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Archivio di giugno, 2012

Fogos de Santu Juanne in Tzaramonte 23 de Lampadas 2012 – Tradizionali fuochi di San Giovanni 23 giugno 2012

Scritto da carlo moretti

Sapadu sera, a sas otto e mesa (20:30) in Piatta e s’istradone, su Coro de Tzaramonte e su Gruppu Folk Santu Mateu, dà su bandu chi, pro chi hat piaghere de sighire sos traditzionales fogos de Santu Juanne torrados in usu dae s’annu passadu e chi mancaiana in bidda annos meda, nos incaminamus umpare pro faghere unu giru de sa idda ballende e cantende in tundu a sos fogos preparados in Sas Rocchittas, in Litu, in Piatta e s’Istradone e concluende in Piatta ‘e Santu Juanne inue su fogu ada essere in usu finu a tardu pro sos fittianos chi cheren brincare.

Setzis tottu invitados a bennere e a bos unire in canto e ballos, e de sicuru a brincare su fogu cun chie disitzades compare o comare de “fogarone”.

Sa serada ada continuare cun sa presenzia de s’iscola de ballu “Dancing Fly”.

Ringratzio a tottu.

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Sabato sera, alle 20:30 in Piazza Repubblica, il Coro de Tzaramonte e il Gruppo Folk Santu Mateu, invita quanti vogliano seguirci nei tradizionali “Fogos de Santu Juanne” rivisitati dopo diversi anni e, ritrovarci insieme per seguire un percorso itinerante nelle vie del paese con canti, balli e “Fogos” in alcuni punti: Sas Rocchittas (nei pressi di via G.Falchi), in Litu (via Grazia Deledda), Piatta e s’Istradone (Piazza Repubblica) e punto finale Piatta ‘e Santu Juanne (Piazza della Costituzione) dove il fuoco persisterà fino a tarda notte per chi desidera provare il tradizionale salto.

Siete tutti invitati a partecipare uniti con canti e balli e, sicuramente a unirvi con chi più desiderate come compari o comari de “fogarone”.

La serata continua e sarà ulteriolmente allietata dalla scuola di ballo “Dancing Fly”.

Grazie a tutti.

Quaderno 3 dei villaggi abbandonati della Sardegna a cura di Marco Milanese – Presentazione in sala consiliare a Chiaramonti

Scritto da ztaramonte

È documentato che dall’alto al tardo medioevo l’isola era popolata da numerosissime ville (chi sostiene 745 e chi oltre mille) che tra il secolo XIII e XIV furono abbandonate o quantomeno persero le caratteristiche abitative precedenti per diventare veri e propri villaggi di epoca moderna con un maggior numero di abitanti, ma assai ridotte rispetto alle ville medievali (circa 290/300).

Le ville in genere potevano avere da dieci a cento fuochi fiscali  e da 40   a 400 abitanti  che pagavano le tasse.

La nostra Orria Pithinna era una di queste ville identificata dall’équipe di Marco Milanese nelle tanche che guardano il fianco ovest di Santa Maria Maddalena e che degradano da Monte Columba. Presso la villa scorreva il rio Iscanneddu secondo gli storici, probabilmente dotato di un mulino ad acqua.

Il villaggio era situato in un crocevia di strade che conducevano a Tatari e a Piaghe a Oesteana de monte (Osilo) a Nugulbi e poi verso Ampurias e Coghinas. Diciamo pure che la villa aveva buone a proficue localizzazioni stradali agricole, aziendali, con abbondanza di terreni seminativi, pascolativi e animali e boschi.

A questo si aggiungano uomini e donne liberi e servi di nobili imparentati, con i giudici di Torres.

