Scritto da ange de clermont
Dopo l’uccisione dell’archeologo Antonio Pidde mi spostai lungo il corso del rio Filighesos per visitare la domus de Bados de Lové dov’era nato Fizedomus, dalla piccola bisaccia che porto sempre appresso tolsi il taccuino e la matita, per descrivere il luogo. Con l’aiuto di una stearica cercai di penetrare nell’anticamera della domus dove pensavo che non ci fosse nessuno. Mentre tenevo il busto e la testa abbassata cercando di vedere le altre stanza, vidi muoversi l’ombra di un uomo, chiesi subito: chi sei? L’ombra stette ferma, ripetei la domanda, ma per tutta risposta fui raggiunto da una nuvola di cenere sul volto. Feci appena in tempo a scuotermela e ad uscire fuori della domus. Buttai all’aria la stearica e cominciai a correre all’impazzata giù verso l’ansa del fiume. Mi raggiunse rotolando un masso tondeggiante che riuscii appena a schivare. Corsi all’impazzata sul greto del fiume e appena vidi una salita come via di scampo mi ci arrampicai, ben sapendo che qualcuno dietro a me stava attentando alla mia vita. A stento e con tanta fatica riuscii a raggiungere un pianoro ricoperto di macchia mediterranea del genere lentisco e procedendo a zig zag e nascondendomi dietro i macchioni riuscii a sfuggire a qualcuno che non era riuscito a risalire la ripida salita che partiva dal fiume. Tolsi dalla bisaccia una bottiglia d’acqua di Santa Giusta e cominciai a bere, mentre il sudore mi bagnava la fronte. La febbra sembrava attanagliarmi e provvidi subito a gettarmi sulla testa e sul viso il resto dell’acqua che non riuscivo a bere. Mi sentii rinfrescato e scorto un sentiero che conduceva alla località di Su Murrone dove abitavano dei parenti pastori mi diressi decisamente verso le cinque pinnette della vasta tanca. Dei cani iniziarono ad abbaiare e mi vidi un’altra volta perso, ma per fortuna ecco stagliarsi con la solita calma la nota figura di zio Martine Pedde che vedendomi così mal ridotto mi porse un braccio dicendomi:
- Dove diavolo ti sei cacciato? Non sai che Sassu Giosso è un inferno anche per noi? Devi essere più prudente, qui c’è gente sana di testa, ma ce n’è anche malata. Vieni in pinnetta a mangiare e a bere qualcosa e poi, se lo vorrai, ti accompagno a cavallo a Miramonti!-
Quest’accoglienza e soprattutto le ultime parole mi rassicurarono e mi passò la tensione, ma caddi anche per terra perdendo i sensi. Mi ripresi dopo che l’esperto zio mi getto un bel pò d’acqua sulla testa e sul viso e mi fece bere un bel pò di latte caldo appena munto. Mi offrì pane e ricotta e così potei riprendere le forze. Accanto a zio Martine era arrivata anche la moglie e i due figli piccoli che ridevano vedendomi così malconcio. Ebbi finalmente la forza di ringraziare. Zio Martino mosse la testa come per dire che per un parente si faceva questo ed altro, ma dopo un pò riprese a parlare dicendomi suadente:
- Caro nipote, io credo che con questa vita da spia di questi delitti, non puoi tirarla a lungo. In paese sono stufi di quanto scrivi, gli archeologi se potessero ti farebbero fuori e carabinieri e pretori, dopo la storia del pretore lombardo, non ti vedono di buon occhio, stai attento tutto questo potrebbe costarti la vita. Lascia che le leggi che regolarno questa vita di pastori vada avanti per conto suo, che in paese i possidenti continuino a fare il bello e il cattivo tempo e non parlare più delle donne, quelle se potessero ti farebbero a pezzi. E poi che cosa hai da dire sempre su quelle santicche? Non sai che sono dei parafulmini davanti a Dio per tutte le malefatte che noi pastori combiniamo. Chi è derubato oggi, ruba a sua volta domani e così tutto si appiana. Se hai cara la pelle, vacci più piano come cronista di questi morti ammazzatti. Ora tocca a sos archeologos de Susu, oggi a me domani a te. Ma a proposito che cosa ne pensi di Andria Galanu?-
-Zio Marti’, volevo chiederlo a voi?- Rispose:
-Marrascu est marrascu, ma nessuno l’ha mai trovato sul fatto anche se si muove su tutto il territtorio come una volpe. Pare che non solo conosca i sentieri, ma anche tutti i cunicoli del territorio di Miramonti. Quando manco te l’aspetti, lo incontri! Deve stare attento però anche lui è un uomo mortale.-
Mentre parlava, zio Martine, aveva finito di sellare il cavallo, si mise in sella e facendo del braccio una leva m’invito a salire sul sellino posteriore e si partì per Miramonti.
