Scritto da carlo moretti
“…..«Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva …..”
Con la messa del giovedì Santo inizia il triduo della Passione di Cristo. Tutto inizia in una casa presa in affitto dai discepoli per celebrare la Pasqua ebraica, dove Gesù, sapendo che sarebbe stato tradito e la sua morte era prossima, istituisce l’Eucarestia e da Maestro si mostra servo agli occhi dei suoi fedelissimi con la lavanda dei piedi.
E’ l’ultima volta che Gesù cena con i discepoli prima della resurrezione, distribuendo il pane dopo averlo spezzato e versando il vino in un calice anche questo sorseggiato da tutti, ci dice, che quelli sono il suo corpo e il suo sangue, segno che non ci avrebbe mai abbandonato e che Lui sarebbe stato pronto a morire ancora per noi.
Dalla casa di Gerusalemme ci spostiamo nel nostro paese, dove per tradizione la Settimana Santa viene preparata dalla Confraternita di Santa Croce e il giovedì prima della celebrazione della nascita dell’Eucarestia il sacerdote rievoca la lavanda dei piedi con i dodici apostoli. Sono momenti suggestivi, profondi che preparano al significato del sacrificio del Figlio dell’Uomo.
La messa termina col canto del “Tantum Ergo” che accompagna il Santissimo Sacramento in processione all’altare della reposizione preparato con gli ornamenti tradizionali dei “sepolcri”, germi di grano fatti germogliare al buio per conservare il loro colore immacolato. La funzione termina in silenzio.
Nello stesso silenzio si preparano le processioni, una parte dalla Chiesa di San Matteo e porterà la Croce, segno della passione e l’altra parte dalla Chiesa del Rosario con la Madonna Addolorata. Dopo aver compiuto in processione due percorsi diversi avviene l’ultimo incontro tra Gesù (la Croce) e sua Madre, prima della notte che vedrà il Cristo arrestato e condannato a morte.
Alla fine dell’incontro le due processioni tornano nelle rispettive Chiese di partenza.
Nella parrocchia dopo la processione ,viene simboleggiata con una veglia di preghiera, l’attesa dei discepoli al monte degli ulivi nel podere chiamato Getsémani, prima dell’arresto di Gesù. I riti si concludono con la preghiera comunitaria.
La mattina dopo, di buon ora, i discepoli della Confraternita Santa Croce, accompagnano in processione per tutte le chiese presenti all’interno del paese, la Madonna Addolorata in cerca di Gesù (Sa Chiscas Mudas). In silenzio un manipolo di discepoli e di fedeli guidati dal parroco, segue la Madonna in cerca del Figlio arrestato la sera prima.
Simbolicamente lo ritrova in Parrocchia, dove viene innalzata la Croce per la crocifissione e vi viene collocata la statua del Cristo (s’Incravamentu). La funzione prevede una preparazione metticolosa da parte della Confraternita che ci proietta alla funzione serale, quella culminante, dove Gesù muore sulla Croce e i suoi discepoli Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea provvedono alla sua deposizione.
“….«Padre mio, se è possibile allontana da me questo calice di dolore! Però non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu». Poi tornò indietro, verso i suoi discepoli e li trovò addormentati. Allora disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me? Vegliate e pregate per resistere nel momento della prova; perché la volontà e pronta, ma la carne è debole». ……”
Per il servizio fotografico della Messa in Cena Domini e Processione, ringraziamo Giovanni Fenu che generosamente ha collaborato per la stesura della foto-Gallery. (Cliccare qui per accedervi)
Cliccando qui invece, potrete accedere alla foto-Gallery de Sas Chiscas Mudas e s’Incravamentu.
Scritto da carlo moretti
“…..Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto….. E Lui al mondo rispose: «Padre perdonali perché non sanno quello che fanno..». …..”
La suggestione al quale richiamano i riti della Settimana Santa nel nostro paese, sono sempre emozioni nuove che si rinnovano di anno in anno. Ieri sera la deposizione (s’Iscravamentu), svolto all’interno della funzione liturgica, è stato arricchito dalla presenza dei numerosi giovani, già intervenuti per la via Crucis. La presenza delle pie donne ai piedi della Croce e del Cristo morto, i soldati romani a vegliare sull’operato dei discepoli, ha regalato emozioni come mai mi era capitato di provare e personalmente penso anche ai presenti.
I cori, de sos Apostulos e Parrocchiale, diretti dal M° Salvatore Moraccini, hanno animato con i canti liturgici e lamentosi di perdono, tutta la funzione officiata dal don Virgilio Businco e da Mons. Antonio Loriga.
