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Archivio della categoria ‘Utilità comune’

I fedales del ’59 festeggiano il Patrono San Matteo.

Scritto da carlo moretti

Quest’anno gli oneri e i doveri per i festeggiamenti in onore di San Matteo, Patrono di Chiaramonti e della Guardia di Finanza, sono dei fedales del ’59, che hanno redatto il programma per una festa all’insegna dei tempi dei nostri padri, ma anche con l’attenzione dovuta verso i ragazzi che hanno gusti diversi in materia musicale. Si cerca di accontentare tutti, ma purtroppo  gli scontenti ci sono sempre e purtroppo, duole rimarcarlo, sono solitamente gli stessi che quasi mai hanno voluto prendersi la responsabilità di organizzare un qualunque evento nel nostro paese.

I festeggiamenti civili spazieranno quindi dalla musica giovane del promettente gruppo degli “Almamediterranea”, passando per la tradizionale poesia estemporanea del nostro famoso compaesano “Juanne Seu” e concludendo la terza serata con una commedia in “limba” della compagnia teatrale “SA CUVVA” di Ossi.

E con piacere che pubblico la locandina inviatami dal comitato per i festeggiamenti religiosi e civili in onore di San Matteo Apostolo:

COMITATO FEDALES 1959

PROGRAMMA FESTEGGIAMENTI SAN MATTEO APOSTOLO:

FESTEGGIAMENTI CON RITO RELIGIOSO

Da DOMENICA 12 a LUNEDI’ 20 Settembre 2010

- Ore 18.00: Novena di San Matteo nella Chiesa parrocchiale

DOMENICA 19 Settembre 2010

- Ore 18.00: Novena e Santa Messa al Castello dei Doria, accompagnata dal coro femminile della parrocchia di Chiaramonti.

- Processione con fiaccolata e rientro in parrocchia.

LUNEDI’ 20 Settembre 2010

- Ore 18.00: Vespri e Santa Messa nella Chiesa parrocchiale

MARTEDI’ 21 Settembre 2010

- Ore 09.00: Santa Messa

- Ore 17.30: Santa Messa Solenne concelebrata dal Parroco Don Virgilio e da Don Francesco Soddu, cantata dal “Coro Tzaramonte”

- Processione con il Santo Patrono per le vie del paese accompagnata dalla “Banda musicale di Villanova Monteleone”, dal “Gruppo Apostoli – Confraternita di Santa Croce”, dal “Coro Tzaramonte”, dal “Gruppo dei Cavalieri” e da gruppi in costume tradizionale.

FESTEGGIAMENTI CIVILI IN PIAZZA COSTITUZIONE

DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

Ore 16.00 Torneo di “murra” nel cortile del Centro Sociale, in collaborazione con la S.C. Chiaramonti

Ore 21.00 Concerto del gruppo musicale ALMAMEDITERRANEA (BREVE BIOGRAFIA DEL GRUPPO, clicca qui)

LUNEDI’ 20 SETTEMBRE 2010

Ore 21.00 Serata di poesia sarda “PREMIU SANTU MATEU”

« IN AMMENTU DE GIUANNE SEU »

Con la partecipazione dei poeti : CARTA – ZIZI – MASALA – AGUS – LADU – MUREDDU – DONAERA – SCANU – FARINA – PORCU – USAI – SANNA – FURRIJA e NIEDDU accompagnati dal tenore “MURALES” di Orgosolo

Ospite d’onore ANTONIO PAZZOLA

Relazioni sulla figura poetica di Giuanne Seu da parte di:

Prof. Salvatore Patatu e Prof. Paolo Pillonca.

MARTEDI’ 21 settembre 2010

Ore 21.00 Commedia in limba “S’ISTRANZU” della compagnia teatrale SA CUVVA (chi lo desidera, cliccando qui, può leggere la trama della commedia e conoscere la compagnia).

Vita e morte nell’Ottocento a Chiaramonti. L’inventario nelle altre stanze del vice vicario Cabresu. A cura di Angelino Tedde.

