Chiaramonti, il portale delle vostre idee

Il libero spazio per le vostre opinioni

Riprende il campionato per i nostri beniamini del pallone che in casa superano il Sorres per 2 a 0.

Scritto da carlo moretti

Buona la prima! Commenta così qualcuno, nel social network più famoso al mondo. Proprio così, ieri pomeriggio è ripreso il campionato di terza categoria con un Chiaramonti completamente rinnovato rispetto a quello dell’anno passato e di un campionato da dimenticare.

Non avendo visto l’incontro non possiamo commentare niente sulla partita. Se qualcuno vuole inserire qualche commento, potrà farlo allegandolo a questo articolo e contribuendo a svilupparne i contenuti.

Anche quest’anno sosteniamo i ragazzi per la riuscita di un buon campionato.

FORZA CHIARAMONTI!!!!

Risultati e classifica dopo la prima giornata:

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Il Castello di Chiaramonti di Gianluigi Marras

Scritto da ztaramonte

(E’ possibile cliccare sulle immagini per vederle a dimensione originale e sulle notazioni per accedere subito alle note)

Gianluigi Marras è il primo archeologo medievista, nativo  di Chiaramonti, del quale abbiamo avuto modo di parlare in altra occasione. Con questo contributo e con gli altri che seguiranno ci svelerà la storia del Castello. Lo ringraziamo calorosamente per la sua collaborazione.

Introduzione

Il castello di Chiaramonti è da sempre noto agli storici sardi, che tuttavia hanno generalmente fornito solo laconiche informazioni sulla sua storia ed evoluzione nello scorrere del tempo, sulla sua ubicazione e sulle eventuali strutture materiale superstiti. La vulgata ha in particolare tramandato le notizie di un castello appartenuto dapprima ai Malaspina, poi ai Doria (Matteo, Brancaleone e Niccolò), la cui torre è stata poi riutilizzata come campanile della parrocchiale del centro di Chiaramonti.

La mia ricerca[1] parte da queste basi per cercare di fare il punto sulla storia, le strutture materiali e l’evoluzione del castello di Chiaramonti, partendo dall’analisi delle fonti archeologiche, e prima di tutto dagli imponenti ruderi della chiesa di San Matteo, e dalla raccolta delle fonti documentarie edite. Naturalmente non si ci si è posti limiti documentando ogni tipo di emergenza presente nel sito e ogni reperto, a prescindere dalla loro cronologia e funzione. Riteniamo infatti che solo procedendo con un approccio scevro di pregiudiziali si possano raccogliere tutti i dati concernenti un sito, per poterne poi ricucire la storia.

Lo studio dei castelli medievali della Sardegna, e in particolare riferimento alla situazione del Regno di Torres[2], è stato spesso condotto con criteri e metodi non troppo scientifici e risente inoltre della mancata ricaduta del dibattito nazionale e internazionale, avviato dalle tesi del Toubert negli anni 70′ e i cui frutti, a livello archeologico, sono giunti dalla fine degli anni 80′, con un alto grado di raffinatezza specialmente per i contesti liguri, laziali e toscani.

Poco interesse ha infatti finora suscitato il tema dell’incastellamento, ovvero delle ricadute della fondazione dei castelli sull’insediamento preesistente, e pochi i contesti studiati, sia dal punto di vista storico che archeologico; da ricordare comunque le analisi storiche e archeologiche effettuate nei castelli di Bosa, Monteleone Roccadoria, Ardara e Castelsardo da parte dell’èquipe del prof. Milanese e gli approfondimenti della documentazione specialmente aragonese effettuata negli ultimi anni da Angelo Castellaccio, Giuseppe Meloni, Giuseppe Spiga, Alessandro Soddu e Franco Campus, che hanno mostrato come possa essere ancora fruttuosa la ricerca negli archivi iberici.

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Il martello di Atropo etrusca e dell’accabadora sarda di Massimo Pittau

Scritto da carlo moretti

Di recente è stato messo in dubbio che sia mai esistita in Sardegna l’usanza dell’accabbadura, ossia della “buona morte” od “eutanasia”, praticata dalle accabbadoras (ma anche dagli accabbadores) (due cc e due bb !) su individui in lunga e dolorosa agonia. Chi ha sollevato questo dubbio evidentemente non ha letto l’articolo di Maria Giuseppa Cabiddu, pubblicato nei «Quaderni Bolotanesi» del 1989, num. 15, pagg. 343-368. Si tratta di uno studio molto accurato, circostanziato di fatti, di testimonianze e di bibliografia, il quale non lascia spazio a ragionevoli dubbi intorno al fenomeno studiato ed esposto dalla ricercatrice. Costei presenta anche una lunga testimonianza fàttale da un suo concittadino di Orune, nato nel 1910, testimonianza che praticamente riportava indietro i fatti narrati soltanto di qualche decennio.

