Archivio di dicembre, 2009
Scritto da carlo moretti
“Il Natale mi fa pensare a quelle anfore romane che ogni tanto i pescatori tirano fuori dal mare con le loro reti, tutte ricoperte di conchiglie e di incrostazioni marine che le rendono irriconoscibili. Per ritrovarne la forma, bisogna togliere tutte le incrostazioni. Così il Natale. Per ritrovarne il significato autentico bisognerebbe liberarlo da tutte le incrostazioni consumistiche, festaiole, abitudinarie, cerimoniose, eccetera, eccetera. Poi si vedrebbe”.
Betlemme si presenta alla vista in maniera non dissimile da tante piccole città dell’Umbria e della Toscana, in cima ad una collina, con le case arrampicato sul pendio e la basilica della Natività bene in vista sopra uno sperone. ù un luogo montanino, Betlemme, e nella piazza, davanti al sagrato, soffia un vento freddo che spazza le pietre del lastricato. Per la piazza girano i soliti venditori di ricordi, di rosari e di immagini; ma, al contrario di Gerusalemme, qui sono più discreti, e almeno un ricordo tra la tanta paccottiglia che offrono ha una sua grazia: un cartoncino sul quale sono incollati alcuni fiorellini freschi della collina di Betlemme. Come, poi, entriamo nella basilica della Natività, il passaggio dalla natura gentile e poetica all’antichità venerabile del tempio è anch’esso reminiscente dell’Italia: a questo modo, sopra paesaggi luminosi e puri, in piccole città vetuste, si aprono anche i portali anneriti delle chiese più antiche e più ispirate della provincia italiana.
La basilica della Natività, al contrario del Santo Sepolcro, è un luogo tranquillo, preservato, e persino negletto. Le dispute tra latini e greci, talvolta addirittura sanguinose, hanno portato la basilica alla presente condizione che sembra richiedere urgentemente un avveduto restauro. Polvere nera, di secoli, vela il marmo, che fu già rosso, delle colonne monolitiche e i capitelli corinzi; sopra gli architravi, là dove non affiorano alcuni brani, anch’essi anneriti, degli splendidi mosaici, l’intonaco è caduto in più punti, scoprendo l’ammattonato; un muretto ignobile, mezzo sgretolato, divide la navata centrale dall’abside. Eppure, forse appunto per questo abbandono che ne garantisce l’autenticità, la basilica è oltremodo commovente: essa documenta con le sue pietre il passaggio senza soluzione di continuità dall’arte pagana a quella cristiana; permette di rivivere il momento unico in cui la nuova fede ridiede vita profonda ai vecchi stili esausti. La basilica, nonostante le molte vicende, è rimasta, a quanto pare, sensibilmente qual era nell’anno 330 dopo Cristo quando fu edificata per ordine della madre di Costantino. Tra tutti i miracoli di questo paese miracoloso, la preservazione di questa chiesa costruita sulla grotta dove nacque Gesù, è senza dubbio uno dei più notevoli. E si vuol ricordare come un tratto strano e potente, che perfino l’invasione persiana di Cosroe, la più spietata e disastrosa che mai ebbero a subire queste disgraziate contrade, si fermò sulla soglia della basilica grazie ad un particolare assai significativo: le vesti persiane che in un antico mosaico indossavano le figure dei tre re magi.