Si andò avanti in silenzio, ma io davo uno sguardo con una certa ansia timoroso che da qualche muro a secco della mulattiera non piovesse un rosone di pallettoni che mi mandasse a raggiungere il parente archeologo, passato col marchio del toro sulla fronte all’altro mondo.
Nonostante tutto, continuerò a indagare questi delitti e a descriverli. Certo, me la son vista brutta!
Scritto da ange de clermont
Il pomeriggio venne insieme al conturbante archeologo Andrea Galanu nella caserma di Miramonti. L’archeologo dalla mappa segreta e dai molti sospetti si presentò ai militi come Lucifero davanti a San Michele Arcangelo, pronto alla battaglia, se doveva esserci battaglia.
Il brigadiere Carrigni, appena ferito da Cupido per la bella Anghela Nigoleddu, non aveva nessuna voglia di dar retta ai sospetti delle comari del borgo, rapide nella diffusione delle notizie e dei sospetti, ma pronte a professare che la loro anima era da considerarsi libera dal prendere le chiacchiere come la verità definitiva sui fatti. Tra uomini del resto, più che tra donne, quelle chiacchiere diventavano indizi gravi, tra i pastori dalla mente piuttosto statica, meno grave per i contadini più ingegnosi a causa del dover combattere ogni giorno la battaglia della vita come prestatori d’opera verso possidenti che univano la sobrietà del remunerare alle pretese dell’avere. Inoltre gli uomini più che con le chiacchiere con sguardi, con gesti,con mezze parole dicevano e non dicevano, quasi facenti parte di una commedia di mimi.
In Piatta, nella bottega del fabbro, c’era poco da aprir bocca tra quei colpi di martello sull’incudine, presso la bottega del falegname, dato il carattere dell’uomo, segaligno e calcolatore, era come recarsi al cimitero nei giorni dei funerali, silenzio assoluto, qualche parola in più presso le bottegaie e nei crocchi presso la casa comunale-scuola dove a seconda del servizio ricevuto, andavano e tornavano imprecazioni contro il sindaco e i civici consiglieri. Fatto sta che i sospetti nei confronti di Galanu vagavano nell’aria come anime in pena, ma alla resa dei conti l’uomo era consapevole delle sue convinzioni e se un omicidio non l’aveva compiuto non doveva di certo far intendere che l’avesse portato a termine e se doveva nascondere i suoi movimenti nel territorio per non incorrere in sospetti, doveva mentire con determinazione.
Il sospettato bussò alla porta della caserma e il piantone gli aprì la porta accompagnandolo presso l’ufficio del brigadiere.
-Buongiorno, signor Galanu, si accomodi!-
L’uomo rispose al saluto del brigadiere ricambiandolo e fissando con quei suoi occhi penetranti al punto che il milite ne fu conquistato.
