Archivio di marzo, 2012
Scritto da carlo moretti
Capitolo 5
Un’antica epigrafe in gallurese
È invalsa, fra gli studiosi, l’opinione che la colonizzazione còrsa del Nord-Est della Sardegna e la conseguente introduzione del dialetto gallurese siano un fatto relativamente recente, da inquadrare fra il XVII e il XVIII secolo. 67 In realtà si tratta di una visione tradizionale mai sottoposta a verifica.
Una serie di dati consente infatti di retrodatare la presenza còrsa in Gallura almeno alla metà del ’500 e, relativamente alla contigua regione dell’Anglona, al pieno ’400. Sotto questo profilo ci occuperemo qui di un’epigrafe che si osserva all’esterno dell’abside della chiesa romanica di Santa Vittoria del Sassu (Perfugas, Sassari).
1. La chiesa di Santa Vittoria del Monte Sassu.
La chiesa campestre di Santa Vittoria è situata in uno spiazzo alle pendici settentrionali del Monte Sassu 68, nella regione storica dell’Anglona, antica curatoria del Regno di Torres. 69 Si tratta di piccolo edificio romanico risalente al XII secolo.
Il titolo di Santa Vittoria del Sassu si rileva in una tabella lignea affissa all’interno della chiesa, con la quale il vescovo Diego Capece nel 1836 concedeva quaranta giorni d’indulgenza a coloro che vi si fossero recati a pregare. Il fatto che la curia ampuriense, cui si deve la commissione della tabella, indicasse il toponimo Sassu sembra significare che quello citato sia l’originario titolo ufficiale del monumento.
In letteratura la sua prima citazione è riportata nel lavoro enciclopedico di Vittorio Angius 70, che la ricordava col titolo di Santa Vittoria di Campu d’Ulumu, il quale riflette la denominazione della più vicina località abitata. In seguito ne fece cenno il Pellizzaro col titolo di Santa Vittoria di Erula, datandola all’ultima fase del romanico sardo 71. La chiesa venne infine citata da P. Sella, che localizzò erroneamente nel suo sito il villaggio medievale di Gavazana 72. Egli, identificando il titolo di Santa Vittoria, antica parrocchiale di Gavazana, con la chiesa in questione stabiliva un’identità pur senza disporre di alcun elemento per sostenere tale tesi. In realtà il villaggio medievale di Gavazana sorgeva nella località detta attualmente Battána, a metà strada fra Perfugas e Laerru, dove si conserva ancora il toponimo Santa Vittoria 73. Purtroppo, come spesso accade, l’errata indicazione del Sella continua ad avere riflessi ogniqualvolta la chiesa in questione venga citata in lavori che hanno per tema i monumenti medievali dell’Anglona.
Di recente, infatti, seguendo l’opinione di quello studioso, sono incorsi nella medesima svista anche P. Marras 74 e R. Coroneo 75.
Il sito dove sorge la chiesetta dovette appartenere in origine al villaggio scomparso di Bangios, un tempo situato al piede settentrionale del Sassu, circa quattro chilometri in linea d’area Leggi tutto »
Scritto da ange de clermont
Il giorno successivo alla perizia medico – legale, tiu Giuannandria Movimentu preparò una bara grezza, per il morto Antonio Pedde e con l’aiuto del becchino Birrocu, alla presenza di un parente inchiodò il coperchio sulla bara. Alle 9 del mattino giunse il vicario dalla parrocchiale preceduto da un corteo di dieci chierichetti, in tonaca rossa e cotta bianca, il più grandicello, portava tutto pomposo la croce di legno nera, mentre dopo il vicario seguivano il prof. don Grixone, il vice vicario don Arica e i due chierici maggiori Lucio Foe e Matteu Pedde. Dietro il clero seguivano la moglie e le due figlie del defunto con le consorelle delle Vergine del Rosario e i confratelli della Santa Croce. Tutti rispondevano ai versi del Miserere intonato dalla stentorea voce di don Grixone.
Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam./ Amplius lava me ab iniquitate mea: et a peccato meo munda me…
Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; /nella tua grande bontà cancella il mio peccato./Lavami da tutte le mie colpe,/mondami dal mio peccato…
Davanti al convento carmelitano abbandonato altri miramontani erano in attesa del corteo, disquisendo sul morto, su chi l’avesse eliminato, sul mistero della protòme taurina, sugli altri archeologos sardos di Miramonti, ma soprattutto su Andria Galanu, additato come il sicuro assassino di Antonio Pedde. Tutti concludevano: si detestavano troppo, non può essere che Andria.
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Scritto da carlo moretti
Custa est un’àtera parte de sa regolta de mutos de su biadu de tiu Pedru Brundu de Santu Giuseppe de Tzaramonte. Sende minore, los apo intesos cantare dae isse etotu, acumpanzadu cun su sonu de sa chiterra de babbu meu Tigellio Mannu. In cussos tempos, est a nàrrere in sos annos 60, su càntigu a chiterra fit pretziadu meda; si cantaiat in totu sas ocasiones de festa, cojuos batijimos, crijimos e a finitia de sos trabaglios de su massariu e de su pastoriu, chene ismentigare sas serenadas e su cantare de sas feminas, massimu a totu cando faghiant trabaglios longos e in cumpagnia.
M’ammento chi, a s’ispissa, babbu recuiat a domo cun calchi amigu chi ischiat cantare, tando si calecunu de su bighinadu si nd’abizaiat, tzocaiat sa janna de domo e pediat su piaghere de la tènnere abberta pro intèndere mezus sa cantada. Fit istadu abberu una làstima a pèrdere custos mutos, ca medas non intames de esser ammentados non s’agatant mancu iscritos .