Questo rito antico, ricevuto con molta probabilità dalla presenza dei catalani ad Alghero, prevede che il predicatore spieghi e racconti al popolo i momenti più importanti della deposizione a opera dei discepoli Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea. Quest’anno Mons. Loriga ha introdotto s’Iscravamentu in lingua sarda, con i versi dello scrittore, sacerdote e teologo Pietro Casu, autore già noto per il brano “In sa notte profunda” cantato dal Coro Parrocchiale.
E così, leggendo i versi dello scrittore di Berchidda, traduttore tra l’altro della DIvina Commedia in lingua sarda, che Mons. Loriga ha guidato i gesti di Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea che secondo un’antica rappresentazione hanno estratto i chiodi conficcati nelle mani e i piedi del Cristo giungendo così alla deposizione.
Una sacra rappresentazione all’interno della funzione liturgica, non pagana ma ben integrata con la sacralità dei gesti, come il bacio ai piedi del Cristo e del legno della Croce ormai spoglia. Al termine di questo atto di pietà da parte del popolo, Gesù viene adagiato sul lettino di fiori preparato con cura dalle donne che si prodigano nella Settimana Santa nei preparativi della Parrocchia.
Gli stessi fiori (romagliettes), distribuiti alla fine della processione, che i giovani un tempo utilizzavano il sabato notte dopo la veglia pasquale per manifestare il loro amore alle innamorate, oppure paglia se queste fossero delle ragazze troppo vanitose e superbe (oggi i ragazzi direbbero: acide).
Al termine della funzione liturgica, ha inizio la processione del Cristo morto seguito dalla Madonna Addolorata, e qui mi sono emozionato a vedere per la prima volta uno scenario quasi completo nel nostro corteo, le pie donne che accompagnano il feretro di Gesù e i romani quasi a verificare che tutto si svolga senza gli imbrogli temuti dai Farisei, cioè che il Cristo venisse trafugato nella notte dai discepoli per far credere alla gente che fosse veramente Risorto.
A vedere Gesù nel suo lettino non ho potuto fare a meno di pensare al dolore e alla sofferenza dei nostri fratelli in Abruzzo che hanno veramente vissuto un venerdì di passione, per loro non sarà solo una Settimana Santa di travagli e disperazione. Penso a tutti quelli che non hanno più niente, hanno perso i loro cari o gli amici più intimi, penso a quelle bare bianche…. Auguro a tutti che la Resurrezione di Cristo, sia per loro motivo di rinascita e speranza, perché è vero che il passato non si può cancellare, ma siamo sicuri che il futuro è nostro e dei nostri figli.
“…..Nella Bibbia Dio pone domande, solleva interrogativi, stimola la libertà e la scelta dell’uomo. Fin dalle prime pagine della Genesi, il “Dove sei?” di Dio raggiunge l’uomo liberandolo dalla vergogna in cui si è rannicchiato dopo il primo peccato. Allo stesso modo, nel cuore del mistero pasquale, quel “Donna, perché piangi?” asciuga le lacrime di una comunità smarrita, restituendo ai discepoli la speranza e la fiducia. ……”
Cliccando qui è possibile visualizzare la foto Gallery dell’intera funzione, ringrazio ancora Giovanni Fenu per aver concesso la publicazione delle sue foto che hanno permesso di vedere s’Iscravamentu da diverse angolazioni.
Scritto da angelino tedde
Come potrei riconoscere la mia identità se non avessi la memoria del mio passato? Non solo è scritto sull’estratto dell’atto di nascita e sulla carta d’identità, ma nella memoria dell’infanzia quando i miei compagni mi chiamavano col nome e cognome, più spesso col soprannome. Per dieci anni il mio nome e spesso il mio cognome lo pronunciavano le donne e gli uomini del vicinato, specie se combinavo qualche marachella.
A volte, più che col cognome, m’indicavano come su fizu de Angelinu Tedde, o semplicemente, fizu de Serefina Pira, dato che nella zona viveva una cugina di mamma, anziana, chiamata Serefina Soddu.
La mia identità veniva data anche dall’indicazione del rione in cui abitavo, sa Niéra, memoria persa di un’antica ghiacciaia oppure ricordo collettivo della neve che in quel pendio esposto a nord di Codinarasa, sostava più che in altre parti del paese; neve, così familiare tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Quanti candelotti di ghiaccio strappati alle tegole dei tetti bassi e consumati come gelati!