-Signor Galanu, riprese, lei sa perché l’ho convocato?-
-Ma certo, rispose l’uomo, so bene che è vostro dovere indagare sull’assassinio del collega Pedde, che per la verità non mi era molto simpatico, ma da questo ad eliminarlo, c’è una bella differenza. D’altra parte ho i miei alibi. Io il giorno stavo facendo degli assaggi sul Nuraghe Aspru e sono stato visto sia da Mudulesu sia dalla moglie e forse dai servi. -
-Va bene, ma dovremmo verificare gli orari. Lei è uscito presto da Miramonti, a che ora è arrivato a casa del Mudulesu?-
-L’orologio del taschino va avanti, ma io lo guardo poco e sinceramente non saprei indicargli l’ora esatta e poi io spesso mi fermo davanti ad un masso, ai resti di un nuraghe alla ricerca di reperti antichi, per cui poco mi curo del tempo che passa. A volte m’incanto guardando i picchi dei costoni oppure il volo dei falchetti o gli stapiombi dei fiumi e il tempo vola, ma io resto fermo. Sono un ricercatore serio e quando mi concentro sono assente da quanto mi circonda. Mia moglie mi dice che vivo nelle nuvole, ma io sono ben piantato per terra, solo che quando indago su una cosa mi assento da ciò che mi circonda. Del resto era così anche Giuanne Ispanu il mio maestro. Il volgo miramontano spesso non mi capisce, ma a me poco interessa. Vede brigadiere io sono come una miniera, per scavarla ci vogliono anni e bisogna andare a fondo. La storia messa in giro sul delitto di Antonio Pedde, che Dio l’abbia in gloria, non scalfisce minimamente la mia onestà. Sono tutto il contrario di tiu Nanneddu: lui fa le scoperte sotto gli occhi della gente, ci ride, a volte sbraita, io sono un minatore, lavoro sotto terra, ci metto anni prima di convincermi di una cosa e quando ho scoperto i segreti degli antichi non vado a spifferarli ai quanttro venti come il mio amico scrivano che ha bisogno di raccontare, di pubblicizzare e di essere incensato, io voglio scoprire gli antichi e basta e tenermi i segreti per me.-
-Quindi anche la mappa segreta di Giuanne Ispanu?-
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Scritto da ange de clermont
Brigadiere e carabiniere discesero i numerosi gradini dell’ingresso della caserma, svoltarono in via Pala de Carru, passarono per lo Stradone, risalendo la piazzetta della parrocchiale, e svoltarono nella Piazza principale del paese, detta appunto Piatta.
Le bottegaie avevano aperto i loro negozi, mentre tanto il fabbro col suo martellare sull’incudine quanto il falegname con la sega avevano dato inizio al concerto della giornata. I militari se la presero con calma come di consueto risalendo sa Piatta ed ecco che, sorpassata la bottega del fabbro, si affacciò alla porta Anghela Nigoleddu. Il brigadiere la squadrò rapidamente e, visto che la ragazza lo fissava, ebbe l’ardire di farle l’occhiolino. Anghela arrossì e rientrò dentro casa, riflettendo sulla sfacciataggine del brigadiere e da quel momento cominciò a chiedersi che cosa frullasse per la testa al capo della stazione di Miramonti.
I due militari risalendo per s’Ulumu, svoltarono a destra, discesero i gradini de s’Arcu, rivedendo affaccendata l’anziana zitella che qualche giorno prima avevano visitato, la salutarono, discesero i gradini della stradetta che declinava verso la piazzetta della parrocchiale e senza ripassare nella Piatta rientrarono in caserma.
