Oggi io voglio narrare due graziosissime leggende nostrane alle spirituali lettrici di Vita Sarda. Ora le leggende sono di moda, e nella rinascente fioritura degli studi popolari, verso cui tutti, pensatori, scrittori, poeti, volgono lo sguardo, quasi ad un fresco lido ove approdare, dopo tante oscure tempeste letterarie, la leggenda ha il primo posto, senza parerlo. La leggenda è aristocratica, è artistica, è volgare e popolare nello stesso tempo; desta lo stesso interessamento nello spirito fine della signora colta e nella fantasia rozzamente poetica della popolana; nell’animo sognatore dell’artista e nella percezione spregiudicata e indagatrice dello scienziato. La leggenda richiama l’attenzione del poeta e dello storico, che la sfronda per trovare nel suo fusto le tracce delle generazioni sepolte, l’indole delle generazioni viventi e il germe di quella delle generazioni future.
Può destare lo stesso fremito nei circoli gai dei salotti eleganti, e negli intenti animi dei pastori riuniti intorno al triste focolare – nei fanciulli e nei grandi -, e può, infine, fornire i materiali per un volume serio, dotto, scientifico, e per un volume di amena lettura, spumoso, elegantemente inutile.
Ho studiato altrove, benché rapidamente, il carattere della leggenda sarda, che, all’infuori dei cicli di leggende sarcastiche, vòlte a porre in satira un dato personaggio o un dato villaggio, ha il profilo serio e melanconico delle tradizioni meridionali.
Dirò qui alla sfuggita che la Sardegna, terra per sé stessa leggendaria e misteriosa, è piena di leggende. Ogni chiesa campestre, ogni rovina di castello o di chiostro, ogni villaggio, ogni cussorgia (tratto di regione che ha un dato nome), ogni grotta, ogni dirupo, ogni montagna, ogni landa ha la sua leggenda.
Radicatissima è ancora nel popolino sardo la credenza che la scomunica del papa o magari di un semplice sacerdote, apporti davvero maledizione su chi è lanciata e sulle sue generazioni.
A tal proposito ho trovato fra le altre questa leggenda. In un villaggio del circondario di Nuoro c’era un ricco monastero i cui frati spadroneggiavano non solo sulle loro proprietà e sui loro sottoposti, ma in tutte le terre e gli abitanti vicini. Perciò erano sommamente malvisti, e già, segretamente, gli abitanti del villaggio avevano inviato molte suppliche al Santo Padre perché mettesse un freno alle angherie loro. Ma a Roma si pensava ad altro che al piccolo villaggio sardo: allora un gruppo di giovini un po’ scapestrati e senza pregiudizi decise di far qualche tiro ai monaci, che li screditasse presso il papa e segnasse la loro rovina. L’occasione li favorì stranamente. Un giorno di festa, in cui nella chiesa del monastero si facevano solenni funzioni, morì improvvisamente un bambino, forse figlio d’uno dei congiuranti contro i monaci. Senza che nel villaggio se ne spargesse la notizia quei giovanotti presero il cadaverino e lo gettarono, di notte, in un pozzo del chiostro.
La chiesa parrocchiale di San Matteo in Chiaramonti fu eretta su progetto dell’ ingegnere sassarese Domenico Cordella, a partire dal 1880. I lavori condotti dall’impresa Obino di Sassari furono ultimati nel 1886 e la consacrazione avvenne nel 1888 (1).
Successivamente si decise di arricchire l’ interno di una tribuna per organo e cantori e il progetto fu redatto dall’ingegnere Eugenio Serra nel 1900.
Si prevedeva di utilizzare una struttura lignea invece che in ghisa al fine di contenere i costi, ma al progetto fu dato seguito più tardi in struttura lignea anche se con la ristrutturazione del 1950 fu eliminato.