Per rozzi e angusti scalini si discende, dietro all’altare, alla grotta della Natività. È un antro oscuro e irregolare, e la mangiatoia, che normalmente nelle stalle è di legno, vi era invece scavata nella viva roccia, in forma di piccola vasca. Gli animali del presepe si vedono tuttora per le straducce di Betlemme: gli asini bianchi dai grandi occhi neri, i buoi striminziti, le magre vaccherelle di questo paese sassoso, le pecore, le capre. La tradizione anche qui è perfettamente credibile: Gesù nacque sulla paglia che serviva da letto ai pochi animali di questa piccola stalla; appena nato, fu deposto nella mangiatoia ricavata nella roccia; e gli animali che sporgevano il loro muso verso questa mangiatoia e che, forse, cercarono di continuare a mangiare tirando via i fili di paglia da sotto il corpo del neonato, lo riscaldarono così, naturalmente, con il loro fiato. Il destino terreno di Gesù, d’altronde, è legato oltre che ai paesaggi rnistici e luminosi della Palestina anche a queste grotte che dovunque si aprono nel terreno roccioso. Altra grotta assai profonda, questa in piena Gerusalemme, serviva probabilmente, da tempo immemorabile, da prigione. Oggi vi si scende in processione per vedere il luogo buio e sconfortante in cui Gesù fu imprigionato con Barabba. E come la mangiatoia appare scavata nella roccia viva, così nella prigione di Cristo sono scavate nella roccia le maniglie di pietra alle quali i due prigionieri furono assicurati per i polsi. Colline soavi e sparse di ulivi e di cipressi, grotte oscure e anfratti: così, erano nel vero i nostri pittori primitivi che pur non avendo mai visitato la Terrasanta, diedero nei loro quadri una descrizione di questi luoghi che non potrebbe essere più esatta, con una chiaroveggenza che non si può attribuire alla candida fede che li ispirava.
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Scritto da carlo moretti
L’Associazione Culturale Coro “Boghes e Ammentos” di Ittiri il 27 Dicembre organiza la VII° Rassegna denominata “Cantigos de sos tres Res”; la manifestazione iniziera alle ore 19:00 partendo o dal piazzale antistante la chiesa San Francesco oppure all’inizio della piazza del Comune (Santa Rughe ), proseguirà in Corso Vittorio Emanuele verso l’ incrocio con via Marconi si concludera l’itinerante con 3-4-5 fermate d ‘intrattenimento con canti e balli al termine in parata si procede per via XXV Luglio diretti verso Il Teatro Comunale dove verso le ore 21 si iniziera lo spettacolo conclusivo da parte degli ospiti presenti che ci faranno compagnia. Insieme a noi Del Coro Boghes e Ammentos di Ittiri, ci saranno gli amici Del Coro Ortobene di Nuoro diretto dal grande Alessandro Catte, gli amici del Coro Maurizio Carta di Oristano, i nostri amici e vicini di casa il Gruppo Folk San Giorgio di Usini, gli amici del Gruppo San Lussorio di Borore e i nostri amici del Coro de Tzaramonte di Chiaramonti diretti dal M° Salvatore Moraccini.
L’Associazione Culturale Coro “Boghes e Ammentos” con la Rassegna “Cantigos de sos Tres Res”; Manifestazione di canti e balli itineranti,intende far conoscere e rivivere quella che era una pratica diffusa nella nostra comunità, durante le festività natalizie. In quel periodo infatti, persone che appartenevano alle famiglie più povere, andavano di casa in casa chiedendo del cibo, vestiario o quanto potesse essere loro utile, dal momento che si trattava di persone poverissime che vivevano in condizioni di disagio. Questa particolare “questua” si svolgeva proprio durante le festività natalizie e più precisamente dal 25 Dicembre, giorno della Natività, al 6 Gennaio, momento d’incontro fra i Magi e Gesù. Come mai in questo periodo? Occorre a tal fine considerare una delle caratteristiche del popolo sardo: l’orgoglio che lo identifica. Ciò faceva sì che l’indigente, pur trovandosi in condizioni di disagio non osava chiedere l’elemosina, ”pedire”, perchè ciò sarebbe stato estremamente umiliante e disonorevole. Ma durante il periodo natalizio, approfittando del fatto che le persone si mostrano più buone e disponibili, si iniziò pian piano a recarsi nelle case di più abbienti a raccogliere ciò che veniva donato, offrendo in cambio una benedizione, dei saluti un augurio senza il timore di venire considerati o definiti mendicanti, “pedidores”. Col passare del tempo una tale pratica, assume via via maggiori connotati di costume: all’aspetto che ne aveva dato il via, si vennero ad assimilare tutte quelle manifestazioni di gioia e festa che caratterizzano ancora oggi la Sardegna, e cioè i canti e balli improvvisati per le strade per accompagnare quasi il corso delle feste natalizie, e simbolicamente la cometa che richiama i Magi e ne guida la via sino all’incontro con Gesù. Attualmente si è perso l’uso di questa antica tradizione di cui è rimasto solo il tratto conclusivo come a Ittiri, e in alcuni centri del Logudoro, si usa infatti ricordare l’arrivo dei Magi nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio (Epifania), con gruppi di cantori che si recano nelle case proponendo i canti tradizionali propri del periodo Natalizio che si sono conservati sino ai giorni nostri, al termine dei quali viene offerto a tutti da mangiare e da bere, in modo da salutare cosi tutti insieme le feste che se ne vanno.