Scritto da carlo moretti

I lotti dell’inventario del vice curato della chiesa parrocchiale di San Matteo in Chiaramonti don Baingio Cabresu (1934). II

Nel precedente contributo sull’inventario del vice vicario Cabresu (1800(?) -1834) abbiamo presentato gli oggetti della camera in cui morì. Ora presentiamo l’inventario di altre tre camere: la prima detta sala, la seconda apposentu, la terza camera al di sotto della sala. I lotti delle tre camere sono rispettivamente 13, 10, 19 in totale 42.  I lotti comprendono lenzuola, utensìli, stoffe varie, e arredamento di vario genere, ma non sono assenti i contenitori delle provviste. Bisogna dire che l’uomo, possidente di beni mobili e immobili non si faceva mancare niente così come l’uso esigeva per il clero che aveva il compito di catechizzare, istruire e pregare per la popolazione. Vorrei ricordare i pilastri del vecchio ordinamento: i nobili per combattere, il clero per pregare, e il popolo per lavorare. A noi, passati attraverso le idee della massoneria, dell’anarchia dei nostri emigrati in Panama (e rientrati), attraverso le idee positiviste e successivamente quelle socialiste del materialismo storico, i beni di questo viceparroco ci danno davvero fastidio. D’altra parte non dobbiamo dimenticare che all’epoca anche il Papa era Papa-Re di uno stato della penisola italiana. Né possiamo obliare che, tuttavia, all’epoca vissero nel mondo cattolico molti sacerdoti che preferirono distribuire le loro sostanze ai poveri e principi che rinunciarono ai beni terreni per seguire la via della povertà evangelica. E’ evidente che il nostro viceparroco Cabresu non era nato con la vocazione alla povertà come documenteremo più avanti elencando il bestiame, i terreni e le case di sua proprietà.

Siamo nel 1834, regnava nei 6 stati sardi, Carlo Alberto e specie in Piemonte ogni tanto si davano da fare con rivolte e insurrezioni sparuti gruppi appartenenti alle società segrete allo scopo di sovvertire l’ordine sociale per il raggiungimento di un nuovo ordine di monarchia costituzionale o addirittura di stato repubblicano. La borghesia intellettuale e le teste più calde andavano diffondendo queste idee nonostante il controllo dei tutori dell’ordine costituito. In Sardegna, dopo le chiudente del 1820, l’istituzione delle scuole normali in ogni villaggio del 1823, l’approvazione del codice civile e criminale di Carlo Felice del 1827, il governo regio alleato strettamente alla Chiesa mirava a educare e formare buoni cristiani e buoni sudditi. Le assemblee comunitative, il sindaco con due o tre consiglieri, governavano, si fa per dire, la povertà dei più. In Chiaramonti non mancava due o tre volte l’anno l’eliminazione di persone  scomode ai potenti ad opera di sicari o di qualche pastore o contadino colpito nei pascoli, nel bestiame, o nella tenuta dei confini (sas lacanas). Almeno questo narra la tradizione, per quanto siano necessari studi più approfonditi. Del resto delitti di varia origine avvenivano in Europa e negli stati continentali per tanti versi simili a quelli avvenuti in Sardegna e a Chiaramonti come documenta la carta criminale d’Italia tra Otto e Novecento. Non bisogna credere, secondo un pessimo plebeo costume identitario paesano, che il nostro paese fosse uno dei centri più criminogeni della provincia o della Sardegna, a parte le lotte avvenute tra fazioni politiche e famiglie, per motivi economici (contrabbando di cereali e altro) nel Settecento e terminato con le paci promosse dal piemontese gesuita carismatico Giovanni Battista Vassallo.

L’esame attento dei lotti delle varie camere denotano un certo benessere del nostro viceparroco.

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E’ morto il Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga, già cittadino onorario di Chiaramonti dal 2001.