D’altronde nel mio libro Lingua e civiltà di Sardegna (II, Cagliari 2004, Edizioni della Torre, pag. 20) ho scritto testualmente: «dal mensile di Cagliari “Il Messaggero Sardo”, del febbraio 2004, sono venuto a conoscenza di un fatto quasi incredibile: un anziano emigrato ha scritto di avere il ricordo chiaro di due casi di eutanasia, effettuata da accabbadoras a Cuglieri, dopo la I guerra mondiale, nei primi anni Venti… In paese se ne parlava in modo molto sommesso e riservato…».

Ancora più recente è la testimonianza riportata da Alessandro Bucarelli e Carlo Lubrano, nel loro libretto Eutanasia ante litteram in Sardegna (Cagliari 2003, pagg. 86-87), i quali, dopo aver seguito passo passo lo studio della Cabiddu, riferiscono due episodi di accabbadura, uno avvenuto a Luras nel 1929 e l’altro avvenuto ad Orgosolo addirittura nel 1952…

Infine segnalo che è comparso di recente il libro di Dolores Turchi, Ho visto agire s’accabbadora – la prima testimonianza oculare di una persona vivente sull’operato de s’accabbadora (con dvd allegato) (Oliena 2008, ediz. IRIS).

D’altra parte ritengo opportuno presentare una notazione propriamente linguistica, che ha una sua importanza: se in tutta la Sardegna centrale fino a mezzo secolo fa erano conosciuti e adoperati i vocaboli accabbadore, accabbadora «accoppatore,-trice» e accabbadura «finitura, accoppamento» (da accabbare, aggabbare «finire, terminare, smettere, esaurire, accoppare, uccidere», a sua volta dallo spagn. acabar), significa che essi facevano preciso riferimento, non a leggende inventate, ma a fatti reali e concreti.

Anche lo studioso gallurese Franco Fresi, in alcuni suoi scritti e interventi, ha riportato la testimonianza di casi di accabbadura avvenuti in epoca recente in Gallura e provocati pure col colpo di un martello tutto di legno dato sul cervelletto oppure su una delle tempie del malcapitato, martello chiamato matzolu «mazzuolo», di cui tuttora esiste un esemplare nel «Museo Etnografico» di Luras. Eccone la fotografia:

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S’ammentu de Giuanne Seu

Scritto da angelino tedde

Pro s’ammentu de Giuanne Seu sunt bennidos a Tzaramonte Mario Brunu Agus de Gairo, Zuseppe Porcu de Irgoli, , Zuseppe Donaera de Ossi, Nigola Farina de Orgosolo, Sevadore Ladu di Sarule, Paolu Usai de Gairo, Sevadore Iscanu de Othieri,  Costantinu Sanna de Perfugas, at partecipadu puru Zuseppe Forrija de Tzaramonte. In su palcu su coro Murales de Orgosolo e Sevadore Patatu cun Paolu Pillonca chi ant faeddadu de sa vida e de sa poesia de Giuanne Seu. Pro la narrere cun Paolu Pillonca sa poesia de Seu fit sustantziosa, sos versos fint flumtes e sa oghe bene intonada e armoniosa.

Puru sos poetes ant cantadu de sa vida, sas virtudes de poete de Giuanne Seu. Parizos l’ant connoschidu, ateros l’ant iscultadu dae sas registratziones, totus l’ant apidu geniale.

Gianne Seu est e at a restare unu de sos mazores poetes improvisadores de Sardigna. Totus sos poetes ant manifestadu de creere chi issu como continuat a cantare in Chelu cun sos ateros poetes chi sunt passados a su Regnu Divinu.

Allegradi Giuanne de s’ammentu

Chi mesa Elicona t’at cantadu

E totu Tzaramonte meda attentu

Cun grande passione t’at pessadu.

Non si los giughet de tzertu su entu

Sos versos tuos chi nos ant incantadu

Ant a durare pro milli annos chentu

O rosinzolu chi innoghe ses bistadu.

Cando curre su entu in sas carrelas

Sa oghe tua zocat in sas domos

Pro dare paghe a sos biddanos tuos.

In custu mundu pienu de ranzelas

Non bastant de sos vates tantos tomos,

Recreu nos dant sos cantigos tuos.