Scritto da Gianluigi Marras
Il 12 dicembre 2009 si è tenuto a Martis l’incontro “Anglona Medievale. Villaggi Medievali Abbandonati. Storia Documenti Archeologia”, organizzato dall’unione delle ProLoco dell’Anglona in collaborazione con il Comune di Martis e il Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari.
La conferenza è il coronamento della manifestazione “Ajò in Anglona” che si è svolta durante la primavera e l’estate in buona parte dei paesi dell’Anglona, con lo scopo di mettere in evidenza i valori e le ricchezze locali, di tipo culturale, naturale e turistico. Con tale appuntamento, che le ProLoco hanno intenzione di ripetere a scadenza annuale, si vuole allargare questa manifestazione all’ambito scientifico-divulgativo, allungandone inoltre l’arco di tempo coperto.
Per dare un breve inquadramento storico sul tema dei villaggi medievali abbandonati bisogna ricordare che fra il XIV e il XV secolo si verificò in Europa un momento di riassetto demografico ed economico dovuto ad una serie di eventi negativi quali la peste nera del 1348, varie guerre e continue carestie. Tale riorganizzazione portò alla scomparsa di migliaia di insediamenti rurali in tutto il continente, pur con varie differenze fra le diverse aree, e allo spostamento della popolazione superstite nei centri maggiori, in certi casi, oppure all’insediamento sparso in altri. In Sardegna nella prima metà del Trecento inizia la conquista aragonese cui si aggiunse anche la deleteria epidemia del 1348-49 e lo stato di guerra fra gli Aragonesi, il Giudicato di Arborea e i Doria. Tutti questi fattori causarono l’abbandono di circa 800 centri, specialmente nei territori costieri e ad economia agricola.
Tale tematica è stata dapprima affrontata da storici e geografi, con la compilazione degli atlanti redatti da J. Day e da A. Terrosu-Asole, ma dal 1995, data d’inizio degli scavi archeologici a Geridu (Sorso-SS), diretti dal prof. Marco Milanese, si è avuto però un approccio archeologico al problema.
Oltre gli scavi stratigrafici sono molte importanti le ricognizioni, che oltre a fornire informazioni di tipo cronologico e storico, permettono di perimetrare i siti occupati da insediamenti medievali scomparsi, sempre più spesso minacciati da lavori agricoli e di espansione periferica dei centri abitati.
Il convegno, moderato e preparato da Domenico Sanna di Sedini, ha dunque posto all’attenzione dei numerosi intervenuti lo stato della ricerca nei comuni dell’Anglona, regione che negli ultimi 15 anni è stata interessata da un gran numero di studi storici, toponomastici e archeologici sul tema in esame, grazie all’opera di Mauro Maxia, Giancarlo Pes, Giuseppe Meloni, Alessandro Soddu, Enrico Basso e di Marco Milanese e la su equipe di archeologi.
Dopo i saluti del sindaco di Martis, Piero Solinas, che ha voluto ricordare i numerosi convegni svoltisi negli ultimi 10 anni a Martis e la pubblicazione del volume delle Cronache di Archeologia dedicato al suo comune, e dell’assessore provinciale all’Ambiente, Pino Ortu, che ha affrontato il tema della valorizzazione e del turismo, Domenico Sanna (laureando in Archeologia Medievale con una tesi sul villaggio abbandonato di Speluncas in comune di Sedini) ha introdotto la serata sottolineando l’importanza dell’Anglona per la tematica dei villaggi medievali abbandonati e la presenza di studiosi originari della stessa regione.
