme e nei particolari, i quali sono rappresentati in immagine antropomorfa. In questi idoli di stile planare la semplificazione è portata al massimo grado, a un astrattismo che trascende il sentimento del rapporto uomo-natura quale abbiamo visto espresso nelle statuine della Dea dalla carnosità accentuata, trasfigurazione artistica-simbolica della terra ubertosa. Gli idoli planari appaiono indifferenti alla realtà, toccano il livello più alto della trasgressione verso diversa (e più avanzata) metafisica, un ordine astratto che è da supporre alla base della cultura e della società dell’epoca nella quale le figurine vennero prodotte, quella del Neolitico recente della cui ricchezza materiale e spirituale dirò più avanti.
Alla dinamica di pensiero dell’epoca corrisponde la variabilità formale delle figurine, fatto salvo il comune e irrinunziabile plafond stilistico. Distinguiamo tre variabili nelle statuine litiche e in terracotta della Dea: 1 = idoli aniconici o criptoantropomorfi (nn. 23, 29-32), 2 = idoli antropomorfi a schema di busto compatto (nn. 33-80, 126-132), 3 = idoli antropomorfi a schema di busto traforato (nn. 81-124).
1. Idoli aniconici o criptoantropomorfi
Gli esemplari più astratti nel genero sono i nn. 29-30, l’intero in marmo, un abbozzo il secondo, nella stessa materia, portato a finimento in forma di “otto”, col restringere nel mezzo l’ovale del pezzo intero accuratamente tagliato e lavorato. I due segmenti di ellissi, divisi dalle intacche del contorno, vorrebbero rappresentare ultraschematicamente la parte superiore ed inferiore del corpo umano. È la stilizzazione della Dea accoccolata[102]. Idoli consimili si conoscono da Troia I-II[103], dalla Macedonia orientale[104], da Poliochni-Lemnos[105]e dalle Cicladi[106]. La presenza dell’abbozzo marmoreo a Monte d’Accoddi prova che anche la statuina completa n. 29 è stata scolpita in loco.
L’idoletto in basalto n. 31 da Cùccuru Arrìus, a cifra di placchetta ovale (il corpo) con appendice conica (la testa), trova stretto riscontro formale e tecnico in prefigure litiche a foggia di disco con lembo appuntito tipo Thermi, da Troia I e Thermo I-II, circa 3200-2800 a.C.[107]. Si può ritenere un’evoluzione in senso antropomorfo dell’idolino basaltico n. 31 quello in steatite n. 23 da Anghelu Ruju. Con il profilo ondulato fa intuire l’articolazione corporea in testa – un appuntimento cilindrico-conico -, busto con leggera sporgenza in convessità delle braccia e arti inferiori siglati in disegno a tre quarti di cerchio. Non molto distanti, come tipo, un idoletto “astratto-schematico” in marmo, anatolico, del Bronzo antico II-III[108]e altri delle Cicladi[109].
La figurina in marmo, schematizzata in forma di “violino”, n. 32 da ipogeo di Anghelu Ruju, costituisce un tipo di passaggio dai predetti idoli “astratti” a quelli antropomorfi a placca di busto compatta. Con la semplice ma elegante linea flessuosa di contorno evidenzia la testa cilindrica col viso rotondo, il tronco (petto-addome) e gli arti inferiori riassunti in disegno di trapezio geometricamente come l’intero corpo. È vicino alla figurina, per taglio e stile, un idoletto in conchiglia da Naxos-Cicladi, prossimo al tipo Apeiranthos di fase Keros-Syros: antico cicladico II, 2700-2400/2306 a.C.[110].
2. Idoli antropomorfi a schema di busto compatto
A questa varietà tipologica appartengono cinquantacinque statuine (nn. 33-80, 126-132). Diciotto sono scolpite in pietra: dieci in marmo (nn. 34-35, 38, 40, 42-47), quattro in calcite (nn. 36-37, 39, 41), tre in arenaria (nn. 126-128) e una in calcare (n. 33). Trentasette sono plasmate in argilla (nn. 48-80, 129-132). Provengono: diciotto dalla provincia di Sassari (nn. 33-40, 4854, 68-70), sei dalla provincia di Nuoro (nn. 5557, 71-73) e otto dalla provincia di Cagliari (nn. 44-47, 78-80, 126). Nella provincia di Sassari aree più ricche di statuine si riconoscono nel perimetro della città (nn. 34-36, 68) e nella fertile regione del Logudoro-Cabuabbas (nn. 37-40, 48-54), in provincia di Nuoro nella Barbagia di Ollollài (nn. 55-57, 71-73). Un epicentro assai produttivo di figurine appare il compendio lagunare intorno ad Oristano: Cabras, Nurachi e Simaxis (nn. 41-43, 58-67, 74-77, 127-132). Trentatrè figurine (60%) di cui otto litiche (nn. 42-47, 126-127) e venticinque in argilla (nn. 55, 56, 58-71, 74-77, 79-80, 129-132) sono state raccolte nell’ambito di villaggi dove costituivano immagini protettive delle abitazioni domestiche e, in qualche caso, oggetti di culto (n. 46). Quattoridici statuette (24,45%), delle quali tre in pietra (nn. 38-40) e undici in terracotta (nn. 48-54, 57, 70, 72-73) erano allogate in grotte naturali destinate a uso sacro o funerario. Otto (14,54%), di cui sette liti-che (nn. 33-37, 41, 128) ed una in creta (n. 78) corredavano i defunti in grotticelle artificiali.