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Sa festa de Santu Matheu de Anghelu ‘e sa Niera

Scritto da angelino tedde

Bennid’est Santu Matheu,
protetore ‘e Tzaramonte
edducas pregamus Deu
pro sa Piana e pro su Monte.

Sas santicas sunt in festa
Pro sa die ‘e custu Santu.
Sos bajanos los inzesta(t)
Ca si dant meda bantu.

De chimbantanoe fedales
Ant preparadu onzi cosa
Pro che catzare sos males
Ant bufadu binu ‘e Bosa.

Tota canta s’Elicona
Ant giamadu a Tzaramonte
Pro render sa festa bona
Pro tres dies faghet ponte.

Ant a benner custos vates
A cantare a boghe manna?
Sa cadrea tando agates
Pro intender cust’osanna.

Benint puru pro Giuanne,
De Tzaramonte recreu,
Custos vates de s’osanne
acudint pro Giuanne Seu.

Totu cantos sunt devotos
A custu Santu Mazore
E non solu sos bigotos
Ma fintza su professore.

E Patatu cun Pillonca
Nos presentant s’Elicona
Isperamus chi sa conca
Los agiuet e sa pessona.

Si no est tota una buglia
Cust’arriv’ e s’Elicona
Tzaramonte est in sa guglia
E sos versos sunt in trona.

E tando Santu Matheu
Preparanos unu bancu
Pro gosare a curtzu a Deu
a su devotu, a su mancu.

A nois totu ‘e Tzaramonte
Caru Santu Protetore
Beneighe tue sa fronte
E prega Nostru Segnore.

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I fedales del ’59 festeggiano il Patrono San Matteo.

Scritto da carlo moretti

Quest’anno gli oneri e i doveri per i festeggiamenti in onore di San Matteo, Patrono di Chiaramonti e della Guardia di Finanza, sono dei fedales del ’59, che hanno redatto il programma per una festa all’insegna dei tempi dei nostri padri, ma anche con l’attenzione dovuta verso i ragazzi che hanno gusti diversi in materia musicale. Si cerca di accontentare tutti, ma purtroppo  gli scontenti ci sono sempre e purtroppo, duole rimarcarlo, sono solitamente gli stessi che quasi mai hanno voluto prendersi la responsabilità di organizzare un qualunque evento nel nostro paese.

I festeggiamenti civili spazieranno quindi dalla musica giovane del promettente gruppo degli “Almamediterranea”, passando per la tradizionale poesia estemporanea del nostro famoso compaesano “Juanne Seu” e concludendo la terza serata con una commedia in “limba” della compagnia teatrale “SA CUVVA” di Ossi.

E con piacere che pubblico la locandina inviatami dal comitato per i festeggiamenti religiosi e civili in onore di San Matteo Apostolo:

COMITATO FEDALES 1959

PROGRAMMA FESTEGGIAMENTI SAN MATTEO APOSTOLO:

FESTEGGIAMENTI CON RITO RELIGIOSO

Da DOMENICA 12 a LUNEDI’ 20 Settembre 2010

- Ore 18.00: Novena di San Matteo nella Chiesa parrocchiale

DOMENICA 19 Settembre 2010

- Ore 18.00: Novena e Santa Messa al Castello dei Doria, accompagnata dal coro femminile della parrocchia di Chiaramonti.

- Processione con fiaccolata e rientro in parrocchia.

LUNEDI’ 20 Settembre 2010

- Ore 18.00: Vespri e Santa Messa nella Chiesa parrocchiale

MARTEDI’ 21 Settembre 2010

- Ore 09.00: Santa Messa

- Ore 17.30: Santa Messa Solenne concelebrata dal Parroco Don Virgilio e da Don Francesco Soddu, cantata dal “Coro Tzaramonte”

- Processione con il Santo Patrono per le vie del paese accompagnata dalla “Banda musicale di Villanova Monteleone”, dal “Gruppo Apostoli – Confraternita di Santa Croce”, dal “Coro Tzaramonte”, dal “Gruppo dei Cavalieri” e da gruppi in costume tradizionale.

FESTEGGIAMENTI CIVILI IN PIAZZA COSTITUZIONE

DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

Ore 16.00 Torneo di “murra” nel cortile del Centro Sociale, in collaborazione con la S.C. Chiaramonti

Ore 21.00 Concerto del gruppo musicale ALMAMEDITERRANEA (BREVE BIOGRAFIA DEL GRUPPO, clicca qui)

LUNEDI’ 20 SETTEMBRE 2010

Ore 21.00 Serata di poesia sarda “PREMIU SANTU MATEU”

« IN AMMENTU DE GIUANNE SEU »

Con la partecipazione dei poeti : CARTA – ZIZI – MASALA – AGUS – LADU – MUREDDU – DONAERA – SCANU – FARINA – PORCU – USAI – SANNA – FURRIJA e NIEDDU accompagnati dal tenore “MURALES” di Orgosolo

Ospite d’onore ANTONIO PAZZOLA

Relazioni sulla figura poetica di Giuanne Seu da parte di:

Prof. Salvatore Patatu e Prof. Paolo Pillonca.