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Scritto da carlo moretti
Concludiamo il 2009 con una posizione in classifica esattamente contraria a quella del 2008, quando vincendo con il Li Punti abbiamo conquistato la testa della classifica, entusiasmando i tifosi e concludendo il campionato di terza categoria nel migliore dei modi.
Quest’anno il pacco natalizio sono gli altri a consegnarlo a noi relagandoci nel fondo della classifica.
Anche le trasferte a quanto pare non sono più seguitissime dalla tifoseria che l’anno scorso irrompeva numerosa negli spalti dei campi avversari. E’ vero che l’amore verso gli altri è più difficile quando non si primeggia, ma è anche vero che in questi momenti di disorientamento la squadra ha ancora più bisogno di essere sostenuta e non affossata con polemiche e accuse spicciole da tavolino del bar.
Ora, prima del prossimo incontro, che in calendario risulta il 6 gennaio e prego vivamente i dirigenti di segnalare eventuali cambiamenti in corso, tutto lo staff ha a disposizione del tempo per riflettere sulle contromisure da adottare al fine di uscire fuori da questa brutta situazione.
Nel frattempo auguro a tutti un Santo Natale e un Felice Anno Nuovo.
Sempre FORZA CHIARAMONTI, NOI SIAMO CON VOI!!!!!
Ecco i risultati delle altre partite, il prossimo turno e la classifica del girone:
Scritto da carlo moretti
Stasera, i giovani di Chiaramonti in collaborazione con la Parrocchia e la Pro Loco, vogliono proporre con la rappresentazione del Presepio vivente, un Natale diverso dal solito di luminarie stanche e luci intermittenti.
Anche l’arrivo di Babbo Natale in piazza sarà una novità e speriamo, che lo spirito natalizio del buon Gesù, ogni anno vero protagonista del Natale in quella povera grotta di Bethlehem, sia il vero augurio che tutti andremo a scambiarci.
Ecco il programma delle manifestazioni:
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Scritto da carlo moretti
Nascita di Gesù. Dopo un certo periodo accadde che si facesse un censimento a motivo di un editto di Cesare Augusto, e tutta la terra si fece iscrivere, ognuno nella sua patria. Questo censimento fu fatto dal preside della Siria, Cirino. Fu dunque necessario che Giuseppe, con Maria, si facesse iscrivere a Betlemme, poiché Giuseppe e Maria erano di qui, della tribù di Giuda e della casata di Davide.
Mentre Giuseppe e Maria camminavano lungo la strada che conduce a Betlemme, Maria disse a Giuseppe: “Vedo davanti a me due popoli, uno piange e l’altro è contento”. Giuseppe le rispose: “Stattene seduta sul tuo giumento e non dire parole superflue”. Apparve poi davanti a loro un bel giovane vestito di abito bianco, e disse a Giuseppe: “Perché hai detto che erano parole superflue quelle dette da Maria a proposito dei due popoli? Vide infatti il popolo giudaico piangere, essendosi allontanato dal suo Dio, e il popolo pagano gioire, perché oramai si è accostato e avvicinato al Signore, secondo quanto aveva promesso ai padri nostri Abramo, Isacco, e Giacobbe: difatti, è giunto il tempo nel quale, nella discendenza di Abramo, è concessa la benedizione a tutte le genti”.
Ciò detto, l’angelo ordinò di fermare il giumento, essendo giunto il tempo di partorire; comandò poi alla beata Maria di discendere dall’animale e di entrare in una grotta sotto una caverna nella quale non entrava mai la luce ma c’erano sempre tenebre, non potendo ricevere la luce del giorno. Allorché la beata Maria entrò in essa, tutta si illuminò di splendore quasi fosse l’ora sesta del giorno. La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. Qui generò un maschio, circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stette ritto sui suoi piedi, ed essi lo adorarono dicendo: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.