Scritto da carlo moretti

E’ morto stamane dopo un ricovero durato qualche giorno al Policlinico Gemelli di Roma, il senatore a vita Francesco Cossiga, ex Presidente della Repubblica italiana. Cossiga era stato ricoverato proprio nella mattinata del 9 agosto per problemi respiratori e le sue condizioni si erano mantenute stabili sino a stamane, quando dopo lievi miglioramenti per le cure somministrate nei giorni scorsi dai medici del Policlinico, la situazione è precipitata sino ad un collasso cardiocircolatorio.

Ci lascia così a 82 anni da poco compiuti, un cittadino ilustre che in una delle visite al paese dei propri avi nel 2001, ricevette la cittadinanza onoraria per mano dell’allora Sindaco Ezio Schintu, presenti anche il Presidente della Regione Mauro Pili e l’Arcivescovo Turritano Mons. Salvatore Isgrò oltre che a una numerosa schiera di personalità politiche e militari del circondario. Francesco Cossiga ha ricambiato l’onorificenza donando al Comune di Chiaramonti numerosi fregi che lo hanno accompagnato durante il suo mandato al Quirinale e il gonfalone dedicatogli dai Corazzieri a fine mandato.

Non possiamo dimenticare che il bisnonno di Francesco Cossiga fu Bainzu Cossiga “Su poeta cristianu”, e  che anche lo stesso nonno Francesco Maria Cossiga, anch’egli nato a Chiaramonti che in un certo qual modo trovò l’amore nel paese di Siligo dove la famiglia crebbe.

Un saluto all’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, protagonista della vita della nostra Repubblica Democratica, democrazia per la quale si è sempre battuto.

Nella quarta edizione di NOT(t)E D’Autore 2010, il Gruppo XXL ospita i FOLKABBESTIA

Scritto da carlo moretti

Non dite che non li conoscete o non li avete ancora sentiti! Perchè allora bisogna recuperare il tempo perso, anche se loro sostengono “Non fare MAI oggi quello che potresti fare domani!”

Frasi di questo tipo sono passate alla storia come: “L’occasione fa l’uomo ragno” e “Sono sempre i milioni che se ne vanno”…

Il gruppo dei FOLKABBESTIA, sono tra i migliori rappresentanti della cultura musicale di Bari.

Perfetto mix di folk (come appunto promette il loro nome), rock, ska e punk. Spaziando dalla Puglia all’Irlanda, dai Balcani alla Bretagna, vi porteranno in giro con un’allegria contagiosa provocata da sonorità originali e testi impregnati di ilarità e sarcasmo senza dimenticare l’impegno sociale, politico e l’amore per la propria terra.

Imperdibili le loro esibizioni live e inevitabili le sfrenate e travolgenti danze che coinvolgono l’intera piazza.

Da citare la loro impresa più famosa! Ebbene sì! Hanno anche realizzato un guiness dei primati cantando per 30 ore consecutive la stessa canzone “Styla Lollo Manna” battendo il precedente “Cara ti amo” di Elio e le Storie Tese.

Noti anche a Nord dello Stivale la loro fama inarrestabile ha raggiunto l’estero: Germania, Francia, Bosnia-Erzegovina.

La loro nascita risale al 1994 ma sono come il formaggio stagionato e col tempo migliorano.

Le vie del folk sono più o meno infinite, si sa, ma perché i gruppi folk di spicco in Italia si rifacciano soprattutto al folk irlandese è un po’ meno chiaro.

Noi sardi abbiamo una cultura folcloristica meno politicizzata, ma questo non significa che il live dei Folkabestia, non sia altrettanto godibile.

Un live raccomandato a chi ama il genere, che documenta la vitalità del gruppo e del suo pubblico durante concerti che sono feste, dove si finisce con il ballare mano nella mano con persone mai viste prima e di gente che ha bisogno di allegria e di sentirsi viva fuori da stanze illuminate al neon dove sgobba molte ore al giorno per pochi soldi.

“Oggi mi sento bene che domani non lavoro”, recitano i Folkabbestia nel Sabato del Villaggio,e deve essere ben strano cantare questo pezzo alle varie feste dell’Unità o dei lavoratori, “e tu bambina mia non stare lì con l’aria triste (…) che di doman non c’è certezza”.