Il brigadiere Carrigni, sfregandosi le mani per il messaggio inviato alla bella ragazza entrò nel suo ufficio, si sedette e poco dopo si presentò in caserma Bustianu Pittarru, noto Fizedomus. L’uomo, tutto nervi e ossa, salutò e si sedette davanti all’ufficiale dell’Arma col viso imbronciato.- Egregio Signor Bustianu Pittarru la vedo imbronciato, ma non vi è ragione perché lo sia, l’ho convocato semplicemente per sentire la sua opinione sulla morte dell’archeologo Pedde.-
-Una persona per bene e per di più amico mio, per la cui morte mi sono molto addolorato e non riesco a sopportare che se ne sia andato per sempre. Se mi avesse chiesto una mano come era solito fare non solo lui, ma anche gli altri, in mia compagnia non l’avrebbero di certo ammazzato.-
-Chi pensa che sia stato? Aveva dei nemici?-
-Ma, secondo me, gli unici nemici erano gli altri archeologi che non potevano sopportare che fosse stato molto amico della buonanima di Giuanne Ispanu e soprattutto del vicario presso il quale godeva di grande stima. Poi, sa com’è, a volte certi amici pastori, magari anche compari, per antichi torti, gli hanno servito i maccheroni freddi.-
-Che cosa vuol dire che possono essere stati anche amici suoi di Sassu Altu e di Sassu Giosso?-
-Brigadie’, anima mia libera, ma sa com’è, di domus de Janas ce ne sono tante e dentro terreni di diversi padroni, per cui… io non lo so, ma indagherei anche su quelli, oltre che sugli archeologi, tutti amici miei, ma sa com’è, a volte vogliono insegnare a me dove e che cosa siano le domus de Janas.-
-So che non trattava bene con Andria Galanu per via della famosa carta o mappa di tutti questi monumenti antichi.-
-Non l’ho detto io il nome, ma l’ha detto lei. Veda d’indagare. Io e la mia famiglia siamo molto rattristati e solo dispiaciuti che non si fosse lasciato accompagnare da qualcuno che avrebbe portuto difenderlo al momento opportuno.-
-Ho capito, secondo lei, abbiamo due piste di ricerca: pastori anche compari e archeologi.-
-Io, qui lo dico e qui lo nego, ma al suo posto non avrei lasciato perdere queste piste. In quanto a me, ho passato tutta la giornata della sua morte con uno dei miei fratelli a Sassu Giosso, visto che abbiamo dato una sarchiatina al frumento più tardivo de sa Tanca Manna.-
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Scritto da ange de clermont
Il brigadiere Carrigni era un uomo sui trent’anni, con gli occhi azzurri, pelle chiara, i capelli castano-chiari, era alto un metro e ottanta ed aveva un bel portamento anche se, a prima vista, risultava piuttosto magro. Era riuscito a superare i momenti di crisi da quando era stato mandato in Zerdenia dalla Lombardia, dov’era nato da famiglia contadina.
Provenendo dalla bergamasca non poteva essere se non di sensibilità cattolica, tuttavia, aveva tenuto nettamente distinti il suo ruolo di sottufficiale dell’Arma e la sua professione religiosa. Col vicario era stato sempre deferente, ma mai contiguo.
Sapeva molto bene che per i carabinieri le prospettive del matrimonio si aprivano dopo i ventott’anni anni per cui si era mantenuto lontano dalla chiacchiere non eccedendo mai in familiarità con le ragazze del luogo. Con i commilitoni aveva festeggiato sobriamente, il 25 aprile trascorso, il compimento di quell’età.
Rientrando dalla visita a zia Giosiedda Montiju, col milite che gli faceva compagnia, scendendo dagli scalini della stradetta, vide una ragazza, che uscendo dalla chiesa parrocchiale, attraversando verso l’alto la piazzetta scoscesa, sfiorò il loro percorso. Salutò educatamente, rivolgendo verso di loro lo sguardo, e proseguì il suo cammino verso sa Piatta dove i rumori della bottega del fabbro e del falegname si erano attenuati e gli ultimi clienti, delle due negozianti che stavano da un capo all’altro della strada, tornavano alle loro case.
-Chi è questa bella ragazza- chiese al milite, il brigadiere.
-Anghela Nigoleddu- rispose il milite.
-Che se ne dice?-
-Bene, brigadie’! Di lei e della sorella: sono gemelle!
-Immagino che siano già impegnate.-
-Questa no, la sorella pare sia promessa ad un notabile del paese, possidente.-
-Certo non tarderanno a prendersi anche questa. Ha visto che portamento!
-Brigadie’, si sa che le belle ragazze, non tardano a sposarsi!
