Scritto da carlo moretti
Premessa
Gli studi sulle varietà dialettali della Sardegna settentrionale non hanno, fino ad oggi, attratto in modo particolare l’interesse degli studiosi. Dopo il primo trentennio del Novecento, durante il quale un’accesa discussione impegnò gli specialisti sulla loro collocazione, i linguisti sembrano essersi disinteressati di questo ambito disciplinare.
Ai dialetti che passano sotto i nomi di «gallurese» e «sassarese» e alle loro sottovarietà finora si sono accostati sporadicamente cultori e appassionati che, in varia misura, hanno cercato di colmare questa evidente lacuna della linguistica italiana e sarda.
La causa principale di tale stato di cose va individuata in un duplice ordine di motivazioni. La prima è rappresentata dal fatto che questi dialetti non rientrano a pieno titolo nel sistema sardo e, d’altro canto, anche volendoli attribuire tout-court al sistema italiano, essi costituiscono, rispetto allo stesso toscano, una remota appendice poco conosciuta.
L’altra è rappresentata dalla notevole importanza che la lingua sarda riveste nel contesto degli studi romanzi. Gli studi relativi al sardo, infatti, hanno catalizzato l’interesse di gran parte dei maggiori linguisti del Novecento. La convergenza delle due concause ha finito, appunto, col mortificare gli studi e le conoscenze sui dialetti sardocòrsi, definizione che, forse meglio di altre, può compendiare il sottosistema linguistico rappresentato dal sassarese e dal gallurese.
I saggi qui riuniti costituiscono dei lavori preparatori in funzione di uno studio più vasto che ambisce a tracciare le linee storiche e a definire il quadro culturale entro cui i due dialetti si radicarono in Sardegna. La lettura dei singoli articoli può rivelarsi utile per un primo inquadramento di tematiche che, nonostante la loro importanza, erano passate inosservate o quasi. È il caso, per esempio, della documentazione del còrso in Sardegna.
Eppure la sua vigenza nel settentrione sardo era apprezzabile in vari documenti che vanno dal Trecento al Cinquecento. Numerose interferenze di carattere fonetico, morfo-sintattico e lessicale emergono perfino in alcuni importanti documenti logudoresi trecenteschi come gli Statuti di Sassari e Castelsardo. Questo stato di cose risalta, poi, in modo vistoso nel Codice di San Pietro di Sorres.
Al ristagno degli studi occorrerà porre rimedio, iniziando a restituire alle due macrovarietà sardo-còrse l’ambiente sociale entro il quale presero le mosse. Si potrà osservare, fra l’altro, quanto siano discutibili le teorie che danno per scontato un diretto influsso toscano-genovese.
La compenetrazione fra l’elemento sardo e quello còrso fu talmente profonda da dare vita non soltanto al sassarese e al gallurese ma a quelle particolari sottovarietà del logudorese che in modo riduttivo vengono solitamente unificate sotto l’unica denominazione di «logudorese settentrionale».
I saggi che vengono qui presentati forse potrebbero dare l’impressione di una raccolta non sempre coesa. In realtà tutti gli articoli – compresi quelli che prendono in esame aspetti di antroponimia e toponomastica – hanno una stretta attinenza col tema di fondo, che è rappresentato dal quadro storico all’interno del quale si collocano i singoli argomenti trattati. La medesima linea caratterizzerà un volume di prossima edizione in cui saranno trattate alcune tematiche fra le quali, in particolare, quella relativa ai cognomi sardi di origine corsa. Attenzione sarà riservata anche all’influsso esercitato sul corso da parte del sardo e delle lingue iberiche (catalano e castigliano) durante i quattro secoli della dominazione spagnola.
La sintesi in cui verranno convogliati i singoli contributi terrà conto di tutte queste problematiche nel contesto di un quadro coerente ed esaustivo, naturalmente nei limiti consentiti dalla documentazione finora disponibile.
La scelta di divulgare questi studi non su riviste specialistiche ma attraverso un volume va nella direzione di rendere possibile la consultazione a un numero più elevato di lettori, oltre che al segmento rappresentato dagli studiosi e dai cultori. Tutto ciò può contribuire, come si auspica, a stimolare l’interesse e la discussione sulle tematiche che vengono proposte.
Ringrazio la Studium A.d.f. e l’amico prof. Angelino Tedde per avermi offerto questa opportunità.
L’occasione è propizia per rivolgere un ringraziamento ai proff. Massimo Pittau e Giulio Paulis per gli ambiti suggerimenti di cui mi hanno gratificato.