Accidenti, che Lorenzo il Magnifico avesse scritto questa bellissima chiusa in previsione delle nevrosi di tutti i lavoratori precari d’Italia?

Allora cari amici, amanti del genere, ballerini improvvisati e a volte anche un po’ alticci con indosso la felpa scucita del Che, non perdete la speranza e neppure perdetevi questo favolosa serata. Vi appartiene quanto appartiene ai meravigliosi componenti del Gruppo XXL che anche quest’anno ha scelto la buona musica lontana dai soliti canoni commerciali che la rendono inutile e scialba.

La formazione ha subito numerosi cambiamenti, attualmente conta 6 elementi:

LORENZO “LOLLOMANNA” MANNARINI: chitarra e voce
FRANCESCO “CHECCO” FIORE: basso
NICOLA “NEGUS” DE LISO: batteria
FABIO “FOBBIO” LOSITO: violino
PIETRO “PIERO” SANTORO: fisarmonica
SIMONE “PITONE” MARTORANA: chitarra
suona con loro dal vivo: GIORGIO DISTANTE (tromba)

La discografia è rappresentata principalmente da:

BIOGRAFIA COMPLETA (clicca qui)

L’appuntamento è per SABATO 31 LUGLIO 2010 alle ore 22,00 in piazza San Giovanni.

Il concerto è organizzato grazie alle quote dei soci del Gruppo XXL, con il patrocinio della Provincia di Sassari, del Comune di Chiaramonti , in collaborazione con la locale Pro Loco e l’Associazione culturale Sard Rock Café , oltre che con il contributo di amici e dei numerosi sponsor che continuano a credere nel progetto NOT(t)E d’Autore..

BUON FOLKABBESTIALE-DIVERTIMENTO.

Chiaramonti ricordato dalle incantevoli note di Yosuke Onuma nel suo ultimo album “JAM KA”

Scritto da carlo moretti

Non è facile scordare un’artista di questo livello, e quando si parla di Yosuke Onuma la chitarra e il suo cuore suonano una musica sola.

Poco meno di un anno fà, lo ricordiamo ancora immerso in quell’atmosfera magica del nostro antico castello, mentre nell’aria si libera una musica melodiosa che pochi sanno trasmettere con il proprio strumento. Così anche lui si lascia trasportare e ispirare da quell’aria, che in quei giorni ha un profumo diverso anche a Chiaramonti e decide di dedicare un brano solista al paese che in quei giorni ha visto brillare la luna e stelle con la forma di una chiave di violino.

Lo abbiamo conosciuto grazie a Leonarda Scanu che con la collaborazione della Pro Loco il Gruppo XXL e dell’associazione Sard Rock Cafè ha promosso una bellissima serata molto apprezzata da tutti i presenti.

Torniamo però agli ultimi lavori editi dalla Sony International, usciti in Giappone qualche giorno fà. Sono due album, uno s’intitola “THE BEST” e contiene tutti i principali successi dei primi cinque album di Yosuke, mentre l’ultimo, “JAM KA” è un disco completamente nuovo che riporta alla traccia numero 13 il brano solista intolato “Chiaramonti”. Alla fine dell’articolo è possibile ascoltare circa 45 secondi di questa traccia.

L’album JAM KA è stato inciso con una formazione musicale di alto spessore, conosciuti a livello internazionale. Oltre Yosuke Onuma alla chitarra, Jaccques Schwarz-Bart al sassofono, Reggie Washington al basso, Milan Milanovic alle tastiere, Oliver Juste alle percussioni, Stephanie McKay voce solista e Joe Power all’armonica.

Qualche nota biografica:

Yusuke Onuma considerato dalla critica musicale, uno dei migliori chitarristi giapponesi, nasce nel 1974 nella Prefettura giapponese di Akita. Influenzato da suo padre, già a 14 anni si dedica allo studio della chitarra iniziando a esibirsi con il suo trio rock in diversi locali giapponesi. Successivamente un suo amico lo porta a conoscenza della musica di George Benson, Donny Hathaway, Grant Green e altri e Onuma si dedica con passione e diligenza allo studio della chitarra jazz.