-Quanti anni potrà avere?-
- Non più di venti!-
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Scritto da ange de clermont
Soddisfatte le richieste rituali del pretore di Vulvu, i carabinieri di Miramonti, cinque uomini ormai esperti del territorio, ritennero giunto il momento di riprendere le indagini sull’assassinio dell’archeologo. Si consultarono e concordarono di sentire le persone coinvolte o per bene o per male in quell’atroce delitto. In primo luogo pensarono di convocare il pastore Mudulesu, domiciliato nei pressi del Nuraghe Aspru, con moglie, figli e servi, successivamente sos teracos de pastoria, sos polcalzos, sos teracos dei bovini e, se del caso, anche i pastori dei pressi del rio Filighesos. In seguito avrebbero sentito sos archeologos de su Cabu de Susu dei paesi vicini e da ultimo, a sorpresa, sos archelogos de Miramonti tra i quali, per ultimo, a sorpresa, per tenerlo in ansia, il sospettato Andria Galanu. Nel frattempo due militi avrebbero perlustrato sa Tanca de s’Ena, nei pressi del rio, e la località de su Cànnau. Altri due furono inviati nella vicina zona di Murtis e Laoru, ad intercettare persone che si aggiravano nelle sterrate e nei sentieri campestri. Il piantone Rustico Fanelli e il brigadiere Alessandro Carrigni sarebbero rimasti nella stazione per dare inizio agl’interrogatori.
Ad una settimana dalla sepoltura bussò al portone della Caserma di buon mattino il convocato Giommaria Mudulesu. Il piantone Fanelli gli aprì e, salutatolo, lo accompagnò nell’ufficio del brigadiere, lo fece accomodare e si sedette come testimone per il verbale dell’interrogatorio.
- Sig, Mudulesu – cominciò il brigadiere Carrigni- Mi relazioni come si sono svolti i fatti del ritrovamento del morto ammazzato Antonio Pedde.-
-Brigadie’, però questa chiamata quasi mi offende, proprio a me che vi ho dato la notizia, volete interrogare?-
-Sig. Mudulesu, stia tranquillo, questa è la regola, ma non pensiamo manco lontanamente che ad ucciderlo sia stato lei. Noi però dobbiamo fare il nostro lavoro.-
-Va bene, allora comincio, dunque, compare Antonio, buonanima, il giorno prima, è passato a casa, per salutarci e dare la strenna al figlioccio Luigi. Gli abbiamo offerto un bicchierino di rosolio e un papassino e poi ci ha salutato dicendoci che avrebbe dato uno sguardo alla domus de janas de sa Rocca Ruja presso la valle del rio Filighesos e che in serata sarebbe passato a salutarci, prima di tornare a Miramonti.-
-Oltre a sua moglie e a suo figlio chi c’era in casa sua quando è venuto a trovarla?-
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Scritto da ange de clermont
Il giorno successivo alla perizia medico – legale, tiu Giuannandria Movimentu preparò una bara grezza, per il morto Antonio Pedde e con l’aiuto del becchino Birrocu, alla presenza di un parente inchiodò il coperchio sulla bara. Alle 9 del mattino giunse il vicario dalla parrocchiale preceduto da un corteo di dieci chierichetti, in tonaca rossa e cotta bianca, il più grandicello, portava tutto pomposo la croce di legno nera, mentre dopo il vicario seguivano il prof. don Grixone, il vice vicario don Arica e i due chierici maggiori Lucio Foe e Matteu Pedde. Dietro il clero seguivano la moglie e le due figlie del defunto con le consorelle delle Vergine del Rosario e i confratelli della Santa Croce. Tutti rispondevano ai versi del Miserere intonato dalla stentorea voce di don Grixone.
Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam./ Amplius lava me ab iniquitate mea: et a peccato meo munda me…
Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; /nella tua grande bontà cancella il mio peccato./Lavami da tutte le mie colpe,/mondami dal mio peccato…
Davanti al convento carmelitano abbandonato altri miramontani erano in attesa del corteo, disquisendo sul morto, su chi l’avesse eliminato, sul mistero della protòme taurina, sugli altri archeologos sardos di Miramonti, ma soprattutto su Andria Galanu, additato come il sicuro assassino di Antonio Pedde. Tutti concludevano: si detestavano troppo, non può essere che Andria.