Sassari, dicembre 1999
L’Autore
Capitolo 1
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Scritto da carlo moretti
Due amiche che chiameremo Luisa e Valeria, rimaste vedove giovanissime, e con un figlio ciascuna, continuarono a volersi bene per molto tempo. Si può dire anzi che quella disgrazia le legasse, se possibile, più forte.
Il figlio di Luisa si chiamava Pietro, il figlio di Valeria, Marco.
Avvenne che, quando essi giunsero in età da prender moglie, le loro madri si scambiassero come legittimi mariti i propri figli. E così esse divennero ciascuna suocera e nel medesimo tempo nuora l’una dell’altra.
Il matrimonio di Pietro e Valeria rimase sterile, mentre Luisa e Marco ebbero un figlio che, dalla nonna, prese il nome di Valerio. Ma la madre di Valerio, Luisa, morì dopo aver dato alla luce il bambino.
Un giorno Valeria cullava l’orfano, quando venne a visitarla una sua cara comare, di nome Elena, la quale da molto tempo si era trasferita in un paese lontano e ora ritornava a rivedere i suoi luoghi.
Elena che non sa nulla della vicenda si meraviglia che quella sua comare vedova culli con tanto affetto un bambino…
- Bonas dies comare!
e comente sas dies bos passades?
Bos cherzo preguntare
de chie est su pizzinnu chi ninnades.
Ca deo no l’ischía,
pro cussu preguntare bos chería -.
- Comare mia, oddeu!
De ite cosa m’hazis preguntadu!
Fizu est de fizu meu,
frad’a maridu meu e m’est connadu;
e istimadu forte,
m’est nebode e connadu fin’a morte -.
Dezzìdilu in cust’ora:
battor coros chi Deus hat unidu:
fit a sa ninnadora
fizu’e fizu, a frade a su maridu:
e cun s’amore insoro,
fin chimbe e cumparian unu coro…
- Buongiorno, comare! Come avete trascorso tutto questo tempo? Mi permetto di domandarvi di chi è il bambino che ninnate. Perché a me, riesce cosa nuova, perciò ve ne voglio interrogare.
- Comare mia, o Dio! Che domanda m’avete fatto! È figlio di mio figlio, fratello di mio marito e mi è cognato; e, fortemente amato, mi è nipote e cognato sino alla morte.
Spiegalo sul momento: quattro cuori che Dio ha unito: (il bambino) era figlio del figlio, e fratello del marito (dell’interrogata): e con il loro amore, erano cinque e sembravano un cuore solo…
Scritto da carlo moretti
BREVE NOTA BIOGRAFICA
Salvatore Cambosu nasce a Orotelli il 5 gennaio 1895 e cresce sotto la guida del padre Gavino (zio da parte materna della Deledda) e della madre Grazia Nieddu accanto ai suoi numerosi fratelli e sorelle – Gavino, Battistina, Nicolina, Sebastiano, Andrea, Antonietta e Grazia.
Si avvia alla carriera di insegnante nelle Elementari di Orotelli e di altri villaggi della provincia di Nuoro e, dopo una parentesi politica (fu amministratore dal 1923 al 1926 del comune di Orotelli dove realizzò diverse opere pubbliche fra cui la pavimentazione a selciato di tutte le strade), si trasferisce a Cagliari dove insegna in vari istituti.
Intraprende nel contempo l’attività pubblicistica con articoli, racconti e novelle che appaiono su Il Messaggero, Il Corriere d’Italia, Il Popolo Romano e sulla rivista Noi e il Mondo e sin da quei primi articoli si manifesta l’interesse dello scrittore per i problemi dell’Isola (specie quelli sull’identità dei Sardi) che costituiranno la materia delle sue importanti collaborazioni future.
DAL VECCHIO AL NUOVO TESTAMENTO
Tratto da Miele Amaro di Salvatore Cambosu
Era solito dire Stefano Virde, il quale si atteneva per lo più alle favole antiche, che, di un intero continente caduto in disgrazia, Dio salvò unicamente quest’isola perché era abitata da una gente laboriosa e di semplici costumi.
Stefano Virde amava troppo la sua terra, l’amava ciecamente: ne nascondeva i difetti e ne ingrandiva i pregi: tanto che non permetteva a nessuno, neppure ai suoi figli (che erano andati raminghi in cerca di lavoro, nei continenti estraeuropei), e neppure ai suoi nipoti (che avevano passato il mare per fare le guerre): non permetteva nemmeno a loro di far dell’ironia sul conto del Sardo che ha, fra i suoi vezzi principali, anche quello d’appartarsi e di mettersi a cantare nelle solitudini, come uno che pianga di nascosto.