La villa di Orria Pithinna

Nell’anno del Signore 1135 quasi sicuramente la nostra villa esisteva come ricordava il toponimo, i documenti storici, e confermano oggi le ricerche archeologiche. All’epoca, dall’altra parte della strada, vale a dire sullo spiazzo che contiguo a sos Renalzos, sito della chiesa e non solo, esistevano fattorie, terreni, boschi, animali e uomini liberi e servi della famiglia dei giudici di Torres. Non sappiamo in che rapporti fossero gli abitanti della villa con la famiglia De Thori, ma di certo nel villaggio abitavano servi legati ad essa da vincoli di servitù e quindi di lavoro e uomini liberi capeggiati dal majore de villa e da altri pochi notabili che la governavano. Esisteva anche la chiesetta parrocchiale del villaggio, intestata a san Nicola, in linea con l’area di sedime dove 70 anni più sarà edificato il monastero.

La chiesa era  retta dal parroco che di certo non aveva da compilare l’anagrafe parrocchiale non ancora istituita. I servi e liberi nascevano e morivano senza lasciar traccia di sé, a meno che non finissero per svariati motivi negli atti notarili dei condaghi o fossero componenti della famiglia giudicale di Torres.

L’abbondanza di seminativi e pascoli che la valle ampia offriva comprendendo in essa la più ricca e abitata di Orria Manna; la presenza forse di un altro mulino ad acqua più a monte, non molto lontano dall’esistente chiesa di Santa Giusta da cui scaturiva un’abbondante sorgente di acqua, inoltre la collina di sos Renalzos forse piantata a vigna,  i boschi più in alto nei pressi de sa Serra e sicuramente nella zona di Nicu, davano agli uomini e alle donne della villa l’opportunità di vivere con una certa agiatezza a patto che si rispettassero le consuetudini.

Una delle tante donne che si recava solitamente a lavare i panni presso il rio, una mattina d’inverno, raccontò alle altre d’aver sentito proprio dalla sorella della protagonista questo fatto

La nascita alla Storia di Orria Pithinna

L’anno del Signore millecentrotrantacinque, forse in una notte di gennaio, a cavallo, percorrendo i tratturi che dall’abbazia di Salvennor, portavano verso Osteana de Montes e Nugulbi, e poi deviavano verso la chiesa di Santa Giusta, Petru de Flumen bussò alla porta della sorella di Maria Pira che abitava  nel primo rione della villa di Orria Pithinna.

La donna, sui 50 anni, aprì, riconobbe al lume di stearica il volto stanco e la pancia tondeggiante della sorella. La fece entrare insieme all’accompagnatore, la invitò a sdraiarsi sul letto di legno con materasso di paglia ed esclamò:

- Che ti è successo Maria?

La donna non rispose, ma Petru de Flumen, uomo libero, originario di Villa Alba, anche lui residente a Salvennor, disse:

-  Sta per sbocciare il fiore che abbiamo seminato a primavera inoltrata, ma tu sai io sono un uomo libero e la consuetudine impedisce che io la sposi. Credo che fermandoci da te fino al parto potremo poi, in barba al priore di Salvennor, sposarci e vivere serenamente.-

- Incosciente, rispose Giusta, sai bene che i monaci di Savennor non accetteranno di buon grado questo matrimonio, essendo lei di pertinenza del monastero. Potevate evitare queste cose e tu già sei uomo di mondo. Maria è serva della chiesa e i suoi frutti appartengono alla stessa chiesa. Di certo il parroco di Santu Nicolau non benedirà le vostre nozze.

 I procuratori di Salvennor in men che non si dica, sapendo che io abito in questa villa, non si faranno attendere anche perché qui è un crocevia di passaggio e dai quattro punti cardinali arriva gente che riferirà dove vi siete rifugiati!-

 Una settimana dopo, nacque un maschietto e anche di fronte all’evidenza il parroco di Santu Nicolau non volle sposare i due fuggiaschi.

Nel frattempo Maria allattava il bambino e la sorella la nutriva come la loro condizione permetteva, pentolame molto grezzo, brocche mal rifinite, mestoli di sughero e legna, non mancava una cassapanca per il pane e nicchie scavate nel muro rustico per sistemare la provvista del lardo. Solo la biancheria di lino locale sembrava dare splendore a quella casa.

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L’Istituto Comprensivo “F. Pais Serra” di Nulvi Con la collaborazione del Comune di Chiaramonti vi invita a partecipare:

Scritto da ztaramonte

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