Tranne i nn. 126-128, in arenaria, forse di personaggi maschili, e le statuine in argilla nn. 129132 sicuramente di sesso maschile, le restanti immagini (cioè l’82,27%) rappresentano la Dea Madre. Il particolare non è di poco conto. Significa che la società del Neolitico tardivo, alla quale si riferiscono le figurette in esame, era costituita sotto gli auspici della religione. La moltiplicazione delle rappresentazioni femminili attesta il culto quasi esclusivo della Grande dea, alla stessa guida di quanto avveniva nell’Asia occidentale e nella Grecia neolitica dove, come in Sardegna, le figurine virili costituiscono un numero infimo[111]. Permane, dunque, importante e irrinunziabile il ruolo sociale della donna, specie in ciò che ha rapporto col sacro e le sue manifestazioni rituali e cerimoniali legate sostanzialmente alla civiltà agricola.
A differenza della Dea “voluminosa” del Neolitico medio raffigurata in vari atteggiamenti e posizioni, fisso è lo schema della divinità di stile planare. La figurina si offre di massima in piedi, di fronte, tranne i nn. 65-67, in aspetto rigido e assente, le braccia, suggerite soltanto dalla linea di contorno del busto, ricondotte al petto. Del corpo sono specificate la testa e il tronco con le mammelle, ma gli arti inferiori sono condensati in un solido conico o in una placca semicircolare. Dei tratti fisionomici del volto, in tutte le statuine domina il naso il quale forma anche l’asse centrale della bipartizione geometrica e simmetrica della figura. Non è frequente la rappresentazione di sopracciglia e occhi (nn. 51-52), di occhi (nn. 127128), nel n. 72 si scorgono gli occhi e, eccezionalmente, gli orecchi. Tale parsimonia di dettagli fisionomici e lo scarso rilievo dato al modellato plastico (naso e glutei che staccano rigidamente a scarpa sotto la schiena), si spiegano con la tendenza estetica a privilegiare il valore di superficie. Per lo più le immagini presentano le forme distese in larghi spazi neutri, privi di significato anatomico e di vita, apparendo nude e gelide. Di rado si ha cura di ravvivarle colorandole di rosso (nn. 43, 69, 75, 78), di ocra ruggine (n. 130) e in policromia (rosso e nero bluastro nel n. 126). Talora si recupera un qualche aspetto umano figurando le statuine vestite (nn. 56, 61, 64) o adorne di una collana (n. 51).
Insomma si tratta di plastiche improntate a una “geometria” assoluta che risponde a una norma culturale di sobrietà e austerità in cui interviene il sacro. Perciò il tipo iconografico conserva qualcosa di “arcaico” sottolineato anche dal particolare che le fattezze degli idoli non si sviluppano totalmente in senso antropomorfo, come si constata, invece, nelle figurazioni, per certi aspetti affini, delle Cicladi[112]. Sono queste caratteristiche essenziali – più avanti si entrerà nei dettagli – a dare una precisa identità locale delle statuette in esame.
Si hanno due versioni degli idoli di stile planare a blocco di busto compatto. Una presenta il busto contornato dalle braccia (o simulazione delle braccia) che scendono lungo i lati del petto a cui ritornano con una piegatura ad angolo retto al gomito. Nell’altra versione le braccia sporgono dal busto all’esterno e si piegano al gomito ad angolo acuto formando due protuberanze coniche ad alette.
a) Idoli antropomorfi di busto compatto con braccia piegate ortogonalmente al gomito e ricondotte orizzontalmente al petto (schema cruciforme: nn. 33-67, 126-128, 130-132).
