Scritto da ztaramonte
Il mese di agosto, sabato 2, apre i battenti con il carnevale estivo alla sua seconda edizione. Un’esplosione di musica e colori, alcuni di nuovo conio altri riciclati dal carnevale invernale che comunque ogni anno lascia un segno nella storia del paese.
Come per l’inverno purtroppo, non siamo in grado di mostrarvelo con una galleria fotografica, in quanto il buio non ci ha permesso di avere documentazione presentabile. In ogni caso la sfilata è stata condotta principalmente da tre carri allegorici, la “draghetta” dell’ orco buono Shrek, tratto dal cartone della DreamWorks, il castello dei “Templari”, già visti nel carnevale invernale e una maestosa piramide degna delle sabbie cocenti del deserto egiziano.
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Scritto da ztaramonte
Quarto racconto tratto da “Leggende sarde” scritte da Grazia Deledda. Ci siamo spostati verso la costa orientale della Sardegna e presso la marina di Orosei anche se il luogo è all’interno. Vi auguro una buona lettura.
Carlo Moretti
“Contados – Leggende sarde” di Grazia Deledda, a cura di Dolores Turchi, Roma, Newton Compton Editori, 1999, collana Italia Tascabile, 8
Una notte dello scorso dicembre restai più di due ore ascoltando attentamente una donna di Orosei che mi narrava le leggende del castello di Galtellì [4].
Il suo accento era così sincero e la sua convinzione così radicata che spesso io la fissavo con un indefinibile sussulto, chiedendomi se, per caso, queste bizzarre storie a base di soprannaturale, che corrono pei casolari del popolo, non hanno un fondamento, e qualcosa di vero.
Il castello di Galtellì – la Civitas Galtellina, altre volte così fiorente e popolata, ora decaduta in miserabile villaggio – è interamente distrutto; restano solo i ruderi neri e desolati, dominanti il triste villaggio, muti e severi nel paesaggio misterioso.
La leggenda circonda quelle meste rovine con un cerchio magico di credenze strane, fra cui la principale è che l’ultimo Barone, ovvero lo spirito suo, vegli giorno e notte sugli avanzi del castello, in guardia dei suoi tesori nascosti.
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Scritto da eleonora grandolfo
E’ da molto tempo che desideravo poter scrivere questa mia testimonianza, perché potesse servire come imput anche ad altri colleghi, che vogliono mettersi in discussione e intraprendere un viaggio, complicato ma al contempo affascinante, all’interno della riabilitazione in acqua, e come consiglio per i pazienti che volessero sperimentare questa tecnica che negli ultimi anni ha preso sempre più piede grazie alla velocità del recupero funzionale rispetto a quello ottenuto lavorando fuori dall’elemento acqua.
Ho iniziato questo cammino nel periodo in cui mi occupavo per conto dell’associazione spina bifida dei ragazzi e bambini affetti da questa patologia, trovandomi un giorno a dover impostare un piano riabilitativo in due pazienti con varie problematiche concomitanti e di difficile soluzione.
Mi venne in mente, ma era più una scommessa con me stessa, di portare questi piccoli pazienti in acqua. A quel tempo non avevo ancora il diploma di riabilitazione in acqua, e iniziai a osservare quale risposta avevo di rimando; devo dire che la risposta fu molto soddisfacente e andò, forse, anche oltre le mie aspettative, infatti grazie all’assenza di gravità i bambini riuscivano ad effettuare alcuni movimenti, soprattutto con gli arti inferiori, che fuori potevano fare solo passivamente. Grazie al mio intervento e a quello dei genitori, persone splendide che mi hanno aiutato sostenendo la mia scelta.
Ed è grazie ai risultati estremamente confortanti che ho iniziato a desiderare di poter dare sempre più risposte anche ad altri pazienti in presenza di altre patologie.
Nel 1997 ho conseguito il diploma di riabilitazione in acqua, ma sono dovuti passare quattro anni prima di poter iniziare a lavorare, perché questo tipo di terapia è legato all’acqua, pertanto i tempi dovevano maturare prima di iniziare.
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Scritto da ztaramonte
Terzo racconto tratto da “Leggende sarde” scritte da Grazia Deledda. Stavolta siamo un po più vicini al nostro paese. Vi auguro una buona lettura.
Carlo Moretti
“Leggende sarde” di Grazia Deledda, a cura di Dolores Turchi, Roma, Newton Compton Editori, 1999, collana Italia Tascabile, 8
Interessanti sono le leggende intorno a Castel Doria; e specialmente quella dell’ultimo principe. Pare che questo misterioso maniero sia stato edificato dai Doria verso il 1102, quando cioè i Genovesi fortificarono tutti i loro possedimenti al nord dell’isola, e specialmente l’attuale Castel Sardo.
Esiste tutt’ora un’alta torre a cinque angoli, di pietre rettangolari saldate l’un l’altra a cemento. Edificato su alte rocce poco distanti dalla riva del Coghinas, il castello godeva di un grande panorama, e verde ai suoi piedi si stendeva la pianura. La leggenda dice che un condotto sotterraneo conduceva dal castello alla chiesa di San Giovanni di Viddacuia, sita all’altra riva del Coghinas, e che questo sotterraneo i Doria lo avessero scavato semplicemente per recarsi alla messa nei giorni di festa.