In sa punta ‘e Limbara
B’ant postu s’antenna
Pro sa televisione,
Deo ti devo amare
Pro una vida eterna
Cun vera passione.
Si si pesant sos bentos
Abbolotant su mare
Che grande temporada,
Si nde sezis cuntentos
Bos chelzo dimandare
De sa nostra cantada.
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Scritto da carlo moretti
Scritto da carlo moretti
8 marzo 1908, Stati Uniti. L’assenza di sistemi di sicurezza e le pessime condizioni di lavoro causano un grave incendio nell’industria tessile Cotton, una fabbrica ad alta concentrazione di lavoratrici. Nelle fiamme perdono la vita 129 donne, rimaste imprigionate nella fabbrica: Mr. Johnson, il proprietario, usava chiudere le porte durante l’orario di lavoro, per impedire agli operai di uscire.
In ricordo della tragedia, sin dagli anni immediatamente successivi al suo accadimento, negli Stati Uniti si organizzano celebrazioni per commemorarla.
Presto l’importanza di questa data, 8 marzo, varca i confini americani: si diffonde in tutto il mondo grazie alle associazioni femministe e diventa il simbolo dei maltrattamenti che la donna ha dovuto subire, ma anche il punto di partenza del proprio riscatto.
Nel secondo dopoguerra l’UDI, Unione Donne Italiane, sceglie un fiore per questa ricorrenza: la mimosa, profumatissima e impalpabile, povera e selvatica, ma che subito si carica di una precisa connotazione politica. Sin dal momento della loro scelta, i grappoli gialli delle mimose diventano il simbolo delle donne e del loro combattere insieme.
Scritto da carlo moretti
Chissà si forrojende in sos alzìos,
inue sos ranzolos a iscampiàdas
s’an tessidu tramas e afficos,
pot’agattare, a oros chena biccos,
retrattos de cuddos giajos mios,
ch’in ammentos no appo
nè in fentòmos.
E l’ app’a isterrer
sas pijas ischizidas
pro ch’’ider intro
su risittu cuadu,
in prammu ‘e manu
un’iscutta torradu
a connoscher de nou
lughe ‘ia.
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Poesia |
Scritto da carlo moretti
Capitolo 4
Interferenze corse in documenti dei secc. XIV-XV
Sotto il profilo storico la questione della colonizzazione còrsa della Sardegna settentrionale è rimasta a lungo inesplorata. Soltanto di recente una serie di studi sta mettendo in luce una realtà che era sottesa da una salda presenza linguistica 54. In realtà una forte presenza dei còrsi è attestata, per la città di Sassari, fin dai secoli XIV-XV 55.
L’epigrafe di Santa Vittoria del Sassu (v. cap. 5) in apparenza sembrerebbe rappresentare un documento avulso da un contesto linguistico che finora gli studiosi avevano ritenuto caratterizzato dalla presenza del solo logudorese.
In realtà è sufficiente gettare uno sguardo attento su alcuni documenti bassomedievali per rendersi conto che il còrso vigeva da tempo nel settentrione sardo e che forse in alcune zone stava già soppiantando la lingua originaria. Sotto il profilo fonetico non è difficile dimostrare che diversi prestiti del dialetto gallurese furono acquisiti prima del ’500. Basti pensare a risoluzioni come dècchitu “elegante” dove la velare sorda, al pari dell’identica forma del moderno logudorese, si è cristallizzata senza seguire la regolare evoluzione k > g. La forma gallur. suiɖɖátu “tesoro nascosto” risulta più arcaica rispetto allo stesso logud. siɖɖádu. Essa parrebbe derivare dal logud. ant. sigillu evolutosi fin dal Duecento in siillu col regolare dileguo della velare sonora intervocalica 56.
È da quest’ultima forma che potrebbe essersi svolto il gallur. suiɖɖátu con cacuminalizzazione della liquida intensa e dissimilazione i-i ~ u-i delle due vocali iniziali trovatesi in contatto per la caduta della precedente -g-. La relativa trafila sarebbe la seguente: logud. ant. siillu > *siillatu (> logud.mod. siɖɖádu) > gallur. suiɖɖátu. Tuttavia, gall. suiddatu può costituire, più probabilmente, una variante dileguata di crs. oltrm. suviɖɖátu (Sotta).
Un altro esempio può essere fornito dall’avverbio chizzu [’kits:u] “presto, di buonora” che non può derivare dal logud. moderno chitto. La base è rappresentata infatti dal logud. ant. kitho < CITIO per CITIUS 57. Ora, siccome la forma logudorese moderna si è sviluppata verosimilmente entro la metà del XV secolo 58, si deve ritenere che anche la variante gallurese sia insorta entro il medesimo periodo storico.
Allo stesso modo si possono portare ulteriori prove che il còrso era vitale in Sardegna durante il Trecento e forse anche nel secolo precedente. Questa ipotesi appare valida soprattutto per le colonie còrse che dovevano essersi stabilite nei maggiori centri della Sardegna settentrionale e nei capoluoghi delle curatorie (Sassari, Sorso, Castelsardo, Tempio, Terranova). Sia sufficiente citare il suffisso –ára che compare in toponimi importantissimi come Limbara, Tavolara, Molara, Asinara, alcuni dei quali sono documentati già nel basso medioevo. Si tratta di un caratteristico suffisso còrso attestato, appunto, anche nella Sardegna settentrionale 59.
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