Il successo arriva immediatamente, grazie alla sua tecnica solida e al senso musicale innovativo subito in primo piano grazie all’alto livello dei brani originali e delle cover da lui completamente rivisitate.

Nel 2001, l’album di debutto “nu jazz” prodotto dalla prestigiosa casa discografica Sony International. Nel novembre del 2002, il nuovo album “Summer Madness” include oltre ai suoi lavori, altri brani selezionati negli anni di vario genere musicale (pop, rhithm & blues e rock) di artisti noti come Kool & the Gang, Aaliyah, Red Hot Chili Peppers, Prince e Spandau Ballet. L’anno successivo la nuova fatica musicale “Jazz’n’ pop“, è per Onuma un grande successo e l’artista si guadagna la fama internazionale nei generi musicali pop, jazz e rock, e collabora con Masanori Sasaji, uno dei migliori produttori musicali al mondo.

L’uscita dei suoi lavori segna l’inizio della collaborazione con artisti di fama internazionale.

Virtuosista capace di variare dal jazz, al pop al rock, Onuma è considerato tra i più promettenti talenti nipponici; vincitore di vari premi internazionali, come il 3° premio al concorso internazionale  di chitarra jazz nel 1995 e vincitore assoluto del 1° premio alla Gibson Jazz Guitar Contest nel 1996, dal 2004 vive e suona attualmente a New York dove fa gruppo con i notissimi Richard Bona (un genio del basso acclamato come la reincarnazione di  Jaco Pastorius) e Ari Hoenig, famoso batterista raccomandatogli da Bona, con i quali ha registrato il suo nuovo album, “The Three Primari Colours” presso “The Sear Sound Studio”.

E’ possibile ascoltare un’assaggio della traccia numero 13 dell’album JAM KA con il lettore sotto (clicca su leggi tutto), il brano parte automaticamente all’apertura della pagina ma è possibile riascoltarlo premendo il tasto REWIND. Buon ascolto!

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Vita e morte nell’Ottocento a Chiaramonti. L’inventario della stanza di morte del vice vicario. A cura di Angelino Tedde.

Scritto da carlo moretti

Riprendiamo il mesto itinerario del nostro villaggio ottocentesco, attraverso le opere e i giorni dei nostri trisavoli e bisavoli, osservando il loro ciclo della vita e del tempo, i loro affari, i loro atti di fede di fine vita e le loro ultime volontà che li accomuna nel lasciare tutto agli eredi. Nella tomba non portano niente.

Sono seppelliti presso l’oratorio di Santa Croce nel cuore del paese, nel punto in cui il pendio di Codinarasa (432 circa msm) e quello del Monte di San Matteo (470 circa msm) s’incontrano e si saldano in un abbraccio, oppure sono seppelliti presso San Matteo al Monte o nella chiesa del Carmine o nell’oratorio della Vergine del Rosario. E poi la vita continua con gli eredi che disperderanno inesorabilmente quanto gratuitamente ereditarono oppure vi si attaccheranno sordidamente, per lasciare a loro volta tutti i beni ad altri eredi. Gli abitanti di Chiaramonti nascevano, vivevano per un tempo più o meno lungo e morivano. Il loro ricordo in parte si conserva nelle carte ufficiali o private, in parte si tramanda nella memoria storica dei suoi abitanti, ma poi il tempo tutto consuma e stravolge.

Ho fatto una pausa dall’ultimo contributo, immalinconito dall’esame di tutti gli affari e testamenti e sono andato quasi in crisi nella lettura dell’inventario del vice vicario.

Vi confesso anzi che l’ho sognato, sollevarsi scheletrico, in una cappella della chiesa di San Matteo al Monte e con fare lamentoso mi ha detto:

“Hai già detto troppo di me, non pubblicare l’inventario, daresti solo esca agl’increduli tenaci. Tra i lettori non tutti capirebbero come andavano allora le cose e tu, miserrimo, assai vicino alla morte, tra i tuoi tanti peccati, ti porteresti anche quello di non aver rispettato i morti, lasciandoli riposare in pace!”

