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EVANGÈLIU SEGUNDU MATTEO – Traduidu dae Giovanna Santoru

Scritto da carlo moretti

S’ISTRAGE DE SOS INNOTZENTES.

Cando Erode si fit abbizadu chi sos Tres Res l’aiant leadu in giru, si fit meda arrabbiadu e pro vindita aiat fatu bochire totu sos pitzinnos de Betlemme e de su territòriu, dae sos duos annos in giosso, chi currispondiat a su tempus subra su cale sos Tres Res l’aiant informadu.

Tando s’est cumpridu cantu fit istadu nadu pro mesu de su profeta Geremia:

Unu tichìrriu s’est intesu in Rama,

unu piantu e unu lamentu mannu;

Rachele pianghet sos fizos suos

e non cheret èssere cunsolada,

proite non sunt pius.

 

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Sardinian Brass Quintet in concerto per Natale a Chiaramonti il 22 dicembre 2011 alle ore 11:00

Scritto da carlo moretti

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Il marchio della Protòme Taurina – IV. Agitazione a Miramonti per l’archeologo ammazzato di Ange de Clermont

Scritto da ange de clermont

Giommaria Mudulesu, di solito tranquillo, mentre scendeva da Sassu Altu verso Chirralza e il rio Filighesos, non riusciva a capire perché si era tanto agitato, ma il presagio di qualche disgrazia gli attanagliava l’animo. Affrettò il passo e raggiunse il rio Filighesos, lo attraversò nel tratto più magro e raggiunse la domus de janas sulla parete della roccia rossastra, si arrampicò sugli spuntoni, non prima d’aver colto un pò d’erba secca per illuminare la domus, raggiunse l’imboccatura quadrata di quella che era detta casa delle fate e non tomba delle genti prenuragiche, e ci si buttò dentro.  Con le pietre focaie che non abbandonavano mai le sue tasche e con quel pò d’erba secca, accese un minuscolo falò, e orrore, gli uscì dalla gola un grido  strozzato e lamentoso: compare meu Antoni, bos ant mortu, compare Antonio vi hanno ammazzato. Gli toccò la fronte e, vedendo il marchio,  con sangue rappreso, continuò ad urlare: compare Antoni bos ant mortu!

Abbandonò subito la grotta, oltrepassò il fiume, e correndo come mai aveva corso in vita sua, raggiunse il casolare a duecento passi dal nuraghe Aspru, entrò in casa e alla moglie che lo vide stravolto, urlò: -Ant mortu a compar’Antoni!

-Hanno ucciso  compare Antonio? Oih che disgrazia! E come fai a dire che l’hanno ucciso?-

-Come Gesù  Cristo sulla croce l’hanno ucciso! L’assassino l’ha trafitto alla fronte con uno strano disegno! Sellami il cavallo che corro in paese a dirlo ai carabinieri e avvertimi Andria!-

Maria corse a sellare il cavallo del marito, un baio abbastanza snello, e il marito, indossata una giacca di orbace, montò sulla sella e a spron battuto si diresse a Miramonti, mentre il cuore gli sussultava nel petto. Raggiunse velocemente sa punta de sas tanchittas, ma non rallentò la corsa e poi scese a tutto sprone verso la parte bassa e magra del rio Giunturas, passò davanti a sas Coas e via su su fino a Santa Maria de Aidos.  Nostra Segnora mia!- sussurrò passando davanti alla chiesetta  e percorrendo il sentiero irto che lo portava a Santu Miale, passò a Punta de Bona Notte, attraversò sferragliando Codinas, un vasto pianoro di roccia miocenica, costeggiò il bosco dei Frassini, spronò il cavallo verso Caminu de Litu e bloccato il cavallo davanti alla Caserma, salì i gradoni che lo condussero al portone e bussò. Il piantone aprì e visto l’uomo stravolto, esclamò: -Che c’è, che cosa e successo, sig. Mudulesu?-

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EVANGÈLIU SEGUNDU MATTEO – Traduidu dae Giovanna Santoru

Scritto da carlo moretti

SA FUIDA IN EGITTO.