Si tratta di quarantuno figurine che sul totale di cinquantacinque in stile planare a busto compatto costituiscono il 74,54%. Diciotto statuine sono di pietra (nn. 33-47, 126-128), ventitrè di terracotta (nn. 48-67, 130-132). Soltanto in quattro si conservano integralmente: i nn. 35 e 46 in marmo e il n. 37 in calcite rispettivamente da Su Crucifissu, Turriga e Puttu Codinu, e il n. 49 in terracotta dalla grotta di Monte Majore. Il 48,78% è privo della testa (nn. 33-34, 36, 38-44, 47 in pietra; nn. 48, 57-61, 65-67, 130 in argilla), il 24,39% manca degli arti inferiori o li ha rotti (nn. 51-52, 58-59, 65-66, 120 in argilla, nn. 126128 in pietra). Soltanto il 9,75% conserva la testa (n. 45 in marmo, nn. 55, 61-62 in argilla), per il 4,87% parte del busto (nn. 54-55 in argilla) e per il 7,31% restano gli arti inferiori (nn. 50, 56, 64 in argilla). Le rotture, tutte di antica data, si sono verificate per la maggiore nei punti più deboli, perché più stretti, del corpo e cioè alla base del collo e all’attacco degli arti inferiori al busto. Nessuna statuetta mostra segni di restauro.
Due degli idoli in pietra integri (nn. 37 e 46) misurano in altezza cm 16,7 e 44, l’unica intera in terracotta (n. 49) cm 7,3. Nell’idolo di Senorbì n. 46, il più grande della tipologia in esame e anche il più studiato nell’esecuzione, scompartita la figura in tre zone verticalmente, risultano le seguenti altezze delle parti corporee: cm 13,60=testa-collo (30,9%), cm 12,4=tronco (27,8%), cm 18,14=arti inferiori (41,2%). Ne risulta un sovradimensionamento della testa rispetto al tronco, a causa del suo particolare “significato”. Nell’idoletto n. 49 da Monte Majore la testa, invece, ha la stessa altezza del busto (cm 2=27.33%) e gli arti inferiori occupano cm 3,3 del corpo (45,20%). Dal confronto si ricava che non esisteva un canone di proporzioni delle diverse parti del corpo e che gli artigiani nell’esecuzione delle statuine procedevano in libertà seguendo il proprio estro e adattandosi alla qualità e alle occasioni diverse della richiesta. Da qui la variabilità dei dettagli metrici e di disegno delle figurine che rendono impossibile la classificazione secondo una regola unitaria, appunto inesistente. Tuttavia, per ragioni di studio e d’un’ordinata esposizione bisognerà pur formare alcuni raggruppamenti.
Uno di questi riguarda gli idoli caratterizzati dalla terminazione conica degli arti inferiori (nn. 34, 36, 39, 42-44, 46-47=idoli in pietra, nn. 48, 51-54, 60). La testa nelle statuine che la conservano è spiaccicata e deformata, di disegno trapezoidale alla nuca, coperta da sorta di berretta rovesciata all’indietro (n. 37), a sezione ellittica con volto tondeggiante (n. 46)[113], cilindrica con viso rettangolare molto allungato (n. 51)[114], conica coperta da capigliatura fluente, in disordine, sul davanti sino alle mammelle e alle spalle (n. 52)[115].
Il busto degli idoletti è di forma trapezoidale (nn. 36-38, 44, 46-48, 52-53), rettangolare (nn. 34, 41, 42, 49, 54, 60) e quadrangolare (n. 39).
Nel busto trapezoidale la base maggiore del trapezio sta in alto per il 77,7% (nn. 36-38, 46-48, 52) e per il 22,2% sta in basso (nn. 44,53). Nei nn. 38, 48, 52 il lato superiore è apicato agli omeri. I nn. 37, 46 e 53 presentano i margini del trapezio rettilinei, i nn. 47 e 52 convessi, lievemente concavi il n. 48; nei nn. 36 e 44 il margine destro è rettilineo ed il sinistro convesso. Le altezze del busto sono di cm 12,24 (n. 46); 5,8 (n. 47); 3,5 (n. 44); 3 (nn. 38, 48); 2,6 (n. 36) e 1,7 (n. 52). Nel rapporto metrico tra busto e arti inferiori conici, il busto è di cm 5,9 in meno nel n. 46; cm 1,2 nei nn. 37 e 48; cm 0,7 nel n. 47.