Nel sogno ho cominciato a tracciare segni di croce sullo scheletro parlante, mentre gli rispondevo: ” Don Baingio, calmati, dirò che, secondo la leggi dell’antico regime, eravate costretti a fruire di un reddito per diventare preti. E poi oggi che cosa possono dire gli abitanti di Chiaramonti? Tutti posseggono una casa, alcuni ne hanno più d’una, altri hanno vigne e campi e ben 132 hanno pecore e altri animali. E chi non possiede animali ha una pensione o uno stipendio e chi non ha niente mangia a carico dei genitori o dei nonni. Che cosa possono dire di te! Calmati. Requiem aeternam donet tibi domine et lux perpetua luceat tibi. Requiescas in pacem! Amen.”

Lo scrocchiare delle ossa dello scheletro parve calmarsi ed io mi risvegliai rasserenato. Ed eccomi a voi sia pure un po’ intimorito a riprendere il filo interrotto del discorso.

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Dagli scavi spuntano un antico villaggio e un santo misterioso – La Nuova Sardegna 18 maggio 2010

Scritto da carlo moretti

Un villaggio medievale scomparso, una chiesetta romanica dedicata a Santa Maria Maddalena, l’epigrafe trecentesca di un santo sconosciuto e, per certi versi, misterioso. Ci sono tutti gli ingredienti tipici della trama di uno di quei best-sellers – sullo stile de Il Codice da Vinci – che negli ultimi anni hanno appassionato migliaia di lettori, anche in Sardegna. In realtà si tratta dei primi interessanti risultati che fanno da sfondo a una importante ricerca archeologica avviata alcuni anni fa dalla Cattedra di Archeologia medievale dell’Università di Sassari, diretta dal professor Marco Milanese, insieme al Comune di Chiaramonti, alla Soprintendenza archeologica e con il contributo della Fondazione Banco di Sardegna.  Lo scenario – decisamente suggestivo – è quello di Orria Pithinna, piccola località a circa 5 chilometri a sud-ovest di Chiaramonti, dove sorge la chiesa campestre di Santa Maria Maddalena che domina e controlla una pittoresca vallata. Il santuario, in stile romanico, venne costruito agli inizi del Duecento impiegando conci di calcare bianco e di trachite rossa disposti a filari alternati, una soluzione decorativa che la rende davvero unica nel suo genere.  Le ricerche nel sito di Orria Pithinna stanno cominciando a dare i primi risultati: è stata perimetrata la parte relativa a un monastero camaldolese, individuata l’area su cui sorgeva il villaggio, eseguite mappatura e analisi completa delle testimonianze epigrafiche e dei graffiti rilevati nella chiesa. Proprio grazie a quest’ultimo studio – compiuto dall’epigrafista medievale Giuseppe Piras – è emersa una scoperta che ha del sensazionale. E’ stata finalmente decifrata una iscrizione del XIV secolo, incisa all’esterno della cappella meridionale, che ha svelato l’esistenza di una sepoltura relativa a un personaggio. Si tratta di un certo Autedus, al quale viene attribuito nell’epigrafe l’appellativo di sanctus.  «Non si tratta di un santo per il quale vi fu un processo di canonizzazione con il riconoscimento ufficiale della Curia di Roma – spiega lo studioso di Porto Torres che ha pubblicato i risultati della ricerca negli Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna – ma verosimilmente di un personaggio (forse legato al priorato camaldolese, un monaco o un eremita), che per la sua esistenza virtuosa venne acclamato santo spontaneamente dalla comunità di fedeli, i quali insieme alla loro devozione gli tributarono impropriamente il titolo di santo». Le ricerche non hanno fornito altri elementi riferiti ad Autedus e tantomeno al suo culto. «Non ne è rimasto ricordo – sottolinea Giuseppe Piras – nemmeno nella toponomastica locale. La spiegazione più probabile è che questo culto locale sia sorto nel Trecento in concomitanza con il periodo drammatico vissuto dagli abitanti di Orria Pithinna e si sia spento rapidamente con l’abbandono del villaggio e del priorato camaldolese. Abbandono che per giunta – dice Piras – può avere prodotto nei suoi confronti quasi l’effetto di una damnatio memoriae da parte della popolazione».  