Issos fint apena partidos, cando un ànghelu de su Segnore fit cumpàrfidu in su sonnu a Giuseppe nende: «Pesadinde, lea cun tegus su pitzinnu e fue in Egitto, frìmmadi inie fintzas a cando non t’averto deo, proite Erode est chirchende su pitzinnu pro lu bochire».

Giuseppe, ischidadu dae su sonnu, in sa note aiat leadu su pitzinnu e sa mama e si che fint andados in Egitto, inue fint restados fintzas a sa morte de Erode, proite si deviant cumprire sas peràulas nadas dae su Segnore pro mesu de su profeta:

Dae s’Egitto apo giamadu su fizu meu.

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Studi storici sui dialetti della Sardegna Settentrionale di Mauro Maxia – Capitolo 2

Scritto da carlo moretti

Capitolo 2

Il trattamento del nesso –rt- a Castelsardo fra il 1321 e il 1337

Gli studi condotti finora dai linguisti non si sono fondati su una prospettiva storica che considerasse nella giusta luce i documenti, editi e inediti, che dimostrano la vigenza del còrso in Anglona già nel basso medioevo.

In effetti, già attraverso il lessico logudorese degli Statuti di Castelgenovese è possibile cogliere, seppure mascherate dalla terminologia tecnica di impronta toscaneggiante, diverse interferenze di origine còrsa.

È il caso di fare pochi ma illuminanti esempi (fra parentesi si riportano le corrispondenti forme della parlata di Castelsardo):

cap. LVI: “stragnu” (cast. strágnu)

CLIII e passim: “gictare, gittare” (cast. gittá)

CCVI: “marthesis” (cast. maltési)

CCVI: “nurachi” (cast. nurághi)

CCXIII: “lavare” (cast. lavá)

CCXV: “lauare et sciaquare” (cast. lavá e sciuccá)

Questo aspetto si può cogliere attraverso i prodromi di quello che diverrà uno dei tratti più caratteristici della fonetica sia dei dialetti gallurese e sassarese sia delle parlate intermedie di Castelsardo e Sedini sia, infine, della stessa varietà settentrionale del logudorese: l’esito l- + consonante dei nessi latini L-, R-, S- + consonante. Un’efficace marca della vigenza del trattamento -RT > -lt già nei primi decenni del XIV secolo è rappresentato dal toponimo Murtetu, che il notaio Francesco Da Silva riportava nella forma latinizzante Multedo. 15

A torto il giurista castellanese Zirolia lo attribuiva a una fondazione genovese rievocativa dell’omonimo centro dell’odierna periferia genovese16. La presenza nella medesima area ligure di una borgata denominata Murta (< MYRTA) lascerebbe ritenere che la forma continentale Multedo possa avere tratto origine non dal medesimo fitonimo ma da un altro etimo. D’altra parte l’esito R > l in nesso con occlusiva è conosciuto persino nell’area più conservativa della stessa Sardegna. Si confrontino, ad esempio, i vocaboli orgolesi melʔa “latte inacidito” anziché mèrka 17, ʔélʔu “quercia” anziché kérku18 e trèlʔa anziché trèkka “luogo scosceso” 19.

L’origine dei particolari esiti del sassarese e del logudorese settentrionale, però, va vista preferibilmente nell’influsso genovese, come suggerisce l’occorrenza nel sassarese di -l- > – r- (ára “ala”, méra “mela” 20) allo stesso modo che nel dialetto genovese. Ma non va escluso che tutta la complessiva questione dei nessi consonantici della Sardegna settentrionale sia da ricomprendere nel contesto del fenomeno più generale, di origine galloromanza e comunque continentale, che va sotto il nome di vocalizzazione di [l] 21.