Lo schema del busto dei nn. 37, 46 e 53 si assomiglia a quello del busto dell’idolo marmoreo cicladico, tipo a violino della collezione privata Salothum: antico cicladico I (fase grotta Pelos), 3200-3700 a.C.[116]. Persuasivo è il riscontro tra questo idolo e la statuina, pure in marmo, n. 46, sia per lo schema del busto sia per la vistosità delle mammelle e la scollatura a triangolo la cui punta si insinua tra i seni. Tutte le figurine presentano le mammelle più o meno centrate nel petto. Sono di forma tondeggiante, convessa (nn. 36-38, 52-53) e conica (nn. 47-48), di dimensioni piccole (n. 36: diametro cm 0,3; rilievo 0,1; n. 48: cm 1,2 e 0,7) e vistose in proporzione alle misure diverse del petto ( n. 46: diametro cm 3,4 e rilievo 0,6; n. 52: cm 1,1 e 0,4: cm 1,1 e 0,4; n. 53: cm 1,3 di diametro).
Le figurine nn. 34 e 60 presentano il busto rettangolare, basso e largo, a margini rettilinei, la prima di cm 2,6 di altezza; cm 1,2 in meno degli arti di cm 3,8; la seconda di cm 0,7; cm 1,6 in meno dell’altezza degli arti di cm 2,3. Nel petto, ben centrate, spiccano le mammelle coniche, nella prima di cm 1 di diametro e 0,5 di rilievo, nella seconda di cm 0,4 e 1. Lo schema del busto si avvicina a quello di idolo marmoreo nell’Università di Missouri, dell’antico cicladico I: 32002700 a.C.[117]. Nelle statuine nn. 41, 42, 54 i margini del busto rettangolare si presentano più o meno convessi. L’altezza nel n. 41 è di cm 3 (largo e basso), nel n. 42 di cm 3,8, inferiore di cm 2,2 rispetto agli arti alti cm 5,95; nel n. 54 di cm 3,3. Nel petto, più o meno centrate, figurano le mammelle: tondeggianti nel n. 41, troncoconiche nel n. 42, coniche, di cm 1,3 di diametro e 0,5 di rilievo, nel n. 54. Lo schema del busto è vicino a quello di statuine marmoree cicladiche di collezioni private, del tipo “a violino”, riferite al cicladico antico I: 3200-2700 a.C. [118].
Gli idoletti nn. 49 e 51 si distinguono per avere il busto rettangolare con le spalle rialzate ad apice agli omeri. Nel n. 49 il busto è alto cm 2,5, appena sei millimetri in meno degli arti alti cm 3; i seni, di cm 1/0,9 di diametro, si rilevano cm 0,2. Per il particolare delle spalle apicate, dei margini del busto concavi e per la forma tozza degli arti calza il confronto con l’idoletto in terracotta di Potporan, del Neolitico recente[119]. Nel n. 51, adorno di una collana che scende dal collo tra i seni, il busto è alto cm 2,5. Le poppe emisferiche sono vistose, di cm 1,5 di diametro e 0,6 di rilievo. È singolare lo stilismo a circoletto concentrico ben impresso sull’alto delle mammelle, che indicano i capezzoli. L’interpretazione che se ne è data di “occhi divini” è fuorviata[120].
La figurina n. 39 dalla grotta di Monte Majore, in calcite, fa vedere il busto in disegno quadrangolare a profilo marginale lievemente convesso. Il busto è alto cm 2,9; con cm 1,2 in meno rispetto all’altezza del cono che condensa gli arti inferiori di cm 4,1. Le mammelle sono accennate in lievi rotondità di un centimetro di diametro e 0,24 di rilievo.
La stilizzazione a cono degli arti inferiori nella statuetta sopra in esame, revival di modo di sintesi pre-Neolitico, non manca di riscontro nelle raffigurazioni di altri Paesi durante il Neolitico. Cito un idolo marmoreo cicladico di collezione privata, dell’antico Cicladico I: 3200-2700 a.C.[121], e statuina in argilla della Romania, delle fasi Cucuteni A (4200-4000 a.C.) e Cucuteni B (40002600)[122].