Molti secoli prima che Stefano Virde nascesse, un terribile vescovo, Lucifero di Cagliari, era arrivato ad affermare che il pontefice di Roma era incorso in errore, reintegrando nella loro dignità i pastori d’anime che erano ritornati all’ovile, già fautori dell’eresia d’Ario, al fianco dell’imperatore Costanzo, contro Atanasio:1 errore tanto grave, a suo parere, che anche come reduce dall’esilio (che aveva scontato nella Tebaide con dignità ed estremo coraggio e aperto vilipendio di Costanzo che glie lo aveva inflitto) si sentiva autorizzato a mettersi in rotta con la Curia romana, e a proclamare la Sardegna immune da lue eretica, e perciò la sola sede che fosse rimasta degna di Cristo. Il che faceva dire con sarcasmo a San Gerolamo: il Figlio di Dio non essere disceso ob tantum Sardorum mastrucam.
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Scritto da ztaramonte
Siamo agli albori della vita sulla terra. Il SIGNORE dopo aver creato tutte le altre parti del mondo, si accinse a creare la SARDEGNA. Ma quando guardò nella sua sporta celeste, si rese conto che era rimasto ben poco per plasmare un’isola. Tutte le cose più belle erano state poste altrove, ed ormai non rimaneva che un cumulo di sassi a disposizione del SIGNORE. – Cosa posso fare con quest’arida materia?- si chiese il DIVINO, dubbioso. Ma subito decise. Così, una volta riunite le pietre, le sparse nel mare e, quando vide riemergere le ultime, le schiacciò col suo piede, calzato di un sandalo infuocato. Si intravide così tra le acque la prima forma di ICHNUSA, modellata in eterno dall’impronta divina. Ma l’opera di DIO non si fermò qui: c’era bisogno di qualcosa perché potesse nascere la vita da quelle pietre inermi. E sapete cosa fece il SIGNORE? Si rivolse alle altre terre già ricolme di ogni meraviglia, e, tolto qua e là da esse quanto mancava a ICHNUSA, lo sparse su quell’isola rocciosa. ICHNUSA, così, si ammantò di una natura fantastica, talmente varia ed estrosa, da non assomigliare a nessun’altra terra e, nello stesso tempo da assomigliare a ciascuna di esse!
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Scritto da ztaramonte
Pochi altri luoghi come la nostra isola, possono vantare un antico patrimonio culturale di miti, fiabe e leggende. Le leggende al pari di miti e/o fiabe, sono un tipo di racconto molto antico, tramandato secondo la tradizione orale, miscelando la narrazione tra il reale e il meraviglioso.
Le leggende, non sono mai racconti di sola e pura fantasia, ma contengono sempre una parte di verità che i nostri avi, nel tentativo di scoprire e spiegare sempre la causa dei fatti, hanno “fiorito” con l’immaginazione .
Nell’antichità, gli uomini che non conoscevano ancora i metodi scientifici, cercavano di spiegarsi il fenomeno della luce del sole e il buio della notte in modo fantasioso, immaginando che qualcuno in cielo spostasse il “carro del sole”. Altri invece immaginavano che la luna e il sole fossero dei fratelli litigiosi e che non volessero mai incontrarsi.
Anche le paure degli uomini, hanno scritto alcune leggende, attribuendo a rumori notturni, ululati di un lupo o fruscii del vento, presenze extraterrene o esseri mostruosi, a volte anche intra-visti con la penombra delle timorie.
Prima di lasciarvi alla lettura della leggenda, così come il titolo promette, vorrei segnalarvi queste belle citazioni a proposito di leggende:
- «Niente è più bello che il vero; d’accordo, come chiunque io lo chiedo alla Storia. Soltanto e sottovoce, io mi dico: credo anche nella semplice leggenda»
(Hippolyte Violeau, scrittore)
- «La leggenda non è poi così lontana dalla verità; è la storia non ancora messa a punto»
(Abate Jacob Cristillin, scrittore e storico, in Leggende della valle del Lys)
Carlo Moretti
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Scritto da ztaramonte
Anche quest’anno la Pro Loco Chiaramontese organizza Ajò a Chiaramonti, iniziativa che l’anno scorso ha riscosso molti consensi.
Domenica 27 Aprile saremo lieti di ospitarvi in una manifestazione itinerante con un vasto programma che accompagnerà l’intera giornata dei visitatori.
Ecco l’elenco delle attività che verranno svolte durante la giornata: Leggi tutto »
Scritto da ztaramonte
Commenti, immagini e musiche della Settimana Santa fra la Provincia di Sassari e la Corsica Canti devozionali, Cori, Riti e la “Salve Regina”, oratorio sacro popolare di Ambrogio Sparagna. Leggi tutto »