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La morte apparecchiata a Chiaramonti nell’Ottocento (IV) (1827)

Scritto da angelino tedde

Non abbiamo sotto gli occhi tutti  i testamenti rogati a Chiaramonti nell’Ottocento, perché da quanto sta emergendo dalla loro lettura, sicuramente il testamento poteva essere consegnato, non solo al notaio del luogo di residenza, ma anche ad altro notaio e così per gli atti di compravendita e di altro tipo. In caso di malattia di questo e di un supplente notaio, come abbiamo già visto, poteva accogliere il testamento, nel rispetto dello stesso schema misto religioso e civile ad un tempo, lo stesso vicario parrocchiale.

Tutti i sudditi di Sua Maestà non potevano essere se non credenti per cui non si facevano problemi. L’alleanza fra il Trono e l’Altare funzionava talmente in sintonia che all’ora della Messa Grande o Alta, la domenica venivano chiuse, per ordine del Re, le stesse bettole. Chi poi non si recava a compiere il precetto domenicale veniva segnalato nel Registro dello Stato delle anime come inadempiente.

Per i ragazzi delle scuole normali e per gli stessi precettori benché religiosi vigevano gli obblighi mensili della Confessione e il conseguente accostamento alla Comunione e negli stessi giorni di scuola c’era l’obbligo della presenza alla Santa Messa. In genere si facevano due ore e mezzo di lezione la mattina e altrettanto il pomeriggio. Alla fine delle lezioni il precettore aveva l’ordine di far recitare l’Ufficio della Beata Vergine Maria.

Per non parlare dell’insegnamento della Dottrina Cristiana. Per coloro che non frequentavano la scuola c’era il parroco o uno dei suoi coadiutori o come a Ploaghe le Maestre della Dottrina Cristiana per il catechismo ai fanciulli.

A Chiaramonti i preti non mancavano, oltre al vicario parrocchiale Satta e al suo vice Cabresu,  in paese erano presenti i sacerdoti Matteo Caccioni, Pietro Vincenzo Tedde, Bachisio Usai, l’ex presbitero carmelitano, oriundo bosano, Salvatore Masala,  i tre carmelitani del Convento del Carmine. Per i chiaramontesi i curatori delle loro anime erano numerosi. Del resto come abbiamo visto, solo nel centro abitato c’erano due oratori (Santa Croce e Rosario) senza contare le chiese campestri di Santa Maria de Aidos, di Santa Maria Maddalena presso Orria Pitzinna e di Santa Giusta.

Chi nasceva veniva registrato soltanto in parrocchia negli appositi registri dei battesimi, documentati dal 1638(questi ultimi presso l’archivo storico della diocesi Ampurias in Castelsardo), anche se non mancavano prima delle disposizioni del Concilio di Trento (1565) degli elenchi dei battezzati, persi nel tempo. Quasi inutile ripetere che con i registri menzionati giacevano i registri delle Cresime, quelli dei Matrimoni e delle Sepolture nonché i registri dello Stato delle anime (questi ultimi, salvo qualcuno, quasi del tutto scomparsi in Chiaramonti).

Con essi, la riforma cattolica (detta da uno studioso tedesco e poi pedissequamente dagli altri storici ripetuta “controriforma”) aveva imposto all’Occidente cristiano di confessione cattolica un sicuro progresso civile e un maggior controllo alle bizze dei singoli che talvolta potevano contrarre matrimonio più volte senza che si sapesse la verità sul loro vero stato civile come oggi si dice. Lo stesso rigore della tenuta dei libri parrocchiali (il parroco che non li conservava con decoro poteva essere scomunicato) cominciò ad essere seguita l’istruzione, il reddito e il celibato dei preti, fino al Cinquecento accasati con una moglie e con numerosi pargoli e spesso inadeguati al loro ufficio.

Dal Concilio in poi i vescovi furono drastici. Chi voleva esercitare il sacerdozio doveva restare celibe e chi era sposato si vide spesso inviare in un paese lontano dalla moglie e i figli nati dall’unione. Soltanto con questa severità si riuscì ad inculcare il celibato ai preti sui quali il controllo sociale fece il resto. I parroci furono obbligati alla residenza in parrocchia e a non servirsi di preti da loro stipendiati per la cura delle anime mentre sovente risiedevano in più comodi centri urbani godendosi le prebende.