A ricordarti la tua identità poi, sempre nel vicinato, c’erano i compagni Giovannino e Ico Biddau, Faricu e Giovannina Tolis, Margherita e Giovanetta Biddau, i fratelli Pisanu e le sorelle Ruju-Cossiga, per dire soltanto dei ragazzi e delle ragazze. C’erano poi gli adulti: zia Domenica, zia Leonarda, zia Marietta, zia Nannedda, zia Mariantonia. Non sto a citare gli uomini le cui immagini si sono stagliate nella memoria cadenzate dall’incedere dei cavalli o degli asinelli che cavalcavano oppure a piedi, ricurvi, con la bisaccia ripiena e con gli arnesi da lavoro sulle spalle.
Infine, c’era la strada, via Garibaldi, e le strade e piazze adiacenti dove si andava a giocare rumorosamente: Caminu ‘e Litu, Piatta ‘e Caserma, Codinarasa su Mulinu ‘e su Entu.
Queste relazioni con le persone più vicine, con i luoghi presso cui sei vissuto, sono quelle che t’imprimono un marchio indelebile che solo la follia e la perdita totale della memoria possono toglierti.
Potrai vivere nelle lontane Americhe o in Australia, in Belgio o in Germania, in Piemonte o in Lombardia, a Varese o a Busto Arsizio, a Pinerolo o a Torino, a Catania o a Napoli, ma la tua identità non si cancella e con essa la memoria delle tue origini, con tutta la ricchezza delle emozioni che suscitano.
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Scritto da angelino tedde
Bennid’est Santu Matheu,
protetore ‘e Tzaramonte
edducas pregamus Deu
pro sa Piana e pro su Monte.
Sas santicas sunt in festa
Pro sa die ‘e custu Santu.
Sos bajanos los inzesta(t)
Ca si dant meda bantu.
De chimbantanoe fedales
Ant preparadu onzi cosa
Pro che catzare sos males
Ant bufadu binu ‘e Bosa.
Tota canta s’Elicona
Ant giamadu a Tzaramonte
Pro render sa festa bona
Pro tres dies faghet ponte.
Ant a benner custos vates
A cantare a boghe manna?
Sa cadrea tando agates
Pro intender cust’osanna.
Benint puru pro Giuanne,
De Tzaramonte recreu,
Custos vates de s’osanne
acudint pro Giuanne Seu.
Totu cantos sunt devotos
A custu Santu Mazore
E non solu sos bigotos
Ma fintza su professore.
E Patatu cun Pillonca
Nos presentant s’Elicona
Isperamus chi sa conca
Los agiuet e sa pessona.
Si no est tota una buglia
Cust’arriv’ e s’Elicona
Tzaramonte est in sa guglia
E sos versos sunt in trona.
E tando Santu Matheu
Preparanos unu bancu
Pro gosare a curtzu a Deu
a su devotu, a su mancu.
A nois totu ‘e Tzaramonte
Caru Santu Protetore
Beneighe tue sa fronte
E prega Nostru Segnore.
Scritto da carlo moretti
Quest’anno gli oneri e i doveri per i festeggiamenti in onore di San Matteo, Patrono di Chiaramonti e della Guardia di Finanza, sono dei fedales del ’59, che hanno redatto il programma per una festa all’insegna dei tempi dei nostri padri, ma anche con l’attenzione dovuta verso i ragazzi che hanno gusti diversi in materia musicale. Si cerca di accontentare tutti, ma purtroppo gli scontenti ci sono sempre e purtroppo, duole rimarcarlo, sono solitamente gli stessi che quasi mai hanno voluto prendersi la responsabilità di organizzare un qualunque evento nel nostro paese.
I festeggiamenti civili spazieranno quindi dalla musica giovane del promettente gruppo degli “Almamediterranea”, passando per la tradizionale poesia estemporanea del nostro famoso compaesano “Juanne Seu” e concludendo la terza serata con una commedia in “limba” della compagnia teatrale “SA CUVVA” di Ossi.
E con piacere che pubblico la locandina inviatami dal comitato per i festeggiamenti religiosi e civili in onore di San Matteo Apostolo:
COMITATO FEDALES 1959
PROGRAMMA FESTEGGIAMENTI SAN MATTEO APOSTOLO:
FESTEGGIAMENTI CON RITO RELIGIOSO
Da DOMENICA 12 a LUNEDI’ 20 Settembre 2010
- Ore 18.00: Novena di San Matteo nella Chiesa parrocchiale
DOMENICA 19 Settembre 2010
- Ore 18.00: Novena e Santa Messa al Castello dei Doria, accompagnata dal coro femminile della parrocchia di Chiaramonti.
- Processione con fiaccolata e rientro in parrocchia.