Il sito ove sorge la chiesa è in accentuata pendenza: l’asse maggiore della chiesa, che in pianta corrisponde ad un rettangolo è perpendicolare al senso del pendio cosicché il fianco a valle risulta assai più basso di quello a monte, con un dislivello di circa un metro e mezzo. Leggi tutto »
Austis è un comune sardo di circa 959 abitanti, situato all’esatto baricentro della Sardegna. Nato in epoca romana (Colonia Augusta) come punto di stazionamento lungo la strada che collegava Cagliari , allora Karalis, e Olbia passando per Fordongianus, allora Forum Traiani.
Il territorio si estende per circa 5.000 ettari di superficie e la zona è ricca di boschi con querce, sughere, lecci e macchia mediterranea. Posto all’altezza di circa 750 metri s.l.m., offre ai propri visitatori vari e ricchi paesaggi irripetibili.
La flora mediterranea ricca, varia e abbondante offre insieme all’elemento predominante che è la roccia granitica, una curiosa simbiosi con l’ambiente circostante, mentre le rocce lavorate dal tempo e dagli agenti atmosferici per millenni, lasciano spazio alla fantasia per l’interpretazione delle loro forme. Leggi tutto »
S’ijerru, chi già in su mese ‘e martu, comente naraiat su tzaravagliu deviat esser mortu, in ultimos de abrile fît ancora ‘iu. Intro su casteddu de sas istajones, aiat tancadu ogni ventana pro no lassare intrare su ‘eranu, chi, affrittolidu, biddiosu e bentosu, si cheriat affianzare e si fagher ninnare in su bantzigu cun sos fiores dae sos rajos tebios de su disizadu sole.
In bidda mia, sas cobelturas aggrunciulidas dae su frittu, fin ancora anneuladas dae su respiru affannosu de sos fumajolos ch’isparghian a dogn’ala su profumu de sa chessa brujada e da sa petta arrustu: impronta de un’ijerru ancora ‘innidu chi cun su fuette ‘e sa traschìa che fachiat intanare sos betzos a su chizolu affumigadu de zimineas istraccas.
Ogni tantu, a s’isperagliu de giannas antigas, s’acceraian caras lijas, de chera, surcadas dae sos annos, ma cun sas pupìas lughentes de ispera pro chi su ‘eranu tantu disizadu ch’aeret ispintu s’ijerru a sa pentuma ‘e s’olvidu.
Tia Franzisca puru, una femina de un’ottantina ‘e annos, nd’at bogadu su biccu pro isperiare s’aera e porrogare sas nues in mente sua.
- Cando! Ma cando custu sole beneitu s’at a dignare de carignare custas carrelas assonnadas pro chi sos pitzinnos, su cantigu ‘e sos puzones, sos risitos de sa zente felitze las bestan a festa? Cando m’apo a poder setzer in su banchittu pro assaborare su calore de sos basos suos e m’allebiare sos dolores chi cun sos annos s’an fattu su nidu in sa carena mia? -
Anche se solo con un fugace passaggio, più di 200 auto d’epoca, oggi sono transitate a Chiaramonti. E’ stata una bella emozione vedere tante auto che oggi sono solo un vago ricordo.
Una Fiat 1100, una 850 Special, alcune Alfa Romeo, una bella Fiat 600, alcune Ferrari e anche qualche Rolls Royce; tutti in piedi all’incrocio di “Codinas”, come quando ero bambino e qualche volta abbiamo aspettato i ciclisti del giro d’Italia.
Non potevo lasciar passare quel patrimonio storico senza una foto, qui di seguito una slide con circa 110 foto.
Carulu istimadu e tribuladu, tribulados comente semus totu: chie non l’ada in pes l’ada in coddu. In tantos arejnos chi si suni fatos in cust’istiu amus faeddadu finza de sa fide no solu in s’istradone, bi suni cuddos chi narana chi bi creene e cuddos chi narana chi no bi creene (poi bisonzat bidere ite li narat su coro).
Tzertu finza a su 1848 totu bi devian creere pro fortza e andare a cheja a sas festas cumandas, si non b’andaian benian signados finza in su liberu de sos istados de sas animas (sa veridade si nelzat, sos prideros custos rezistros o no lo impitaiana o los ana brujados).
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