Era infatti giunta la nascita del Signore, e Giuseppe era andato alla ricerca di ostetriche. Trovatele, ritornò alla grotta e trovò Maria con il bambino che aveva generato. Giuseppe disse alla beata Maria: “Ti ho condotto le ostetriche Zelomi e Salome, rimaste davanti all’ingresso della grotta non osando entrare qui a motivo del grande splendore”. A queste parole la beata Maria sorrise. Giuseppe le disse: “Non sorridere, ma sii prudente, lasciati visitare affinché vedano se, per caso, tu abbia bisogno di qualche cura”. Allora ordinò loro di entrare. Entrò Zelomi; Salome non entrò. Zelomi disse a Maria: “Permettimi di toccarti”. Dopo che lei si lasciò esaminare, l’ostetrica esclamò a gran voce dicendo: “Signore, Signore grande, abbi pietà. Mai si è udito né mai si è sospettato che le mammelle possano essere piene di latte perché è nato un maschio, e la madre sia rimasta vergine. Sul neonato non vi à alcuna macchia di sangue e la partoriente non ha sentito dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta”.
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Scritto da carlo moretti
Aspettando che termini il vertice sul clima a Copenaghen ……….
Marzia era stufa di trascorrere il Natale sempre allo stesso modo.
Lo aveva confidato a Lazzaro, suo marito, il quale però n’era rimasto dispiaciuto.
Egli trovava stimolante, infatti, rinnovare tutti gli anni l’antica tradizione dell’albero e del presepio. Con i suoi ragazzi passava straordinarie ore in allegria quando tutti assieme caricavano i rami di neve e di palline colorate.
Quest’ultime, muovendosi da sole, mutavano continuamente posizione e colore con spostamenti lenti, sempre accompagnati da una dolce musica; e così anche la neve, una volta posati i fiocchi sull’albero, si alzava al soffitto da sola e lievemente precipitava ad imbiancare i rami con intermittenze regolari e suggestive.
Contemplava quei giochi di colori sempre a bocca aperta.
I figli ogni anno facevano addirittura a gara per escogitare combinazioni nuove e divertenti.
Anche il presepio subiva di anno in anno continui rinnovamenti.
La mucca e l’asinello prima della mezzanotte di Natale se ne andavano in giro per la stalla e solo allo scoccare dell’ora mirabile si sdraiavano intorno alla culla a riscaldare Gesù bambino. I pastori suonavano i loro zufoli; belavano le pecore mentre si avvicinavano alla mangiatoia.
La cometa poi compariva nel cielo già qualche giorno prima, e da sola lentamente si spostava in direzione della grotta, dove si fermava a risplendere in tutto il suo fulgore proprio nel momento che dalla chiesa vicina si levava festoso il suono delle campane.
Che cosa c’era di più bello che attendere così tutti insieme sotto l’albero e davanti al presepio il Santo Natale?
Ancora si celebrava in inverno il Natale, ma la stagione non era più così fredda come lo era stata tanti secoli prima. Sui libri avevano letto che nel periodo natalizio, soprattutto sulle montagne e qualche volta anche nelle città dell’Italia settentrionale, cadeva la neve e tutto il paesaggio si faceva suggestivo. Anche al Sud c’era stato un periodo che nevicava come al Nord e i graziosi paesini abbarbicati sulle montagne a picco sul mare si coloravano di bianco e parevano usciti dalle fiabe.
Ora invece la neve non cadeva più in Italia da qualche secolo; il clima si era fatto più mite anche nella stagione invernale e c’erano poche differenze tra l’estate e l’inverno, anche se l’ultima stagione dell’anno restava sempre la più fredda.
La neve bisognava andarla a cercare lontano, vicino ai Poli. Soltanto lì la si poteva ammirare. Appena al di sotto delle calotte polari già non la si incontrava più.
Marzia aveva nostalgia di quei tempi passati, e tutte le volte che aiutava i suoi a fare l’albero e il presepio, quando arrivava il momento di mettere i fiocchi di neve sui rami o sui monti di cartapesta, sentiva dentro di sé scuoterla un brivido sottile.
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