LUNEDI’ 20 Settembre 2010
- Ore 18.00: Vespri e Santa Messa nella Chiesa parrocchiale
MARTEDI’ 21 Settembre 2010
- Ore 09.00: Santa Messa
- Ore 17.30: Santa Messa Solenne concelebrata dal Parroco Don Virgilio e da Don Francesco Soddu, cantata dal “Coro Tzaramonte”
- Processione con il Santo Patrono per le vie del paese accompagnata dalla “Banda musicale di Villanova Monteleone”, dal “Gruppo Apostoli – Confraternita di Santa Croce”, dal “Coro Tzaramonte”, dal “Gruppo dei Cavalieri” e da gruppi in costume tradizionale.
FESTEGGIAMENTI CIVILI IN PIAZZA COSTITUZIONE
DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010
Ore 16.00 Torneo di “murra” nel cortile del Centro Sociale, in collaborazione con la S.C. Chiaramonti
Ore 21.00 Concerto del gruppo musicale ALMAMEDITERRANEA (BREVE BIOGRAFIA DEL GRUPPO, clicca qui)
LUNEDI’ 20 SETTEMBRE 2010
Ore 21.00 Serata di poesia sarda “PREMIU SANTU MATEU”
« IN AMMENTU DE GIUANNE SEU »
Con la partecipazione dei poeti : CARTA – ZIZI – MASALA – AGUS – LADU – MUREDDU – DONAERA – SCANU – FARINA – PORCU – USAI – SANNA – FURRIJA e NIEDDU accompagnati dal tenore “MURALES” di Orgosolo
Ospite d’onore ANTONIO PAZZOLA
Relazioni sulla figura poetica di Giuanne Seu da parte di:
Prof. Salvatore Patatu e Prof. Paolo Pillonca.
MARTEDI’ 21 settembre 2010
Scritto da carlo moretti
Ogni anno come ordina il calendario, la festa dedicata al patrono San Matteo, chiude tutte le feste estive iniziate con la festa campestre in onore di Santa Giusta.
Come ogni festa patronale che si rispetti, è indispensabile garantire il comitato per l’organizzazione dei festeggiamenti; quest’anno saranno i “Fedales” della classe 1958 ad accollarsi l’onere. Sono infatti diversi anni che la classe, anagraficamente parlando, arrivata al mezzo secolo di vita nell’anno precedente, si preoccupa di organizzare i festeggiamenti del patrono, una formula suggerita dall’ex parroco don Costantino Poddighe per via dell’assenza di comitati proprio per il festeggiamento del patrono.
Una cosa insolita, in quanto in tutti i luoghi la festa religiosa più importante dopo il “Corpus Domini” è appunto quella patronale e noi chiaramontesi tra l’altro, dovremo anche essere fieri di avere una parrocchia unica nella Sardegna; ci sono infatti altre chiese nell’isola titolate a San Matteo Apostolo Evangelista, ma solo a Chiaramonti San Matteo per così dire, la fa da Patrono.
Matteo, di professione esattore delle tasse, fu chiamato da Cristo ad essere uno dei dodici apostoli; la tradizione cristiana fin dal 200 lo ritiene anche uno dei quattro evangelisti, a lui si dovrebbe quindi la redazione dell’omonimo Vangelo in cui lo stesso viene chiamato anche Levi o il pubblicano. Viene raffigurato anziano e barbuto, ha come emblema un angelo che lo ispira o gli guida la mano mentre scrive il Vangelo. Spesso ha accanto una spada simbolo del suo martirio. Matteo non va confuso con l’apostolo quasi omonimo Mattia.
Levi, in quanto pubblicano, era membro di una delle categorie più odiate dal popolo ebraico. In effetti a quell’epoca gli esattori delle tasse pagavano in anticipo all’erario romano le tasse del popolo e poi si rifacevano come usurai tartassando la gente. I sacerdoti, per rispettare il 1° comandamento, vietavano al popolo ebraico di maneggiare le monete romane che portavano l’immagine dell’imperatore. I pubblicani erano quindi accusati di essere peccatori perché veneravano l’imperatore. Matteo è il patrono di banchieri, bancari, doganieri, guardie di finanza, cambiavalute, ragionieri, contabili ed esattori.
Gesù passò vicino a Levi e gli disse semplicemente Seguimi (Marco 2,14). E Matteo, alzatosi, lo seguì. Immediatamente Matteo tenne un banchetto a cui invitò, oltre a Gesù, un gran numero di pubblicani e altri pubblici peccatori.