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Scritto da ange de clermont
Appena il cielo iniziò a schiarire il pretore di Vulvu col brigadiere e con due militi lasciarono la caserma a cavallo diretti al rio Filighesos presso la domus sulla roccia rossastra per rimuovere il cadavere dell’archeologo miramontano Antonio Pedde, vegliato nella notte da un milite e dal pastore Mudulesu del Nuraghe Aspru. Ci vollero due ore di cammino per raggiungere la località, lanciando di tanto in tanto al trotto i cavalli. Passati davanti alla chiesa di Santa Maria Bambina, detta anche, de Aidos, raggiunto il rio Giunturas, che in altimetria degrada almeno duecento metri da quella del paese, posto a 450 metri sul livello del mare, giunsero a sa Punta de sas Tanchittas e via a spron battuto verso il rio Filighesos.
I due custodi del cadavere si erano svegliati presto e avevano preparato due fascine di cisto su cui legarlo. Il brigadiere, il pretore e il milite, appena raggiunta la domus, diedero l’ordine di calare dalla grotta il cadavere dell’archeologo. Due militi col pastore Mudulesu entrarono nella grotta, sollevarono il cadavere ormai freddo del morto, lo poggiarono sulla fascina di cisto e lo legarono con robuste corde. Farlo uscire da quella porticina non fu facile e poiché il morto era a braccia aperte, chiesero al pretore l’autorizzazione di spezzargli le braccia, per piegarle in forma rituale e trasportarlo fuori della grotta. Mudulesu, il più esperto uscì per primo dalla domus e si ancorò agli spuntoni esterni, così da supportare energicamente la fascina di cisto e orientarla correttamente, mentre i due militi la spingevano fuori, tenendo da un capo all’altro, con due corde, il cadavere e la fascina a mo’ di barella. Il cadavere scivolò così fino a toccare terra dove l’altro milite e il brigadiere la spostarono in modo tale che il pretore potesse osservare il poveretto. Il magistrato notò subito il marchio sulla fronte e al lato destro della tempia abrasioni medie, guardando per i fianchi osservò che l’abito era rotto da una larga fessura attraverso la quale si notava l’effetto d’una stilettata che aveva procurato al morto un’evidente emorragia. Capì subito che l’uomo era stato pugnalato di fianco dall’assassino, steso con un colpo contundente alla tempia e poi marchiato in fronte con il marchio di una protòme taurina arroventata. Volle vedere anche la bisaccia e notò subito i ferri del mestiere: una cazzuola, una piccozza, un martello, uno scalpello e poi una sacchetto con due boccette ripiene una certamente d’acqua e l’altra d’olio, più tre crocifissi; nell’altra tasca della bisaccia vi era del pane del formaggio e un pezzo di lardo. Il pretore divenne nervoso per lo spettacolo raccapricciante a cui pure era abituato e, sigillata con due corde le sacche della bisaccia, diede ordine di trasferire il cadavere oltre il fiume e condurlo in alto nei pressi de s’istrampu del rio, dove il porcaro Zulianu, servo di Mudulesu, aveva approntato un carro da buoi, per condurre il cadavere in paese. Il pretore impartì l’ordine di partire e si rassegnò a seguire quel rozzo carro funebre trainato da buoi. Passarono due ore e mezzo prima di raggiungere, nei pressi di Codinas, sa Punta de Bona Notte. Dopo una breve sosta il carro continuò verso Caminu de Litu e quindi in via Garibaldi, fino alla casa del morto, dove le donne cominciarono un tristissimo lamento senza ottenere la restituzione del caro estinto che per legge doveva essere condotto nella camera mortuaria del Camposanto, per essere esaminata dal medico legale di Vulvu dr. Donaru, che aveva sostituito il vecchio dr. Pische, dopo l’assassinio di Maria Giusta Molinas, Anna Maria Brinca e il sicario.
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