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Il marchio della Protòme Taurina – III. La misteriosa morte di un archeologo miramontano di Ange de Clermont

Scritto da ange de clermont

L’archeologo miramontano, Andria Galanu, era molto affezionato a Giuanne Ispanu, ma essendo presuntuoso, alla morte del canonico, si era messo in testa che il territorio miramontano doveva mangiarselo solo lui. Gli altri erano dei pasticcioni e non voleva più vederli, se avesse potuto li avrebbe fatti fuori ad uno ad uno sparando da dietro i muretti a secco. Il ricordo dei suoi antenati illustri però gl’impedivano di comportarsi come un volgarissimo killer fra i tanti che mangiavano ancora pane e carne a Miramonti. Era riuscito a farsi la casa vicino a Monte de Cheja, addirittura sfidando l’ira di Matteu Brancone con cui era mezzo imparentato e che aveva costruito sulla sua casa unìaltana marsigliese a sa othieresa. Da lassù controllava il territorio intero de su Sassu, altu e giosso, diceva sghignazzando a s’istradone con alcuni amici anarchici. Già, Andria era un anarchico convinto e avrebbe proclamato la repubblica delle famiglie, in un primo tempo, diceva lui, e poi la repubblica degl’individui in modo che lui potesse raggiungere la massima libertà. In realtà Andria faceva su bell’in piatta e su tristu in domo. Davanti alla santa donna vulvuese, che aveva sposata, si ammansiva, diventava obbediente, era tutto complimenti. Bastava un suo sguardo perché i suoi bollenti spiriti si calmassero. D’altra parte non aveva altre scelte se voleva godere di quattro giornate archeologiche al mese. In quei giorni, armato di tutto punto degli arnesi da scavo e di quelle cosette che Giuanne Ispanu gli aveva sempre suggerito, usciva di casa dimesso dimesso davanti alla moglie che gli concedeva la grazia, ma appena si ritrovava solo, diretto a Sassu Altu o a Sassu Giosso, sollevava la testa fiero e si perdeva tra lentischi collocati su balzi, sotto cui palpitavano anime di nuraghi, oppure, entrava tra le rocce rossastre, per una porticina rettangolare, per inoltrarsi nell’intrico delle domus de janas. Li dentro l’uomo si sentiva a suo agio, tanto che molti invidiosi miraramontani avevano messo in giro che parlasse con le anime dei morti prenuragici, sia pure inceneriti, di quelle domus. In realtà l’uomo entrava in quelle domus con una venerazione inaudita, secondo la condotta de su mastru barraghese, e recitava delle formule segrete che non aveva mai rivelato ad anima viva.

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EVANGÈLIU SEGUNDU MATTEO – Traduidu dae Giovanna Santoru

Scritto da carlo moretti

SA BÈNNIDA DE SOS TRES RES.

Gesus fit nàschidu in Betlemme de Giudea in su tempus de Erode. Tzertos Res beniant dae s’Oriente a Gerusalemme e preguntaiant: «Inue est su re de sos Giudeos chi est nàschidu? Amus bidu ispuntare s’istella e semus bènnidos pro l’adorare».

Intendende custas peràulas, su re Erode aiat incomintzadu a si preocupare e cun isse tota Gerusalemme. Reunidos totu sos sommos satzerdotes e sos iscribas de su pòpulu, s’informaiat dae issos in cale logu deviat nàschere su Messia.

Issos l’aiant rispostu: «A Betlemme de Giudea, proite gai est iscritu pro mesu de su profeta:

E tue, Betlemme, terra de Giudea non ses de abberu su cabulogu pius minore de sa Giudea:
dae te at a bessire infatis unu cabu chi at a pàschere su pòpulu meu, Israele».

Tando Erode, giamados secretamente sos Tres Res, si fit fatu nàrrere cun pretzisione dae issos, cando fit apàrfida s’istella e che los aiat mandados a Betlemme incoragièndelos: «Andade e informàdebos bene de su pitzinnu e, cando l’agatades, mi lu faghides ischire, proite fintzas deo cherzo bènnere a l’adorare».

Iscultadas sas peràulas de su re, issos si che fint andados. E eco s’istella chi aiant bidu ispuntende, los pretzediat fintzas a arrivire subra su logu inue istaiat su pitzinnu.

Bidende s’istella issos si fint allegrados cun gosu meda mannu. Intrados in sa domo, aiant bidu su pitzinnu cun sa mama Maria, e prostrados a issu si fint postos a l’adorare. Daboi dae sos fortzeris l’aiant ofertu in donu oro, intzensu e mirra.

Avèrtidos daboi in su sonnu de non torrare in domo de Erode, fint recuidos a sa bidda issoro passende pro un’ater’istrada.

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