In un secondo gruppo si includono le figurine che presentano la forma degli arti inferiori diversa da quella a cono. A lingua o a segmento ovoide sono sunteggiati gli arti del n. 40. La figurina, marmorea, presenta il busto rettangolare col margine sinistro dritto e il destro leggermente convesso, distinto nel residuo del collo da scollatura a V come nei nn. 42 e 46. Il busto è alto cm 2,1, un centimetro in meno rispetto agli arti di cm 3,1 di altezza; le mammelle, rotonde, hanno diametro di cm 0,5 e rilievo di appena un millimetro. Lo stilismo della base si avvicina a quello detto “a paletta” di un idolo cicladico in marmo del tipo “a violino” nel Museo del Louvre: antico Cicladico I, 3200-2700 a.C. [123]. Nel n. 57, in argilla, nel cui busto si disegnano a leggero rilievo conico le mammelle, ben centrate nel petto e modellate, gli arti sono rappresi in un volume prismatico rettan-golare, staccati dal busto da profonda gola, di forma inconsueta[124].Gli si può avvicinare la base della figurina in argilla n. 50 unico elemento rimasto dell’intero[125]. Una parola in più meritano le statuine in terracotta nn. 56, 63 e 64. La nn. 56 e 64 mostrano le anche coperte da una gonna scampanata e plissata come palesato da incisioni verticali. Nel frammento n. 64 la gonna è stretta alla vita, molto assottigliata (vitino a vespa), da una cintura. I due idoletti, quando erano integri, si assomigliavano, verosimilmente, al n. 63 da Cùccuru Arrìus, che è quasi intero (è rotta la gonna, alla base). Il figulo che modellò la figurina n. 63, pur non rinunziando alla trasgressione per così dire “rituale” ovvia nella “geometria” della testa e del busto, per il resto riuscì ad esprimere la realtà col vestire la sua piccola creazione artistica. Risalta, per voluto eccesso, il solido del corpo e del volto sul tronco “al naturale”, mentre le braccia, simulate nel ripiegamento al petto, si riducono ad “alette”. Testa-collo e tronco mostrano pressappoco la stessa misura in altezza. Altro accento è posto sulla “femminilità” dell’idolo per mezzo delle vistose mammelle coneggianti a cui si indirizzano le mani a mo’ di richiamo per il devoto. Anche la scollatura del corpetto che è come gonfiato dalle mammelle sottostanti, rivela l’eterno femminino. La regolare plissetura del gonnellino, sotto il quale emerge la spigolosa prominenza dei glutei, dimostra un indumento che si addice alla dignità della Dea.
Per la forma della testa con viso trapezoidale e del collo il n. 63 si confronta con una statuetta marmorea di divinità femminile con braccia conservate al petto da Koumasà-Creta, dell’omonimo stile, riferita al Minoico antico II-III: 2400/2300/2000, più o meno contemporanea alla fase tarda della cultura cicladica Keros-Syros[126]. Altri idoli di marmo cretesi presentano lo stesso disegno visuale della statuina in argilla, vestita, da Cùccuru Arrìus[127].
Nel secondo gruppo si includono i resti della figurine nn. 33, 58-59, i quali non trovano una definizione precisa a causa della rottura della base del corpo. Del n. 33, da Anghelu Ruju, si conserva il busto trapezoidale alto cm 3, con la scollatura a V, già osservata nei nn. 40, 42, 46 e 63. Le mammelle tondeggianti, a giusta distanza dai margini del petto, presentano diametro di cm 0,8 e rilievo di 0,3. I busti delle statuine nn. 58 e 59, alti rispettivamente cm 2,6 e 1,3, mostrano al di sotto del petto il tronco assai largo in relazione alla statura (cm 4 e 2). Il n. 58 presenta la scollatura semicircolare e mammelle di cm 1,2 di diametro rilevate cm 0,8. Le mammelle del n. 59, coniche come quelle del n. 58, hanno diametro di cm 0,9 e cm 0,7 di rilievo. Entrambe le figurine presentano la schiena inflessa in dentro, nel n. 58 il forte pronunziamento dei glutei dichiara con enfasi la femminilità dell’idolo non meno delle sode poppe. Gli idoletti che vengono ambedue da Cùccuru Arrìus, a parte le diverse dimensioni, sembrano fatti dalla stessa mano.
L’insediamento di Cùccuru Arrìus ha restituito anche le teste nn. 61-62, l’unico resto di statuine fittili che ovviamente non possono rappresentare con sicurezza nel tipo e nella forma. Il volto ovaleggiante che emerge da uno sbieco del listello d’argilla col naso a pilastrino portato a raggiungere sino alla sommità del capo, richiama il disegno del viso della figurina cicladica nel “Dreiergrupp” di collezione privata in Inghilterra, attribuito all’antico Cicladico II, antico stile Spedos, fase Keros-Syros del Renfrew: 2700-2400/2300 a.C.[128]. La testa n. 62 con vistoso segno del naso, allargata “a chiodo” alla sommità, si distingue per la leggera piegatura all’indietro, come in idoli marmorei cicladici di stile Spedos[129].
Senza una precisa classificazione resta il frammento di piede umano in argilla n. 133 da Su Calaresu-Pérfugas. Può essere riferito sia a figurina maschile che femminile (più probabile), stante o seduta. Lo distinguono dagli idoli in esame il modellato naturalistico e il disegno della superficie a punteggio e striature col quale si volle realizzare una semplice e pura decorazione come in figurine fittili del Neolitico macedonico[130]e anatolico[131], oppure indicare legacci d’una sorta di calzare che rivestiva il piede di cui non sono segnate le dita mentre il restante è reso accuratamente nei dettagli anatomici.