Un marciapiede conduce dalla torre alla Conca di la muneta, dove, si dice, i Doria battevano denaro. Questa Conca, a quanto ne ho potuto capire, pare sia una grande cisterna di una immensa profondità: nel fondo esisteva una campana d’oro, e i passanti gettavano una pietra, per farla suonare, talché ora la cisterna è piena in fondo di pietre, e quindi la campana è invisibile e non suona più.
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Scritto da ztaramonte
Continuo la pubblicazione delle “Leggende sarde” scritte da Grazia Deledda. Vedendo le valutazioni dell’articolo iniziale, sembrerebbe che i racconti di questo genere siano graditi.
Buona lettura.
Carlo Moretti
“Leggende sarde” di Grazia Deledda, a cura di Dolores Turchi, Roma, Newton Compton Editori, 1999, collana Italia Tascabile, 8
Al finire del secolo XVII c’erano in Aggius – piccolo villaggio della Gallura – due ragazzi, figli di due famiglie nemiche, che, come accade sovente in Sardegna, ed anche altrove, facevano all’amore.
Lei aveva tredici anni, egli quindici; ma benché così giovani sembravano, forti e belli entrambi, grandi di vent’anni, e si amavano perdutamente, con tutta la passione indomita degli abitanti della Gallura, bizzarra regione montuosa al nord dell’isola, che ha, nel paesaggio e nella natura dei nativi, molta rassomiglianza con la vicina Corsica.
Ma, come accennai, le famiglie dei due amanti erano nemiche. Pare che tutto il villaggio fosse diviso in due fazioni, e l’odio il più mortale soffiava negli animi di entrambe: ad una apparteneva la famiglia del giovine, all’altra quella della fanciulla. Ciò non impediva che essi si adorassero e che si dessero frequenti convegni notturni nella stessa casa di lei.
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Scritto da ztaramonte
Da quando ero bambino, ascoltavo con attenzione e anche paura, i racconti che i nonni e le zie più anziane ci facevano, quando passando uno dei tanti fine settimana a Chiaramonti, alla luce del focolare (perchè l’energia elettrica ai primi venti o pioggie andava via), si sostituiva la televisione con l’antica usanza dei “Contos de foghile”. Ora non ricordo cosa mi veniva raccontato, ma trovo piacere nella lettura di libri come questo, di una scrittrice sarda, premiata con il nobel per la letteratura nel 1926.
Passerà per questo sito tutto il contenuto di questo bellissimo libro, che spazia per tutta la Sardegna dal nord al sud con la speranza di non annoiarvi. Inizieremo con una breve biografia di questa illustrissima scrittrice e dopo una piccola premessa passeremo alla prima leggenda. Buona lettura.
“Leggende sarde” di Grazia Deledda, a cura di Dolores Turchi, Roma, Newton Compton Editori, 1999, collana Italia Tascabile, 8
Grazia Deledda(1871-1936)
Nacque a Nuoro, penultima di sei figli, in una famiglia benestante di piccoli proprietari. Il padre, Giovanni Antonio, era un piccolo imprenditore e agiato possidente, fu poeta improvvisatore, e sindaco di Nuoro nel 1892; la madre, Francesca Cambosu, era una donna religiosissima, allevò i figli con estremo rigore morale. Dopo aver frequentato le scuole elementari venne seguita, privatamente, da un professore ospite di una sua parente; i costumi del tempo non consentivano alle ragazze una istruzione completa oltre quella primaria e in generale degli studi regolari. Successivamente approfondì, da autodidatta, gli studi letterari. Importante per la formazione letteraria di Grazia Deledda, nei primi anni della sua carriera da scrittrice, fu l’amicizia con lo scrittore sassarese Enrico Costa, cioè colui che per primo ne comprese il talento.
Esordì come scrittrice con alcuni racconti pubblicati sulla rivista “L’ultima moda” quando affiancava ancora alla sua opera narrativa quella poetica.
Nell’azzurro, pubblicato da Trevisani nel 1890 può considerarsi la sua opera d’esordio.
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Scritto da ztaramonte
Siamo agli albori della vita sulla terra. Il SIGNORE dopo aver creato tutte le altre parti del mondo, si accinse a creare la SARDEGNA. Ma quando guardò nella sua sporta celeste, si rese conto che era rimasto ben poco per plasmare un’isola. Tutte le cose più belle erano state poste altrove, ed ormai non rimaneva che un cumulo di sassi a disposizione del SIGNORE. – Cosa posso fare con quest’arida materia?- si chiese il DIVINO, dubbioso. Ma subito decise. Così, una volta riunite le pietre, le sparse nel mare e, quando vide riemergere le ultime, le schiacciò col suo piede, calzato di un sandalo infuocato. Si intravide così tra le acque la prima forma di ICHNUSA, modellata in eterno dall’impronta divina. Ma l’opera di DIO non si fermò qui: c’era bisogno di qualcosa perché potesse nascere la vita da quelle pietre inermi. E sapete cosa fece il SIGNORE? Si rivolse alle altre terre già ricolme di ogni meraviglia, e, tolto qua e là da esse quanto mancava a ICHNUSA, lo sparse su quell’isola rocciosa. ICHNUSA, così, si ammantò di una natura fantastica, talmente varia ed estrosa, da non assomigliare a nessun’altra terra e, nello stesso tempo da assomigliare a ciascuna di esse!
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