Il nome Matteo, con il quale Levi è pure chiamato, vuol dire Dono di Dio. Alcuni suppongono che abbia cambiato il nome come una forma tipica dell’epoca, per indicare il cambiamento di vita (cf. Simone, poi Pietro, o Saulo, poi Paolo).
Secondo la tradizione della chiesa cattolica, Matteo è l’autore del primo vangelo ed è testimone oculare degli eventi raccontati.
Secondo alcune tradizioni, Matteo sarebbe morto in Etiopia. Le sue reliquie sarebbero state portate in Campania, nella Diocesi di Capaccio. Ritrovate sotto i Longobardi furono portate il 6 maggio 954 a Salerno, dove sono attualmente conservate nella cripta della cattedrale.
San Matteo è protettore della Guardia di Finanza.
FESTEGGIAMENTI RELIGIOSI:
- dal 12 al 20 settembre, ore 18.00: Novena e Santa Messa
- 18 settembre, ore 19.00: Celebrazione della Penitenza
ore 8.30 : Santa Messa in parrocchia
ore 18.30 : Santa Messa al castello con fiaccolata , animata dal coro parrocchiale
- 21 settembre, (Solennità di San Matteo)
ore 8.30 : Santa Messa
ore 17.30 : Santa Messa presieduta da Don Sandro Piga, parroco di Nulvi e animata dal “Coro degli apostoli”
a seguire: processione per le vie del paese, con la partecipazione dei cavalieri a cavallo, del gruppo folk “Santu Matteu” e della banda musicale “Citta di Ploaghe”
FESTEGGIAMENTI CIVILI:
ore 17.30 : triangolare di calcio a undici “Trofeo San Matteo”, presso il campo sportivo comunale “Paris de Cunventu“. Parteciperanno: S.C. Chiaramonti – G.S. Laerru – Andrea Doria (con la collaborazione della Società Calcistica Chiaramonti)
a partire dalle ore 16.00, presso il castello dei Doria: Commemorazione “Bainzu Cossiga”, nel bicentenario della nascita del poeta chiaramontese.
a seguire: Premiazione della Prima edizione de Su Premiu de Poesia in Limba Sarda “Santu Matteu” – sezione poesia sarda e canto, con la partecipazione dei cantatori Gianni e Cesare Denanni e del chitarrista Salvatore Cossu.
ore 10.00 : Torneo di Morra , presso i locali dell’ex scuola media
ore 21.30 : Serata musicale con il gruppo CIAK, SI BALLA
ore 21.30 : Il grande varietà regionale con lo spettacolo
“INCANTOS” con GIULIANO MARONGIU
nel corso della serata, si procederà alla premiazione dei vincitori dei vari tornei
Scritto da angelino tedde
Alla stessa maniera con cui amiamo noi stessi nella nostra identità corporea e spirituale dobbiamo amare il nostro paese.
L’altezza, il colore della pelle, la presenza o l’assenza di capelli; il modo di vestire e di camminare possono piacerci o infastidirci, ma certo non possiamo buttare via quanto in noi non ci piace o non piace agli altri sia nell’aspetto sia nell’indole. A volte possiamo essere prepotenti, autoritari, irriguardosi, critici verso tutto e tutti, ma ciononostante non ci buttiamo via. Possiamo solo emendarci, migliorarci, attenuare i nostri difetti o incanalarli verso atteggiamenti più proficui.
Quando un prepotente o un autoritario soccorre i deboli esercita un’azione contraria ai propri difetti. Quando ci chiniamo umilmente verso chi soffre o accettiamo le umiliazioni con dignità, manifestiamo il desiderio di migliorare noi stessi.
Gli stessi difetti fisici e morali potremmo notare nell’assetto urbano di Chiaramonti.
Partendo dall’alto verso il basso possiamo osservare come certe famiglie chiaramontesi si sono date a scalare letteralmente la rocca senza pensare minimamente a salvaguardare il paesaggio, la veduta del monte e la storia.
Grazie alle case che assediano il Monte San Matteo non possiamo più effettuare scavi alla ricerca dei reperti del castello. La zona est, nord est e sud est, sembra agli archeologi irrimediabilmente persa.
Qualcosa resta nella zona ovest tra porcilaie in abbandono e discariche abusive di auto e tricicli, frigoriferi e lavatrici, lamiere vecchie e reti. Un vero sconcio per chi visita l’imponente rocca e torre campanaria della chiesa sul monte.
La nuovissima strada costruita qualche anno fa a monte e parallela a quella di San Giovanni, con muri di cemento armato, ha sigillato per i secoli futuri quell’abbondante materiale di sedime che gli abitanti coevi al castello ci hanno tralasciato.
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