Un gruppo a se, che rivela una crescita d’attenzione vero l’antropomorfismo, è costituito dagli idoli frammentari nn. 126-128. Le accomuna la materia scolpita – l’arenaria -, la mancanza di mammelle e lo schema del busto racchiuso dalle braccia che rientrano orizzontalmente per congiungersi nella zona del petto, non più simulato come nelle figurine già esaminate, ma anatomicamente ben rilevate. Per quest’ultimo particolare non è inopportuno il confronto con il disegno del busto in figurine marmoree cicladiche, tipo Plastiras, dell’antico Cicladico I (3200-2700 a.C.), peraltro dalle fattezze del corpo completamente naturalistiche[132].
Fatta salva la comunanza dei citati elementi cui si aggiunge la media grandezza, per il resto risalta la netta differenza stilistica e tecnica tra il n.126 da c e i nn. 127 e 128 rispettivamente rinvenuti nell’insediamento di Su Cungiàu de is Fundamentas e nell’ipogeo funerario VII di Serra is Araus. Eccettuata la “planarità” della parte anteriore del corpo del n. 126, la rotondità del cranio, della nuca coperta da “parrucca” e delle spalle, la carnosità delle braccia robuste imprimono alla figura una plasticità che la separa in modo chiaro dalla secca e geometrica statuina di cui è stato fatto discorso. L’idolo è di aspetto tendenzialmente “statuario” cui concorre anche la precisa distinzione delle membra (testa, braccia) operata con scolpite solcature orizzontali e verticali. Il gusto dell’artigiano si dimostra nei tratti sfumati dell’ovale del volto dall’ampia fronte, contornato dal leggero rilievo della capigliatura, al quale corrispondono il basso “tono” delle sopracciglia e del naso minuto e il discreto accenno degli occhi segnati con piccoli incavi. Alla vivezza della fisionomia contribuisce la pittura in rosso del viso con passaggio al colore nero bluastro negli angoli della tempia e nella solcatura che divide l’epicranio dalla nuca, da interpretare come un nastro simbolico cingente, a corona simbolica, il capo della divinità.
Assai meno attrezzato esteticamente e per esecuzione appare il modesto scultore delle raffigurazioni nn. 127-128, quest’ultima pressoché intera e, perciò, utile per conoscere la forma dell’immagine, mentre dell’idolo n. 128 residua soltanto la testa simile nei tratti a quella del n. 127 al punto da ritenere le due statuette opera d’uno stesso artigiano. Infatti il capo presenta la sommità convessa, nel n. 127 separato da un’incisione nel contorno (calottina appianata che raccoglie la massa dei cappelli). Il volto ovale, rigido e piatto, è variato da occhi a tondino incavato e dal nastro a pilastro, il collo robusto. Dello schema del busto del n. 127 e, presumibilmente, del n. 128 che manca, si è già detto. Nel n. 127 la rottura alla base della placca in leggero rilievo sotto l’addome e che corrisponde all’orlo inferiore, può essere diversamente interpretata. O si tratta d’una gonna liscia e, in tal caso, la statuetta è femminile, anche se non sono rappresentate le mammelle, oppure è da ipotizzare un’astratta stilizzazione a cono delle gambe. Ambedue gli idoli sono scolpiti in un listello litico di sezione elissoidale, ciò che concorre ad accentuare lo stile “planare”, nel realizzare il quale stava anche e soprattutto l’intenzione dello scultore.
Se l’idolo di Sa Màndara n. 126 depone per una divinità maschile, il partner della Dea madre, non così sicuro appare il sesso delle statuette di Su Cungiàu de is Fundamentas e di Serra is Araus (nn. 127-128). Anzi, l’avere rinvenuto il resto di quest’ultimo idoletto in un ipogeo funerario, genere di tomba nella quale accanto al morto, nella generalità dei casi e per norma rituale, è presente il simulacro della Dea, fa propendere a ritenere femminili e della stessa Dea anche le raffigurazioni nn. 127-128.