L’indagine diretta dal professor Marco Milanese apre un filone importante per il recupero di risorse straordinarie, non solo per la storia medievale della Sardegna ma anche in termini di attrazione dei flussi di turismo culturale e scolastico.  «Il progetto sui villaggi abbandonati della Sardegna è cominciato una quindicina d’anni fa – racconta il professor Milanese – con una attività svolta direttamente sul territorio e non in maniera astratta. Con due obiettivi fondamentali: tutelare le risorse e assumere un ruolo responsabile per la loro valorizzazione e conseguente trasmissione alle generazioni future».  Conoscenza storica, dei tempi e delle dinamiche, scoprire come erano organizzate le popolazioni medievali, come erano fatte e quanto erano grandi le case, valutare le strade, il tutto con la convinzione che «l’archeologia può dare un contributo determinante per mettere insieme la storia della società». Lavorare e fare in modo che alla fine sia la sosietà stessa «a impadronirsi di un patrimonio così significativo».  Dalle fonti storiche, emerge che la chiesa intitolata a Santa Maria (la ridedicazione alla Maddalena compare, ancora inspiegabilmente, in documenti del Settecento), il 10 luglio 1205 venne donata dalla nobildonna Maria de Thori (zia di Comita giudice di Torres) all’Ordine Camaldolese. I monaci si stabilirono nel territorio e fondarono un monastero che divenne un priorato (dipendeva dall’abbazia di Saccargia) e si impegnarono per rendere produttivi i terreni divenuti di loro proprietà. Tra il 1323 e il 1335 – lo confermano le epigrafi presenti nella chiesa, decifrate proprio di recente – i monaci la restaurarono rifacendo il portale e la ampliarono aggiungendo due cappelle laterali. La situazione cambiò radicalmente nella seconda metà del Trecento: tutta l’Anglona divenne teatro della guerra scoppiata tra i Doria (che dominavano da secoli quelle contrade), il giudice di Arborea loro alleato e il sovrano d’Aragona. Il conflitto durò dversi decenni e portò devastazione e morte, oltre alle ondate di carestie e pestilenze. Una situazione terribile che spinse i monaci ad abbandonare il territorio e a rifugiarsi in villaggi limitrofi, fino a spostarsi nel neonato borgo fortificato di Chiaramonti (già nel 1350) considerato più sicuro.  Oggi, unica testimone di quelle tragiche vicende è rimasta solo la chiesa di Santa Maria Maddalena: sono scomparsi il monastero e il villaggio di Orria Pithinna insieme agli altri vicini. Il progetto partito nel 2005, diretto appunto da Marco Milanese e coordinato sul campo dagli archeologi Gianluigi Marras e Maria Cherchi ha come obiettivo proprio quello di individuare e riportare alla luce insediamenti medievali dei quali si è persa traccia.  «Occorre puntare sul discorso più ampio di politica culturale – ha rimarcato Marco Milanese – e lavorare senza lasciare un vuoto interno. In quei terreni, oggi in larga parte incolti o abbandonati, c’è sotto la storia e potrebbero diventare una attrazione in più per il territorio. Bisogna partire dal basso, lavorare sulle scuole, sensibilizzare i Comuni che altrimenti rischiano di perdere l’aggancio con la loro identità».  Ora non resta che attendere che le indagini e gli scavi archeologici previsti dal progetto possano fare riemergere i resti del villaggio, del monastero camaldolese. E magari consentano di ritrovare anche la sepoltura di Autedus, il misteroso santo di Orria Pithinna.

Gianni Bazzoni

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