L’istituzione dei seminari per l’istruzione e l’obbligo di godere di un vitalizio di origine familiare o di un benefattore, prima dell’ordinazione, fu reso obbligatorio con atto notarile. Questa disciplina anche in Sardegna andava avanti ormai da tre secoli favorendo il maggior decoro del clero e della Chiesa e la crescita cristiana dei fedeli. D’altra parte la presenza di numerosi collegi  scolastici nell’isola, grazie alla presenza dei Gesuiti e degli Scolopi che curarono molto l’istruzione dei giovani, destinati alle carriere civili e religiose, avevano favorito la crescita della classe dei letrados ossia degli intellettuali. Alla loro opera si aggiunse quella degli ordini Domenicano, Carmelitano, Francescano giunti in Sardegna in tempi diversi e comunque promotori di promozione umana e di evangelizzazione.

Sacre rappresentazioni, via crucis, predicazioni quaresimali, missioni al popolo, paci e comparatici avevano dato ai diversi strati sociali un senso comune e uno stile di vita più cristiano. La vita dei villici e dei cittadini era permeata dalla nascita alla morte di maggior senso religioso che ben si evidenzia al momento di quella morte che uno studioso assai noto definisce apparecchiata o addomesticata. Del resto i chiaramontesi dell’Ottocento sia che fossero nobili o chierici sia che appartenessero alla crescente borghesia o si dedicassero all’agricoltura e all’allevamento, all’artigianato, o alle rispettive attività come giornalieri, servi pastori o apprendisti morivano più frequentemente a tutte le fasce di età e, salvo i bambini, i più erano consapevoli dell’evento della morte per cui non dobbiamo meravigliarci se facevano testamento con apparente serenità almeno per quel che si può notare nella lettura delle ultime volontà.

Con questa ricostruita atmosfera dobbiamo leggere il testamento di Salvatore Budroni.

“Il notaio Satta Giommaria redige il testamento del nubile (sic) Salvatore Budroni, il quale nomina come erede il proprio zio Pietro Migaleddu. Sono testi Quirico Manca, Giovanni Multineddu, Andrea Cabresu, Giommaria Cossiga e Salvatore Tedde.

Serie Originale, Archiviodi Stato di Sassari. Atti Notarili Busta 1,Vol. 1 Atto n. 41 f. 98 (r) Prima del documento della stessa mano.

Testamento nuncupativo del Nubile Salvatore Budroni del presente villaggio ut infra

L’anno del Signore mille ottocento ventisette e alli cinque Agosto in Chiaramonti

Sia nel nome di Nostro Signore Gesù Cristo, e della pura ed immacolata Vergine Maria, avvocata dei peccatori, in cui ogni anima di fedele Cristiano confida, così sia.

Essendo la morte certa, ad ognuno, che vive, incerto però il suo momento e, ora, conviene a me, Salvatore Migaleddu Budroni di questo villaggio, trovandomi ditenuto in letto d’infermità corporale quasi un anno circa, sano però di tutti i miei sensi, con perfetta memoria, libero udito,e chiara favella, voglio disporre dell’anima mia, beni miei, nella maniera e forma seguente.

Raccomando in primo luogo l’anima mia a Dio, acciochè come si degnò redimerla col suo preziosissimo sangue, così si compiaccia così si compiacerà collocarla nella Celeste Patria, per li meriti della sua Santissima Passione Morte.

Eleggo ecclesiastica sepoltura al mio cadavere entro questa parrocchiale chiesa, lasciando di farmi le spese funerali in libero arbitrio e piacimento del mio stimatissimo mio zio Pietro Migaleddu che per tale lo nomino mio esecutore, curatore dell’anima mia. Interrogato detto testatore dall’infrascritto notaio, in presenza delli sotto segnati testi, se lasciava qualche limosina allo Spedale viciniore, Monte Numario o per la Pia Redenzione delli Schiavi, risponde non lasciare cosa alcuna di essi per essere privo di beni di fortuna di che se ne fa piena fede. Istituisco nei miei beni presenti e futuri, mobili ed immobili, diritti ed azioni a me in qualsiasi voglia tempo spettanti, per qualunque linea paterna o materna, per mio erede particolare, ed universale al mio stimatissimo zio Pietro Migaleddu perché seguito il mio decesso ne disponga a suo libero piacimento, avendomi allevato, ed in suo potere dall’età di nove mesi, mentre non ho conosciuto né Padre, né Madre fuorché a lui che mi ha fatto di Padre e di Madre.

Questo il mio Testamento ed unica disposizione. La quale voglio che valga per tale. E se per tale non valesse., valga per Codicillo. Donazione Causa Mortis.,  per qualunque  altro titolo in diritto valevole, annullando, cancellando, e revocando qualunque testamento, disposizione, che precedentemente a questo avessi fatto, e solo il presente, voglio che abbia il suo intero effetto.