Senza dubbio è maschile la figurina con busto a placca compatta cruciforme n. 130 da Cùccuru Arrìus, alla quale dobbiamo ritenere simili le effigie del n. 131 da Conca Illonis e n. 132 da S’Arrieddu, purtroppo ridotto al moncherino della parte inferiore del corpo sunteggeggiata da un volume conico. Nel n. 130 il busto contornato dalla simulazione delle braccia ricondotte ortogonalmente al petto, è basso e stretto (altezza cm 2,2) come nelle statuine nn. 58-60 da Cùccuru Arrìus, alle quali la n. 130 si ricollega (unitamente ai frammenti nn. 131 e 132) per stile e foggia così da ipotizzare l’insieme produzione d’una stessa bottega di vasaio operante nel territorio, ora di Cabras, dove insistono le citate località di rinvenimento degli idoletti in argilla d’impasto bruno-nerastro. Ai nn. 58 e 59 il n. 130 si stringe anche per la forma estesa dell’addome. Ma sta a sé, come i nn. 131 e 132, perché è cinta alle anche, lasciando scoperto il deretano assai pronunziato, da un perizoma arrotolato con più giri al corpo. Lo stesso panno stringe la vita delle figurine di Conca Illonis e S’Arrieddu, con l’aggiunta di due lembi, a code, a segmento ellittico, che scendono a coprire e proteggere il pube (di cui è indicata la peluria con punti leggermente incisi) e il solco anale. Il tipo di indumento, assai succinto (si presume nudo il resto del corpo), è eccezionale e sembra singolare degli idoletti sardi tardo-neolitici. Fasce cordonate alla vita in figurine fittili femminili, ritenute di Dea madre, di Yarim Tepe-Nord Iraq, periodo Hassuna: 5600 a.c.[133]e di Dimini-Neolitico recente[134]e quella piatta d’un idoletto d’avorio da Koumasà-Creta del M.A. III-2200 a.C.[135], sono semplici cinture.
Come interpretare gli idolini nn. 130-132? La veste succinta e l’aspetto trascurato ne escludono la natura divina andromorfa, si confanno invece a ex-voti personali donati per impetrare la protezione della Dea madre, alla figura della quale gli offerenti si adeguano nello schema delle braccia conserte al petto, segno di devozione.
Le statuine sinora esaminate nel paragrafo a sono rappresentate in piedi. I nn. 65 da Gribaia, 66 e 67 da Cùccuru Arrìus figurano, invece, la Dea madre seduta a terra. Lo schema della parte superiore del corpo è quello degli idoli stanti.
Note:
[102]HOCKMANN, 1976c, p. 181.
[103]HOCKMANN, 1976c, p.179, abb. 176, 10, 12, p. 181, p. 545, abb. 188, p. 546, nn. 476-477 (Troja Tip.).
[104]ZERVOS, 1963, p. 391, fig. 572, p. 363: idolo in cracotta da Dikili Tach, del neolitico recente (3200 a.C.?).
[105]HOCKMANN, 1976c, p. 181.
[106]TAMVAKI, 1975, p. 232, fig. 125, alto a sinistra,ZERVOS, 1962, p. 140, 50, p. 54: Khirokitia, circa 5800a.C.
[107]HOCKMANN, 1976c, p. 181, abb. 176,11
[108]HOCKMANN, 1976c, p. 389, abb. 525, p. 554, n. 525.
[109]TAMVAKI, p. 132, fig. 125, in lato, secondo da sinistra (a), fila in basso, primo da sinistra (b).
[110]RENFREW, 1976, p. 69, p. 229, fig. 57, p. 433, n. 57.
[111]ZERVOS, 1963, p. 575.
[112]Si veda per questo sviluppo dell’astratto all’”antropomorfo”, realizzato a ciclo completo, GETZ-PREZIOSI, 1976, pp. 74-92, abb. 40-77, pp. 220, 306, figg. 261-262.
[113]È simile la testa del n. 45 da Monte Ollàdiri, appartenente a una figurina della stessa altezza (cm. 44) del simulacro n. 46 da Senorbì.
[114]Per la forma allungata della testa indistinta dal collo e per il disegno degli occhi a circoletto separati dal naso, il n. 51 rievoca l’idolo steatopigico in marmo da Néa Makri-Attica, del neolitico antico-Protosesklo, ZERVOS, 1962, p. 20, 211, fig. 204. Una simile testa con naso a becco e occhi a incavo rotondo, un idolo femminile marmoreo, del neolitico, nel Museo di Eleusi, WEINBERG, 1976, p. 57, fig. 31, e in consimile esemplare da località sconosciuta nel Metropolitan di New York, cit., p. 215,13, p. 421, n. 13.
[115]Si noti la somiglianza con la testa, coperta da capelli sciolti, della figurina in argilla da Rocca di Rivoli-Verona, della facies Rivoli-Castelnuovo (con vasi a bocca quadrata), GRAZIOSI, 1973, p. 102, 114, 180, fig. 114, a. Per la ricaduta dei capelli a incisioni verticali sulla spalle vedi pure la statuina fittile “mascherata” da Vinca-Belgrado, di fine VI-inizio V millennio a.C., GIMBUTAS, 1975, p. 123, fig. 64, b; inoltre l’idoletto in terracotta da Starcevo-Ungheria, di cultura Koros, VI-V millennio a.C., PIGGOT, 1965, p. 46, fig. 17, 1a p. 48. Simile pure la forma della testa, ma senza capigliatura fluente, in figurina di terracotta di cultura Vincˇa dalla Romania, BORONEANT, 1975, p. 106, fig 44.
