27
giu
2010
Vita e morte nell’Ottocento a Chiaramonti. L’inventario della stanza di morte del vice vicario. A cura di Angelino Tedde.
Riprendiamo il mesto itinerario del nostro villaggio ottocentesco, attraverso le opere e i giorni dei nostri trisavoli e bisavoli, osservando il loro ciclo della vita e del tempo, i loro affari, i loro atti di fede di fine vita e le loro ultime volontà che li accomuna nel lasciare tutto agli eredi. Nella tomba non portano niente.
Sono seppelliti presso l’oratorio di Santa Croce nel cuore del paese, nel punto in cui il pendio di Codinarasa (432 circa msm) e quello del Monte di San Matteo (470 circa msm) s’incontrano e si saldano in un abbraccio, oppure sono seppelliti presso San Matteo al Monte o nella chiesa del Carmine o nell’oratorio della Vergine del Rosario. E poi la vita continua con gli eredi che disperderanno inesorabilmente quanto gratuitamente ereditarono oppure vi si attaccheranno sordidamente, per lasciare a loro volta tutti i beni ad altri eredi. Gli abitanti di Chiaramonti nascevano, vivevano per un tempo più o meno lungo e morivano. Il loro ricordo in parte si conserva nelle carte ufficiali o private, in parte si tramanda nella memoria storica dei suoi abitanti, ma poi il tempo tutto consuma e stravolge.
Ho fatto una pausa dall’ultimo contributo, immalinconito dall’esame di tutti gli affari e testamenti e sono andato quasi in crisi nella lettura dell’inventario del vice vicario.
Vi confesso anzi che l’ho sognato, sollevarsi scheletrico, in una cappella della chiesa di San Matteo al Monte e con fare lamentoso mi ha detto:
“Hai già detto troppo di me, non pubblicare l’inventario, daresti solo esca agl’increduli tenaci. Tra i lettori non tutti capirebbero come andavano allora le cose e tu, miserrimo, assai vicino alla morte, tra i tuoi tanti peccati, ti porteresti anche quello di non aver rispettato i morti, lasciandoli riposare in pace!”
Nel sogno ho cominciato a tracciare segni di croce sullo scheletro parlante, mentre gli rispondevo: ” Don Baingio, calmati, dirò che, secondo la leggi dell’antico regime, eravate costretti a fruire di un reddito per diventare preti. E poi oggi che cosa possono dire gli abitanti di Chiaramonti? Tutti posseggono una casa, alcuni ne hanno più d’una, altri hanno vigne e campi e ben 132 hanno pecore e altri animali. E chi non possiede animali ha una pensione o uno stipendio e chi non ha niente mangia a carico dei genitori o dei nonni. Che cosa possono dire di te! Calmati. Requiem aeternam donet tibi domine et lux perpetua luceat tibi. Requiescas in pacem! Amen.”
Lo scrocchiare delle ossa dello scheletro parve calmarsi ed io mi risvegliai rasserenato. Ed eccomi a voi sia pure un po’ intimorito a riprendere il filo interrotto del discorso.