E sia messo nella dovuta esecuzione, per essermi stato letto, e in volgare spiegato dalla sua prima all’ultima linea, in alta e intellegibile voce dall’infrascritto Pubblico Notaio, in presenza dei sotto segnati testimoni di mio ordine chiamati e pregati. Contiene la mia unica ed espressa volontà e l’approvo, ratifico, e lo confermo in ogni parte, per quanto contiene, la mia unica ed  espressa volontà, e pregati dal Notaio i testi come sovra chiamati, pregati che abbiano a sottoscriverlo quelli che lo sanno, non sottoscrivendomi io per ignorarlo come dice .

Diche Testi presenti di questo villaggio ben cogniti di che sono:

Quirico Manca, Giovanni Multineddu, che soscrivono, Andrea Cabresu, Giommaria Cossiga, e Salvatore Tedde che non soscrivono per ignorarlo come dicono; diche

Quirico Manca teste

Giovanni Multineddu teste

Giovanni Maria Satta Pubblico Notaio

Sono Soldi venti moneta sarda dovuti all’infrascritto  Notaio per salario del presente.

“Satta Pubbl. Notaio”

Notiamo in primo luogo come su 5 testi due sono alfabetizzati. Se non li rintracceremo all’Università degli Studi di Sassari è probabile che abbiano frequentato le scuole normali in paese per l’apprendimento del leggere e scrivere e far di conto, che prima d’ora era affidato ai privati precettori. Non si concepiva infatti una scuola popolare o primaria così come si concepirà alla fine del Settecento in Europa sia nelle scuole delle Comunità sia in quelle parrocchiali e sottoparrocchiali come in Polonia.

In secondo luogo stiamo esaminando un testamento in cui di certo c’è solo la professione di fede e l’espressa volontà di questo nipote, quasi figlio che, secondo il formulario notarile, dispone di beni futuri che potrebbero inaspettatamente giungere dal vasto parentado, visto che la frequente morte, con pestilenze, carestie spesso mieteva numerosi abitanti.

La terza osservazione la facciamo su quegli enti che nel formulario potevano essere destinatari di lasciti quali gli ospedali, i monti numari e frumentari, l’opera per la liberazione degli schiavi che le scorrerie barbaresche compivano ancora nelle coste dell’isola. Si aggiunga anche l’istituto delle Figlie della Provvidenza di Cagliari il cui regolamento risale al 1751 che viene menzionato in altri testamenti.

Notiamo anche la volontà del moribondo d’essere seppellito al Monte nel cimitero predisposto accanto alla chiesa parrocchiale di San Matteo e non invece nella Chiesa del Carmine, probabilmente riservata ai nobili e ai confratelli del Terzo Ordine Carmelitano, in abito apposito come è documentato da altri testamenti oppure presso l’oratorio della Santa Croce o del Rosario.

Infine dobbiamo rimarcare la formula iniziale delle verità di fede: morte e passione di Cristo, ausilio della Vergine Immacolata e l’accettazione della morte con evidente rassegnazione.

Avremo modo in altra occasione di fare delle comparazioni con la morte affrettata, improvvisa, imprevedibile spesso, dei nostri giorni, anzi dell’assoluta impreparazione all’evento come dimostrano le sale di rianimazione, quelle di terapia intensiva, e sovente nessuna presenza e conforto religioso. Si muore, sprovvedutamente: di apparecchi alla morte, olio degli infermi (non più Estrema Unizione) qualcosa c’è, ma flebile. Io stesso, per far compagnia ad un ammalato grave anglonese, quasi per dargli un po’ di solidarietà, essendo ricoverato per accertamenti diagnostici, ho ricevuto volentieri l’Olio degli Infermi che spero di poter ricevere quando sarà venuta la mia penultima ora, ma certo ci sarà una bella differenza con la morte apparecchiata del nostro ottocentesco villaggio di Chiaramonti.

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  1. ellezeta dice,

    interessante ricostruzione scritta da mani sapienti dotate di grande erudizione e tecnica

  2. mgrazia dice,

    Interessantissimo spaccato di vita di una piccola cittadina dove forte era il legame tra vita sociale e religiosa. Colpisce l’affidamento dinamico di allora all’attività della Parrocchia che addirittura si poteva sostituire a quella dello Stato (in questo caso il Comune). Sembra, inoltre, di vivere, presenziando, al momento della lettura del notaio, tanto bene è descritto quel momento.
    Faccio i complimenti all’autore che si capisce bene essere di notevole cultura e approfondito studioso dei documenti storici di quella società. Bravo.

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