MARTEDI’ 21 settembre 2010

Ore 21.00 Commedia in limba “S’ISTRANZU” della compagnia teatrale SA CUVVA (chi lo desidera, cliccando qui, può leggere la trama della commedia e conoscere la compagnia).

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Vita e morte nell’Ottocento a Chiaramonti. L’inventario nelle altre stanze del vice vicario Cabresu. A cura di Angelino Tedde.

Scritto da carlo moretti

I lotti dell’inventario del vice curato della chiesa parrocchiale di San Matteo in Chiaramonti don Baingio Cabresu (1934). II

Nel precedente contributo sull’inventario del vice vicario Cabresu (1800(?) -1834) abbiamo presentato gli oggetti della camera in cui morì. Ora presentiamo l’inventario di altre tre camere: la prima detta sala, la seconda apposentu, la terza camera al di sotto della sala. I lotti delle tre camere sono rispettivamente 13, 10, 19 in totale 42.  I lotti comprendono lenzuola, utensìli, stoffe varie, e arredamento di vario genere, ma non sono assenti i contenitori delle provviste. Bisogna dire che l’uomo, possidente di beni mobili e immobili non si faceva mancare niente così come l’uso esigeva per il clero che aveva il compito di catechizzare, istruire e pregare per la popolazione. Vorrei ricordare i pilastri del vecchio ordinamento: i nobili per combattere, il clero per pregare, e il popolo per lavorare. A noi, passati attraverso le idee della massoneria, dell’anarchia dei nostri emigrati in Panama (e rientrati), attraverso le idee positiviste e successivamente quelle socialiste del materialismo storico, i beni di questo viceparroco ci danno davvero fastidio. D’altra parte non dobbiamo dimenticare che all’epoca anche il Papa era Papa-Re di uno stato della penisola italiana. Né possiamo obliare che, tuttavia, all’epoca vissero nel mondo cattolico molti sacerdoti che preferirono distribuire le loro sostanze ai poveri e principi che rinunciarono ai beni terreni per seguire la via della povertà evangelica. E’ evidente che il nostro viceparroco Cabresu non era nato con la vocazione alla povertà come documenteremo più avanti elencando il bestiame, i terreni e le case di sua proprietà.

Siamo nel 1834, regnava nei 6 stati sardi, Carlo Alberto e specie in Piemonte ogni tanto si davano da fare con rivolte e insurrezioni sparuti gruppi appartenenti alle società segrete allo scopo di sovvertire l’ordine sociale per il raggiungimento di un nuovo ordine di monarchia costituzionale o addirittura di stato repubblicano. La borghesia intellettuale e le teste più calde andavano diffondendo queste idee nonostante il controllo dei tutori dell’ordine costituito. In Sardegna, dopo le chiudente del 1820, l’istituzione delle scuole normali in ogni villaggio del 1823, l’approvazione del codice civile e criminale di Carlo Felice del 1827, il governo regio alleato strettamente alla Chiesa mirava a educare e formare buoni cristiani e buoni sudditi. Le assemblee comunitative, il sindaco con due o tre consiglieri, governavano, si fa per dire, la povertà dei più. In Chiaramonti non mancava due o tre volte l’anno l’eliminazione di persone  scomode ai potenti ad opera di sicari o di qualche pastore o contadino colpito nei pascoli, nel bestiame, o nella tenuta dei confini (sas lacanas). Almeno questo narra la tradizione, per quanto siano necessari studi più approfonditi. Del resto delitti di varia origine avvenivano in Europa e negli stati continentali per tanti versi simili a quelli avvenuti in Sardegna e a Chiaramonti come documenta la carta criminale d’Italia tra Otto e Novecento. Non bisogna credere, secondo un pessimo plebeo costume identitario paesano, che il nostro paese fosse uno dei centri più criminogeni della provincia o della Sardegna, a parte le lotte avvenute tra fazioni politiche e famiglie, per motivi economici (contrabbando di cereali e altro) nel Settecento e terminato con le paci promosse dal piemontese gesuita carismatico Giovanni Battista Vassallo.

L’esame attento dei lotti delle varie camere denotano un certo benessere del nostro viceparroco.

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