[116]RENFREW, 1976c, p. 22, 224, 39, p. 429, n. 39.
[117]RENFREW, 1976c, p. 22, 227, 45-46, p. 431, nn. 45-46: Columbia, Museum of Art and Archaelogy.
[118]RENFREW, 1976c, p. 22,225, 41, p. 431, n. 41: Houston. Collezione di D. e J. De Menil, p. 226, 43, p. 431, n. 43: Parigi, Galleria Simone de Monbrison. In quest’ultimo idolo marmoreo è presente la scollatura a V, come nella figurina n. 42 da Conca Illonis.
[119]ZERVOS, 1963, p. 458, figg.727-728, p. 639: Collezione di M. B. Gavela – Belgrado.
[120]GIMBUTAS, 1989, p. 36, fig. 56.
[121]RENFREW, 1976c, p. 21, 248, 113, p. 448, n. 113: Houston, collezione di D. e J de Menil.
[122]GIMBUTAS, 1989, p. 145, fig. 224,3: da Dragusebu-Botosani, Romania nordorientale (neolitico A), p. 173, fig. 274, 1a-c, 2a-c: da Nadeia-Ghelaesti, Romania nordorientale (Cucuteni B1; COMSA, 1975, p. 145, fig. 93, 63-64: da Russ (cultura Vincˇa 1, fase Oravita Vest), p. 146, fig. 94, 5-7: da Crusovu e Vadrasta (cultura Vadastra, fase Vadrasta II) fig. 94, 21-23, 25, 27, 29-30 (cultura di Boian), p. 147, fig. 95, 44-47: da Frumusica e Trutesti (Cucuteni A), fig. 95, 51-54: da Traian (Cucuteni A-B), fig. 95, 64-66, 71-72, 73-78: da Tg. Orna, Moldavia (Cucuteni B).
[123]RENFREW, 1976, p. 63, 222, 34, p. 428, n. 34.
[124]Gli si accosta la sagoma della base dell’idolo cicladico marmoreo della collezione Allan D. Emil, a New York, RENFREW, 1976c, p. 21, 243, 100, p. 445, n. 100 (antico cicladico I:3200-2700 a.C.).
[125]Si confronti con la forma a placca rettangolare della parte inferiore del corpo in idoletti fittili di Karanovo IV-Bulgaria: 5000-4000 a.C., GIMBUTAS, 1989, p. 81, fig. 129,2, e di Mateijski Brod, Zreni Manin-Iugoslavia: 5200-5000 a.C., cit., p. 169, fig. 266, 2a-b.
[126]SAKELLARAKIS, 1976, p. 153, fig. 138 a p. 152: Museo Herakleion.
[127]SAKELLARAKIS, 1976, p. 154, fig. 140, p. 155, fig. 142, p. 157, figg. 147-148: dalla tomba a tholos di Archanes, stile Spedos, Antico Minoico III (2300 circa), nel Museo Herakleion.
[128]GENTZ-PREZIOSI, 1976, p. 84, 201, 258, p. 493, n.258.
[129]RENFREW, 1976, p. 27, 279, 198b, p. 473, n. 198 (Norvich, Università East Anglia), 199b, p. 473, n. 199 (New York, Metropolitan Museum of Art), Antico Cicladico II: 2700-2400/2300 a.C.
[130]Vedi, ad esempio, la decorazione del corpo a punteggiato e striature nel dorso di una statuina in terracotta da Dikili Tach, nel neolitico recente: ZERVOS, 1963, p. 380, fig. 548, p. 636, n. 568, nel Museo di Atene.
[131]Si veda HOCKMANN, 1976c, p. 187 ss., p. 394, 542: idolo in forma di violino, tipo Cayenar, antico Bronzo III (3200-2700 a.C.), p. 395, 545-546, p. 559, nn. 548-549, tipo ed età come sopra.
[132]RENFREW, 1976, p. 234, fig. 73, p. 438, n.73: Columbia, Università Missouri, p. 234, fig. 74, p. 438, n.
[133]PORADA, 1974, p. 158, fig. 51, a, n. 51: Museo Iraq di Bagdad.
[134]ZERVOS, 1963, p. 326, fig. 431, p. 633, n. 431.
[135]LILLIU, 1988, p. 251.
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